Grandi manovre nel campo dei fondi immobiliari, sempre più padroni delle nuove finanze creative a dieci anni esatti dallo scoppio della maxi bolla a New York, l’inizio della crisi internazionale di cui ancora paghiamo le conseguenze. Uno dei big del settore, Prelios, sul punto di passare ai cinesi, diventa invece americano, e nel frattempo mette a segno un paio di colpi grossi.
Un altro pezzo da novanta, Feidos, arricchisce il suo patrimonio con alcune perle dell’ex impero del mattonaro romano Sergio Scarpellini, finito nel mirino degli inquirenti per i tentati assalti al Campidoglio.
Tanti protagonisti e faccendieri tutti nel business e un fil rouge che ruota intorno al re dei fondi, Massimo Caputi, partito dal parastato all’ombra di ‘O Ministro Paolo Cirino Pomicino e poi tuffatosi tra fondi & sofferenze d’oro, visto che Prelios, a quanto pare, avrà un suo preciso core anche negli Npl.
Ma cerchiamo di esaminare, in rapida carrellata, le tessere del mosaico arcimilionario.
Partiamo dal gioiello Prelios, la ex Pirelli Real Estate che per anni ha dettato legge nel mercato immobiliare sotto la guida di Marco Tronchetti Provera. Che ora ha deciso di vendere le sue quote, così come hanno deciso di fare gli altri grossi azionisti, vale a dire Intesa San Paolo, Unicredit e La Fenice, una sigla che accomuna i tre precedenti partner.
Stava per fare il gran boccone la CEFC di Shangai che ha presentato l’offerta migliore, sotto il profilo delle cifre. Ma è stata superata in fotofinish dal fondo a stelle e strisce “Davidson Kempner”, che ha agito tramite una società – in gergo tecnico un ‘veicolo’ – irlandese, la Burlington Loan Management.
QUATTRO AMICI AL BAR
Non hanno voluto vendere le quote – e chissà, forse pensano di aumentare in futuro la loro partecipazione perchè potranno acquistare sul mercato le azioni Prelios – i componenti dell’altra cordata di riferimento. Ne fanno parte lo stesso Caputi, che ha tenuto a battesimo Prelios, Daniel Buaròn, un brasseur franco tunisino spesso e volentieri gemellato al primo in svariate acrobazie finanziarie, l’ex amministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti, e il timoniere di un’altro fondo, Negentropy, ossia Ferruccio Ferrara.
Si chiedono a piazza Affari: come mai l’offerta della gialla Cefc è stata rispedita al mittente? Soprattutto tenuto conto del fatto che la società è molto legata a ChemChina, l’attuale azionista di maggioranza di Pirelli e partner di Tronchetti Provera. Misteri delle finanze di casa nostra.
En passant va ricordato che sul tavolo delle trattative erano arrivate altre due offerte: una faceva capo al fondo Apollo e l’altra alla Tecnoinvestimenti. Segno che l’affare Prelios fa gola.
Per dimostrarlo basti un dato, non poco significativo. Proprio mentre fervevano le trattative, in piena calura preferragostana, Prelios sgr ha messo a segno due colpi da novanta nel mercato immobiliare. Si tratta di due acquisti al top, uno a Roma e l’altro a Milano.
Nella capitale è stato comprato per quasi 63 milioni di euro un complesso immobiliare situato in zona Parioli, viale Regina Margherita, la bellezza di 23 mila metri quadrati. L’operazione è stata condotta tramite il Fondo Fedora, gestito da Prelios per conto di alcuni enti previdenziali, il vero bancomat – oggi – per vitalizzare questo mercato controllato via fondi.
A Milano un altro fondo di investimento molto articolarto e sempre a guida Prelios ha messo in carniere l’acquisto di un secondo complesso, stavolta un po’ più piccolo, 11 mila metri quadrati ad uso commerciale, in via Amadeo. La cifra è di 33 milioni di euro.
