Evviva! Democrazia l’è fatta. Da oggi in poi tutti gli italiani, senza distinzione di censo, religione, età, stato civile, potranno in perfetta libertà pedinare, intercettare, dossierare, spiare il vicino di casa che gli sta sulle scatole, il rivale d’ufficio, l’azienda concorrente, la squadra che compete per il titolo. In più, è possibile anche ottenere fondi pubblici per svolgere questa nobile missione.
Tutto ciò grazie ad una storica sentenza che mette fine ad un’annosa questione e restituisce l’onore a un servitore dello Stato oltraggiato per anni, Pio Pompa, uomo dei servizi segreti e braccio destro del capo, Nicolò Pollari.
SERVIZI PERFETTI
Ecco cosa scrive il 25 maggio Repubblica in una notiziola da una ventina di righe relegata a pagina 18 (mentre il Corsera tace): “E’ stato assolto dalla Corte d’assise d’appello di Perugia l’ex funzionario del Sismi Pio Pompa, condannato in primo grado ad un anno di reclusione per possesso ingiustificato di documenti contenenti notizie inerenti la sicurezza dello Stato. I giudici lo hanno dichiarato estraneo all’addebito nel merito perchè ‘il fatto non costituisce reato’. Nel 2007 Pompa fu trovato in possesso di 10 mila file contenenti dossier su giornalisti e magistrati romani e per questo motivo il fascicolo era stato trasferito a Perugia”. Stop.
Faremo certo salti mortali e ci sbellicheremo dalle risate quando potremo leggere le motivazioni della sentenza. Ci vorrà infatti una gigantesca dose di humour per spiegare non solo a chi ha subito quelle spiate e quei dossieraggi per 5 anni filati (siamo all’epoca di un governo Berlusconi, 2002-2006) ma a tutti i cittadini italiani che ogni giorno sono costretti ad ingurgitare litanie dei Palazzi sulle intercettazioni, le violazioni della privacy, l’assalto ai diritti fondamentali.
Ebbene, la vicenda Pompa-Pollari dimostra con evidenza assoluta che spiare si può, è cosa buona e giusta. Anche se la sicurezza dello Stato (condizione imprescindibile) c’entra come il cavolo a merenda, anche se gli spiati non sono militanti dell’Isis ma cittadini che esercitano la professione di giornalista, di magistrato, di avvocato o al massimo militano in qualche associazione a tutela dei diritti.
Chissenefrega, se un presidente del consiglio chiama per telefono il capo dei servizi per ordinargli di dossierare qualche migliaio di persone, no problem.
E no problem se quel capo dà ordine al suo fido braccio destro di preparare con cura dossier su dossier. No problem se quelle persone possono subire violazioni di ogni tipo nella loro vita personale e professionale, se ne patiscono dei danni. Chissenefrega. Tutto ok se si tratta di soddisfare uno sfizio ad personan: se Berlusconi allora ordina, Pollari sottordina, Pompa & C. eseguono il compito alla perfezione.
E se poi, nel corso degli anni, tutti gli uomini che si sono succeduti sulla poltrona di capo dell’esecutivo hanno come un sol premier invocato “il Segreto di Stato” per coprire tali sporche manovre. Invariabilmente tutti, da Romano Prodi di nuovo a Berlusconi, poi ai mai nominati Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi, fino a Paolo Gentiloni, hanno mandato a fare in culo le istanze di chi protestava di fronte a tale violenza, tale tracotanza e tale arroganza degne dell’Erdogan più in forma.
Ma ecco, in rapida sintesi, quale vergogna di Stato si è generata.
DIECI ANNI FA, UNA MATTINA, I MOSTRI IN PRIMA PAGINA
5 luglio 2007. Quasi dieci anni fa, una mattina, ci troviamo sbattuti in prima pagina. E’ Percy Allum, il politologo inglese vissuto per anni a Napoli, autore di ‘Anatomia del Potere‘, una saga del potere Dc, a buttarci giù dalle letto alle 7 e mezzo. Si parla di lui e della Voce in due pagine di Repubblica dedicate a tutti gli spiati dai Servizi segreti.
Al centro degli articoli un maxi schema con nomi di sigle e tante frecce per ricostruire il percorso, come in una caccia al tesoro. La Voce, in pratica, è al vertice di una Cupola di controinformazione una sorta di Al Qeida messa su per danneggiare e delegittimare Berlusconi: è la Voce, infatti, il crocevia – secondo la ricostruzione griffata Pompa, scopriremo poi – di una serie di sigle che fanno capo ad organismi di magistrati, di giornalisti, di associazioni.
