Poche idee ma confuse e sperperi sempre continui in casa Sogin, la società pubblica che dipende dal ministero del Tesoro e si occupa della dismissione delle centrali nucleari, attesa da anni e stavolta fissata entro il 2035. Con evidenti continue spese che pesano sui conti pubblici.
L’amministratore delegato, Luca Desiata, ha tirato un bilancio del suo primo anno al vertice di Sogin. Che porta con sé i soliti, annosi dubbi: non è stata ancora stabilita la localizzazione del sito nazionale che farà da super deposito delle scorie nucleari, benche la Carta completa dei siti possibili sia ormai pronta da due anni.
DANNO I NUMERI
Inoltre, sono già stati bruciati la metà dei fondi disponibili per compiere appena un quarto del lavoro previsto: e cioè 3,2 miliardi di euro sul totale di 6,8.
Ma eccoci alla confusione che regna sovrana.
Scrive Repubblica Economia: “Toccherà all’impianto ex Enea di Bosco Marengo in provincia di Alessandria l’onore storico di essere il primo sito nucleare completamente decontaminato e smantellato dopo 22 anni dalla cessazione dell’attività. Sogin ha annunciato ieri di aspettare l’ultima autorizzazione dall’Ispra per poter concludere le operazioni, forse già entro l’anno, ma sicuramente nella prima metà del 2018”.
Nota invece il Corriere del Mezzogiorno, costola partenopea del Corsera: “Il primo reattore nucleare ad essere smantellato in Italia sarà quello della centrale del Garigliano. Un intervento ambizioso e complesso mai tentato nel nostro paese. Abbiamo in progetto – spiega Desiata – di anticipare di quattro anni il piano operativo di dismissione definitiva della centrale”.
Chi avrà ragione, Repubblica o Corsera?
La prima dedica solo poche righe alla centrale del Garigliano. Dove – viene precisato – “si sta abbattendo in queste settimane una ciminiera alta più di 100 metri e dove, autorizzazione permettendo, si aprirà nel 2019 il primo reattore in Italia per lo smontaggio definitivo”. Boh. Meno chiari di così si muore.
Il Corriere del Mezzogiorno fornisce più ragguagli e alcune date. I tempi per la demolizione dipendono dall’Ispra e “se il via libera arriverà entro fine di quest’anno, allora il cantiere potrebbe essere avviato prima di giugno 2019”, quindi tra quasi due anni: alla faccia della rapidità sbandierata.
SE ALTRI NOVE ANNI VI SEMBRAN POCO
Ma non è finita. Perchè “serviranno ben 9 anni e almeno 100 milioni di euro per portare a termine l’intera operazione di ‘smontaggio’ del reattore nucleare. La maggior parte dei pezzi diverranno rifiuti radioattivi da stoccare nel sito provvisorio della centrale perchè, come è noto, manca ancora il deposito nazionale dei rifiuti nucleari”.
Recapitolando: per i solleciti lavori di decommissioning del Garigliano ci vorranno – dallo start di non si sa quando – la bellezza di nove anni. Il tutto poi andrà collocato in un sito provvisorio, in attesa di passare a quello definitivo.
Sorge spontanea la domanda. Ma perchè non interviene il 113 a impacchettare tutti, i vertici di Sogin e quelli del ministero del Tesoro – da cui Sogin dipende – per portarli al primo centro di assistenza psichiatrica disponibile sul territorio?
Non si rendono conto lorsignori di continuare a sperperare vagonate di danaro pubblico, trastullandosi tra uno smantellamento e un trasferimento, tanto per mantere in vita le loro poltrone di parassiti pubblici?
Un breve cenno proprio alla centrale del Garigliano. La Voce ne scrive da oltre trent’anni, i primi servizi nel 1985 quando documentammo le denunce degli ambientalisti della zona di Sessa Aurunca, allarmati da una serie di dati ed eventi poco chiari: percentuali molto alte di malattie tiroidee, frequenti casi di malformazioni alla nascita e molti casi anche tra gli animali. Nel corso degli anni quei dati hanno subìto una escalation impressionante, e fiumi di esposti e denunce si segnalano dall’alto casertano, lungo tutto il litorale domizio, fino a Gaeta.
Intanto, in casa Sogin si dichiarano soddisfatti del lavoro. E gonfiano il petto. “Sono in aumento gli interventi di consulenza per altri stati, come Russia e Polonia, per fare solo due esempi”.
Poi Desiata, presentando i sui conti, fa uno strano cenno a Saipem, la controllata di Eni che attualmente si trova impelagata in non poche gatte da pelare sotto il profilo giudiziario, come la maxi inchiesta per corruzione internazionale per gli appalti di Petrobras in Brasile.
Desiata, infatti, ha lamentato “ritardi nei tempi di consegna dei lavori in alcuni cantieri da parte di Saipem”.
Che vuol dire? Di quali cantieri si tratta? Non sarebbe il caso di precisare meglio e di far capire ai cittadini?
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Un commento su “IL DECOMMISSIONIG NUCLEARE / ALLA SOGIN E AL TESORO DANNO I NUMERI”