Non solo mattoni, comunque, nel destino della rampante società creata da Caputi. Ecco cosa viene sottolineato in ambienti finanziari: “la scommessa del gruppo statunitense sarà quella di generare nuovo business nel settore immobiliare, ma soprattutto in quello dei non performing loan, dove Prelios è fra i più attivi service italiani grazie anche all’ultima operazione realizzata sui crediti problematici di Carige e, prima ancora, sulla Popolare di Bari con la prima cartolarizzazione che ha utilizzato le Gacs, cioè la garanzie statali”.
IL CIS-INTERPORTO SI COLORA DI GIALLO
Apriamo una parentisi che ci riporta in Cina ed anche ad uno dei timonieri storici di Prelios, Sergio Iasi, il quale condotta in porto una profonda ristrutturazione societaria un anno e mezzo fa è passato alla guida del CIS-Interporto di Nola, la mega struttura commerciale in vita da alcuni decenni a Nola, nell’hinterland napoletano. Sono state le banche creditrici a volere l’ingresso (le solite Intesa e Unicredit) di Iasi nella compagine societaria, alle prese con una vera e propria bufera giudiziaria viste le decine e decine di denunce presentate da storici soci – e anche fondatori – del centro commerciale entrati in rotta di collisione con la gestione di Gianni Punzo, che oggi riveste solo la carica di presidente onorario e può dedicare il suo tempo alle imprese targate NTV del suo super treno Italo, in compagnia di mister Tod’s Diego Della Valle e dell’ex mister Ferrari Luca Cordero di Montezemolo.
Commenta un operatore commerciale partenopeo: “tutta la bagarre per gli spazi e le aree del Cis, costata lacrime e sangue per tanti operatori che comunque continuano a dare battaglia, aveva un solo significato. Ottenere, come probabilmente sarà, la zona franca, e affidare le sue sorti speculative a un Fondo, si è parlato molto proprio di Prelios, è questo spiegherebbe l’arrivo di Iasi. O del fondo Feidos, che è già impegnato nell’operazione del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle. Ma adesso si aggiunge un’altra variabile, forse la più significativa: i cinesi sono interessati alle operazioni nelle aree del Cis-Interporto e sono anche intenzionati ad investire molto”.
A quanto pare, gli ultimi investimenti effettuati nell’area, per ampliare spazi e infrastrutture, sono pari a circa 200 miloni di euro. Afferma proprio Iasi: “dal prossimo mese di settembre partirà un collegamento ferroviario diretto via terra – un treno al mese – con la Cina, destinazione Shangai. Il treno copre il tragitto in circa 20 giorni, rispetto ai 30-40 della nave. Una soluzione ideale per settori come il tessile-moda che in Campania vantano una forte presenza”.
Potrà essere proprio la Cefc il partner giusto? Tramontato l’ingresso dal portone principale di Prelios, quella di Nola potrebbe essere una soluzione ad hoc.
FEIDOS & I PALAZZI ROMANI EX SCARPELLINI
Passiamo ad un altro fondo, il già citato Feidos, al cui timone c’è – tanto per cambiare – Massimo Caputi. La bollente estate romana è stata caratterizzata da un’altra operazione da novanta. La vendita di alcuni immobili di prestigio che fanno capo a Sergio Scarpellini, finito nel ciclone delle inchieste sul Campidoglio.
A fine giugno, infatti, alcuni palazzi storici della capitale sono passati di mano, finendo nei forzieri di alcuni fondi, due americani e uno italiano. Si tratta di Tristan e York Capital, sul fronte a stelle e strisce, e di Feidos su quello di casa nostra. Gli addetti ai lavori parlano di una regia principale: quella di Caputi. Da non poco il totale della manovra, oltre mezzo miliardo di euro.