E una delle punte di diamante di questo schieramento è proprio Percy Allum che nel dossier specificamente redatto viene definito una sorta di eminenza grigia islamista, passata da Londra proprio in Italia come anello di collegamento.
Da 113. Ma i faldoni esistono e sono stipati, a centinaia, presso una sede distaccata dei servizi segreti a Roma, a un passo da piazza Esedra.
Ed è lì che li troveranno, per puro caso, gli investigatori di Milano impegnati nel caso Abu Omar, l’imam rapito, torturato e poi spedito in Egitto. Un’altra storia. E un altro scandalo.
A questo punto parte un’inchiesta ad hoc, su quel tesoro scovato negli archivi di via Nazionale. E per competenza da Milano passa subito a Perugia, dal momento che tra gli spiati ci sono anche alcuni magistrati romani.
Pm dell’inchiesta Sergio Sottani, già in servizio a Roma, specializzato in truffe. Uno dei capi d’imputazione più pesanti, a carico di Pollari e Pompa, è quello che riguarda l’utilizzo di fondi pubblici per un’attività che si manifesta chiaramente come privata: nel senso che con il paravento degli interessi nazionali è in realtà stato svolto un dossieraggio a 360 gradi di presunti avversari politici.
Solo una parte dei dossierati, però, si costituisce parte civile. Molti sono scettici. “Sappiamo che gli interessi in gioco sono altissimi, quindi sicuramente affossano tutto”. E altri: “sappiamo come funziona la giustizia in Italia. Lorsignori non passeranno niente e faranno sempre quadrato, protetti dalla cosiddette istituzioni”. “Nessuno se ne fregherà mai se sono stati calpestati i nostri diritti. Siamo il Paese dei diritti rovesciati”.
Poi anni e anni di inchieste e di processi perugini, e perfino di rinviii alla Corte Costituzionale. Sì, perchè la suprema Corte è stata chiamata dalle toghe di quel tribunale a pronunciarsi sul cosiddetto ‘conflitto di attribuzioni’ e sciogliere il dilemma se il segreto di Stato, in una questione del genere, può essere o meno invocato.
UNA CONSULTA PILATESCA
Pilatesca la sentenza della Corte: su questo tema devono esprimersi i responsabili politici, quindi i capi di governo. Ed è qui, come detto, che i vari Berlusconi, Prodi, Monti, Letta, Renzi fino a Gentiloni hanno fatto quadrato. Ed è proprio su questa perfetta sinergia e complicità governativa che il tandem Pollari-Pompa ha potuto giocare tutte le sue carte processuali per farla franca. “Non ci siamo potuti difendere nel merito – si sono trincerati sempre i legali dei due – proprio perchè c’era il segreto di stato”. Il gioco dei quattro cantoni. Sulle spalle dei cittadini.
Quell’incredibile ‘Segreto di Stato‘ sventolato del tutto a sproposito perchè è evidente anche ad uno studente delle medie che non si trattava di pericolo per le nostre istituzioni, di minaccia da parte di una potenza straniera o di uno stato di guerra, per giustificare tale muro di omertà. Ma così – si sa – funziona la giustizia in Italia, anche ai suoi vertici più alti e intoccabili.
Come del resto è capitato per la desecretazioni degli atti relativi alle stragi: una farsa renziana in piena regola, come ha più volte denunciato il presidente del comitato per le vittime della strage di Bologna, Paolo Bolognesi.
Proseguono intanto, per il Sismigate in salsa perugina, le azioni civili di risarcimento danni da parte d’un gruppo di ‘resistenti’, tutelati dall’avvocato Francesco Paola. I quali lottano fino in fondo contro tali soprusi, per veder riconosciuti i loro diritti, altrimenti calpestati ancora.
E non sarebbe certo la prima volta, visto quello che succede nel Belpaese, un tempo patria del diritto, oggi dei soprusi: come per le vittime di Viareggio, bruciate e prescritte. O come per Ilaria Alpi, uccisa l’ennesima volta per la non volontà di scovare i suoi assassini e soprattutto i mandanti ancora oggi a volto coperto. E sempre a volto coperto quelli delle stragi di Capaci e via D’Amelio, di cui oggi si commemorano i 25 anni, con la ormai rituale Sfinge-Mattarella a parlare di verità, quella verità “scientificamente” occultata, quelle altissime responsabilità politiche sempre insabbiate.
Intanto a Perugia, oggi, si celebra un’altra pagina nera dalla nostra – sic – Giustizia.
E per favore, quella scritta che campeggia in tutte le aule di tribunale, capovolgetela. Ricordate la scena finale di ‘Nella Valle di Elah‘ con la bandiera a stelle e strisce sdrucita e a testa in giù?
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