‘PREDAZIONI’  A UBI BANCA / LA DIFESA DI BAZOLI: SEMPRE SERVITO LO STATO

“Finalmente potremo esplicitare tutte le difese per dimostrare l’assoluta infondatezza delle accuse davanti a un giudice terzo a cui saranno anche espresse alcune osservazioni sulle modalità con cui è stata condotta questa inchiesta”.

E’ categorico, il capo di UBI Banca, Giovanni Bazoli, all’indomani della richiesta formulata dalla Procura di Bergamo di rinvio a giudizio a carico suo e di altri 31 indagati, tra cui gli altri due vertici dell’istituto, Victor Massiah e Emilio Zanetti.

In una recente inchiesta – che potete trovare cliccando sul link in basso – la Voce ha documentato fatti & misfatti della gestione Bazoli, così come sono stati scoperti, in cinque anni di minuziose indagini di fiamme gialle e procura, nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2012 e il 31 dicembre 2016. Un sistema scientifico di spoliazione della banca, ai danni dei risparmiatori, un “sistema predatorio”, secondo le parole degli inquirenti, proprio come è successo per le altre banche che hanno massacrato il tessuto economico e sociale del Paese, dal Monte dei Paschi di Siena, a Banca Etruria & C. fino ai due istituti veneti appena acquistati – sofferenze a parte accollate al solito Stato pagatore – per un euro da Intesa San Paolo.

Ha la faccia di bronzo, Bazoli, da dichiarare adesso: “Questa inchiesta è nata dalla denuncia di un azionista di UBI che aveva delle mira frustrate sulla banca”. Tutto il marcio, quindi, è venuto fuori grazie ad un azionista ‘frustrato’. Ben vengano tali tipi di soci, se permettono di porre sotto i riflettori tutto il sistema di finanza criminale messo in campo, in questo caso, da Bazoli & C.

“Fino ad oggi io mi sono attenuto al criterio di non replicare sul piano mediatico”, ha osservato nel corso di una lectio magistralis – sic – tenuta all’Università di Bologna in compagnia di un altro che ha fanno strage – ai tempi della presidenza IRI – delle imprese pubbliche di casa nostra, Romano Prodi, oggi gran suggeritore per una nuova sinistra, ahinoi.

E così ha continuato il professor Bazoli, che presto inaugurerà un corso di ‘Predazione Creditizia’: “E tantomeno sono intervenuto per rettificare le grossolane falsità che sono state propalate in questi anni da alcuni giornali scandalistici. Perchè tutte le persone che sono informate dei fatti conoscono perfettamente l’integrità e l’assoluta correttezza del mio operato di sempre, non solo, ma anche i servizi che io ho reso al Paese e in particolare al sistema bancario italiano. Sempre, ci tengo a dirlo, in stretto raccordo con le Autorità bancarie e istituzionali del Paese”.

Suonano molto gravi queste ultime frasi, una sorta di ‘avvertimento’ ai vertici creditizi e del Paese, una sorta di chiamata in correità: se mi mollate se ne crolla tutto. Meglio che sull’inchiesta di Bergamo cali una cortina di silenzio omertoso. E che venga, al solito, come tutte le inchieste che scottano, insabbiata o messa a marcire nell’armadio fra tanti altri scheletri.

Una non notizia”, etichetta il Corriere della Sera, nelle sue pagine economiche, quella del rinvio a giudizio di Bazoli & C., 31 tra funzionari e dirigenti, non bruscolini.

Corsera che dà una bella lisciata al professor Bazoli, “l’artefice della nascita del Nuovo Banco Ambrosiano” e “il padre fondatore di Intesa Sanpaolo”. E quanti misteri finanziari custodiscono in altri armadi le due operazioni?

Intanto, stiamo a vedere cosa succede con il giallo a molti zeri e tante poltrone strapagate griffato UBI Banca.

 

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