E addirittutra superiore – pari a 750 milioni di euro – era stata l’operazione di un anno e mezzo fa. Così scriveva, a febbraio 2016, Carlo Festa. “Passano di mano proprietà di prestigio del gruppo Milano 90 che fa capo all’immobiliarista Sergio Scarpellini: una serie di palazzi storici a Roma che comprendono otto immobili nel centro di Roma tra cui palazzo Marini, fino a pochi mesi fa affittato alla Camera dei deputati. Il valore definitivo della transazione è di circa 750 milioni e l’operazione è strutturata in due fasi attraverso un fondo gestito da Idea Fmit: il nuovo equity è stato messo principalmente da York Capital, Star Hotel della famiglia Fabri. Tra gli investitori minori partecipa anche Feidos, controllata da Massimo Caputi, tra i registi dell’operazione. Gli advisor legali sono Roberto Cappelli di Gopc per il gruppo Scarpellini e Domenico Fanuele di Sherman & Sterling più Alberto Del Din di Paul Hastings per i nuovi investitori”.
Due brevi note. Roberto Cappelli è un grosso avvocato d’affari romano, oggi nel consiglio d’amministrazione del Milan calcio, proprio per via del fatto che il suo studio legale è stato il primo in Italia a ‘entrare’ nel mercato cinese. Come aveva ancor prima fatto con quello statunitense, e da qui si spiega l’altra presenza in un cda pallonaro, quello nella Roma americana capitanata da James Pallotta.
Di Idea Fimit ha scritto più volte la Voce: si tratta dell’ennesima creatura vitalizzata dall’onnipresente Caputi, dalla quale è poi uscito passando il timone al gruppo De Agostini, attraverso la controllata Dea, e all’Inps, che detiene una quota pari a quasi il 30 per cento.
“Un’Inps che con i fondi ha avuto diverse gatte da pelare – raccontano al palazzo di giustizia a Milano – viste le svariate inchieste giudiziarie che come al solito vedono al centro immobili strapagati dagli enti previdenziali per far un favore agli amici degli amici”. Tanto perchè sono sempre i cittadini, e stavolta i soci di questo o quell’ente, a pagare caro e salato il conto.
E IL BUBBONE ENPAM
Ecco un dettagliato resoconto di Giorgio Meletti a proposito del bubbone Enpam, la ricca cassa previdenziale dei medici e le acrobazie di un altro finanziere d’assalto, stavolta italo-israeliano, Ofer Arbib, molto legato a Daniel Buaron e allo stesso Caputi: “Pezzo da novanta nel settore immobiliare, Arbib ha costituito qualche anno fa su misura per la Cassa dei medici Antirion sgr, con la quale ha lanciato e gestisce i fondi immobiliari Antorion Global (comparto core e comparto hotel) e Antirion Aesculapius. Ed è proprio Antirion Global che ha incrementato il suo portafoglio con il palazzo londinese, che con la successiva svalutazione della sterlina ha finito per pagare a caro prezzo, tanto da suscitare la curiosità di Bankitalia”.
Continua la minuziosa ricostruzione: “Secondo ambienti bene informati Arbib da qualche tempo non si accontenta più di far crescere i suoi fondi, ma starebbe lavorando per mettere a segno un colpo grosso: strappare a Idea Fimit la gestione del Fondo immobiliare più ricco di Enpam, Ippocrate, con un patrimonio di circa 2 miliardi e un portafoglio di 21 palazzi destinati a uffici nel Lazio e nel nord Italia”.
E prosegue: “A sfavore di Arbib, che nel frattempo sta irrobustendo la struttura della sua società, anche con risorse umane prese da Idea Fimit, è proprio l’intreccio con il cugino Buaron, già fund manager di Ippocrate e legato da diversi rapporti d’affari con Massimo Caputi, una sorta di intoccabile ‘gran commis’ dell’immobiliare, con profonde radici in diverse Casse previdenziali, dalla stessa Enpam ad Enasarco. Li accomuna la grande abilità dimostrata in passato di far crescere in poco tempo, con alcuni passaggi, i valori degli immobili. Circostanza che ha già coinvolto Enpam nell’inchiesta su palazzi acquistati a Roma a prezzi raddoppiati e nella compravendita di un terreno e immobili ex Eni a San Donato, alle porte di Milano”.
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2 pensieri riguardo “FONDI IMMOBILIARI / DA PRELIOS A FEIDOS TUTTE LE MANOVRE & GLI AFFARI”