GIUSTIZIA / I SINGOLARI CASI DI ALFONSO SABELLA E EUGENIO ALBAMONTE 

Giustizia di casa nostra. Storie ai confini della realtà, casi di giudici saliti agli onori delle cronache che si trovano in situazioni border line. Come quel magistrato che, accusato dalla Corte dei Conti per un danno erariale da milioni di euro, adesso viene arruolato tra i ranghi della stessa Corte dei Conti.

O di un’altra toga eccellente che finisce indagata all’interno del processo da lui stesso promosso e ha deciso di non astenersi. Storie diverse, per peso e per contenuti: ma che la dicono lunga di una giustizia malata, in stato comatoso, incapace di guardare quel morbo che sta massacrando l’intero Paese, come un’orrenda metastasi.

 

SABELLA FA I CONTI CON LA CORTE

Partiamo dalla prima storia che vede come protagonista il magistrato Alfonso Sabella, attualmente in servizio presso la procura di Napoli, assessore alla Legalità nella giunta guidata a Roma da Ignazio Marino, in passato nel pool palermitano di Giancarlo Caselli, consulente per il Pds-Ds all’interno della famigerata Commissione Mitrochin, e in procinto di passate ai vertici della Corte dei Conti, con ogni probabilità a Roma, come lui stesso preconizza, evidentemente in possesso di una palla giudiziaria di vetro.

Ora Sabella si trova indagato, con altri funzionari statali, per i danni alle persone e d’immagine prodotte in seguito ai maltrattamenti e alle sevizie perpetratesi nel 2001 all’interno di quel lager che era la caserma Bolzaneto a Genova.

Giancarlo Caselli. In alto Alfonso Sabella e, a destra, Eugenio Albamonte

Giancarlo Caselli. In alto Alfonso Sabella e, a destra, Eugenio Albamonte

Il processo non ha avuto esiti particolari: come al solito una sentenza che non ha conseguenze di carattere penale ma che contiene un giudizio molto pesante sul comportamento tenuto, in questo caso da Sabella in quella circostanza, ritenuto “inadeguato e negligente”.

E’ seguito un processo amministrativo, in grado cioè di quantificare il danno prodotto da quei comportamenti, sia alle persone via maltrattamenti e sevizie, sia come danno all’immagine dello Stato italiano.

Ebbene, la condanna assomma globalmente a 12 milioni di euro, e la quota spettante a Sabella non è da poco, pari a 2 milioni 160 mila euro e spiccioli. Non proprio noccioline.

Per la precisione sono 7 i milioni di euro per i risarcimenti pagati alle parti offese e per le spese legali, mentre 5 per il danno di immagine provocato ai ministeri della Giustizia e dell’Interno.

All’epoca di quei drammatici fatti, 2001, Sabella era al vertice del DAP, ossia il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, altro incarico che arricchisce il suo pedigree.

Fatto sta che adesso il Governo ha pensato bene di nominare Sabella consigliere della Corte dei Conti, all’interno della dozzina di fresche scelte. Il tutto è avvenuto su precisa proposta del premier Paolo Gentiloni.

Sorge spontanea la domanda: ma era il caso di procedere proprio ora a questa nomina, visto che sta per uscire la sentenza contabile su Bolzaneto?

Dicono alcune toghe: forse forse ci potremo ritrovare a Genova, tra i giudici di quella Corte dei Conti, Sabella che in questi giorni viene giudicato proprio da quella Corte.

Ma lui rassicura, non si sa bene in base a quale vaticinio o a quale premonizione: “non andrò certo a Genova. Penso che la mia sede sarà Roma”. Ottimo e abbondante: e decide lui.

 

UN OCCHIONERO PER IL NUMERO UNO DELL’ANM ALBAMONTE

L’altra storia riguarda una maxi inchiesta condotta dalla procura di Roma, il caso Occhionero, la coppia di fratelli napoletani che balzò mesi fa alla ribalta delle cronache per una vicenda di ciber spionaggi industriali, connection internazionali, massoneria, servizi segreti, di tutto e di più.

I fratelli Francesca e Giulio Occhionero

I fratelli Francesca e Giulio Occhionero

A condurre quell’inchiesta l’attuale presidente nazionale dell’ANM, ossia l’Associazione Nazionale Magistrati, Eugenio Albamonte, che ora si ritrova indagato dalla procura di Perugia per “falso e abuso d’ufficio”.

Recapitoliamo i fatti. Sotto inchiesta i fratelli Giulio e Francesca Occhionero, nome dell’indagine “Eye Pyramid”, la Voce scrisse a questo proposito un’inchiesta che potete leggere cliccando sul link in basso. Un’indagine complessa, molto articolata, con riflessi anche internazionali e concernente rilevanti profili di sicurezza informatica.

A un certo punto scatta una denuncia dei legali di Giulio Occhionero. Messi in discussione soprattutto i metodi d’indagine. Ad aprire il fascicolo il procuratore Luigi De Ficchy e il sostituto Gemma Miliani. Attenzione alle date: la denuncia di Occhionero risale a febbraio scorso, ma l’iscrizione di Albamonte nel registro degli indagati è solo di pochi giorni fa.

Nota un avvocato: “può essere un modo per cercar di togliere di mezzo un inquirente scomodo, gettando dei sospetti sul suo comportamento. Oppure puù essere l’avvisaglia che qualcosa nelle indagini non è filata per il verso giusto, forse travalicando i confini della legalità. Sarà adesso Perugia a chiarire le cose”.

Intanto a Roma fanno quadrato intorno al presidente dell’ANM. Dopo che i legali avevano chiesto, in occasione di un’udienza processuale, che il pm Albamonte si astenesse per via delle indagini ora aperte a suo carico, i vertici della procura romana hanno ritenuto opportuno respingere quella richiesta.

Giuseppe Pignatone

Giuseppe Pignatone

Scrive Ilaria Sacchettoni sul Corriere della Sera: “il pm ha fatto sapere che, d’accordo con il procuratore capo Giuseppe Pignatone e con il procuratore generale Giovanni Salvi, continuerà a rappresentare l’accusa. Mentre una tranche di indagini è ancora in corso con rogatorie negli Stati Uniti”.

 

TORNA IL PORTO DELLE NEBBIE ?

Qualche mese fa ha suscito scalpore la decisione del procuratore capo Pignatore di avallare la richiesta del suo pm, Elisabetta Ceniccola, di archiviare una volta per tutte il caso Alpi, nonostante ci fossero ormai le prove di un evidente depistaggio di Stato, grosso come le Torri Gemelle.

Ciò scaturiva – guarda caso – da una sentenza di Perugia, che dopo anni di nebbia aveva fatto luce su quell’immondo verminaio. Ma Roma ha deciso di fregarsene. Ora sarà un Gip che dovrà decidere se accogliere o meno quella vergognosa richiesta di archiviazione tombale.

Sorge spontanea una domanda: ma Roma sta tornando ad essere quel porto delle nebbie che già storicamente ha affossato un mare d’inchieste negli anni? O cosa succede?


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