Il mondo rispolvera le velleità guerresche che lo hanno insanguinato nei millenni

Non è ancora precoma ma giù di lì: il mondo rispolvera le velleità guerresche che lo hanno insanguinato nei millenni, generate da aggressività dei potenti sugli umili, coperte dagli alibi pretestuosi dell’autodifesa, di conflitti religiosi, da razzismo ed malcelate intenzioni espansioniste. Mai come in questo inizio del terzo millennio i venti di guerra soffiano nelle zone calde degli interessi propri dei Paesi dominanti  per l’accaparramento delle risorse naturali e dei mercati mondiali. Agli arsenali ricolmi di ordigni nucleari e in alcuni casi estremi di armi chimiche, i Paesi che ne detengono in quantità abnormi, in grado di polverizzare il nostro pianeta, tendono ad aggiungerne altre e un comparto ignobile dell’economia, occulto nella sua assurda dimensione, è al vertice dei profitti con la produzione e il traffico delle armi. Il disastro del dito che pigia sul bottone rosso e dà il via alla terza guerra mondiale è maledettamente possibile. Cos’altro annunciano le parate in stile nazista dei nordcoreani, la vendita miliardaria di armi all’Arabia di mister Trump, il sospetto che Paesi insospettabili accumulino armi chimiche, la tendenza a liberalizzare vendita e uso della armi di difesa personale, la voce grossa di Trump, l’alleanza militare con Israele, l’appello agli Stati associati per potenziare la Nato, le provocazioni del tycoon che invia la flotta americana nelle acque della penisola coreana, i lanci di missili del leader antagonista nordcoreano, l’impiego indiscriminato di droni che fanno strage di civili, la mobilitazione militare ai confini dell’Ucraina, le basi americane insediate nei luoghi strategici dei Paesi alleati, Italia compresa?  Chi fermerà  l’ambizione del presidente americano di riportare gli Stati Uniti al tempo del dopoguerra quando erano padroni del mondo? Anonymus, la congrega più agguerrita di hackers ha gioco facile nel predire l’imminenza di una guerra mondiale. Come lanciare in aria una moneta e scommettere su “testa” dopo che per dieci volte consecutive è uscita “croce”. Se non è tutto chiaro, che il pacifismo sappia cosa rischia l’umanità se Trump non sarà disarmato con un provvidenziale impeachment, se Kim Jong-un sarà a lungo il fanatico e guerrafondaio despota leader di Pyongyang, se l’occidente europeo dismetterà i principi che hanno garantito settant’anni di pace e se l’Onu, cambierà vocazione, a unanime difesa della pace.

Finalmente sappiamo qual è una delle centrali mediatiche del tifo juventino. Si annida senza filtri nella redazione del quotidiano la Repubblica, che con gli Agnelli, Allegri e compagnia bella, coltiva evidentemente un feeling speciale. I redattori hanno preparato per tempo la celebrazione del sesto scudetto in bianconero e si sono guardati bene dal sollevare dubbi sulla sconfitta con la Roma che ha precluso al Napoli con un meritatissimo  secondo posto, l’accesso diretto alla Champions League. La redazione sportiva di Repubblica ha evitato con faziosa continuità di ammettere che il Napoli, avesse evitato un paio di distrazioni, avrebbe  meritato di vincere il campionato e che se lo ha vinto  la Juventus, oltre ai suoi indubbi meriti, si deve all’opportunismo del tecnico che in più di un’occasione  ha svilito il gioco del calcio con scelte catenacciare, estranee allo spettacolo che ci si aspetta dalla prima della classe.  All’indomani dell’oramai ultra prevedibile scudetto della Juve, il giornale fondato da Scalfari ha colmato l’inserto sportivo del lunedì con pagine e pagine di osanna per i neo campioni d’Italia. Sette per la precisione e parole roboanti: “La Juve diventa leggenda”, “La solidità di una J, canto alla durata d’un club immortale”. Per fortuna Bergoglio tifa Argentina, altrimenti avrebbe indetto un nuovo concistoro per santificare Allegri, Higuain. Dybala e Agnelli. Motivi per non aver in simpatia la straricca juventus non mancano, ma tant’è, l’Italia è il paese dei miti, della subordinazione ai potenti e il calcio, grazie alla tempesta mediatica che lo esalta, non fa certo eccezione.


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