Bolzaneto, quei ragazzi del G8 sotto tortura

Uno sguardo sul passato. Per non dimenticare, per capire se c’è connessione tra scelbismo, conati di destra del governo Tambroni e recenti episodi di violenza di polizia e carabinieri. Dc al potere, i ministri dell’interno hanno indirizzato per decenni gli interventi della “Celere” ad arma di repressione contro il mondo del lavoro, al servizio del padronato che resisteva alle rivendicazioni della classe operaia. Cariche selvagge, brutali, manganellate e perfino spari ad altezza d’uomo, i vertici della polizia di destra, coercizione dei poliziotti, indotti ad affrontare i manifestanti come nemici da annientare: così anni e anni. Parte non trascurabile di questa idea fascistoide delle forze dell’ordine è residuata anche nella stagione dell’evoluzione della politica, in favore del centro sinistra e perfino di governi a guida Pci, delle sue successive varianti. Come spiegare i pestaggi a sangue, l’incapacità di impedire infiltrazioni e provocazioni che sarebbe agevole individuare in anticipo e antagonizzare. Come giudicare l’uso della tortura (il caso di Stefano Cucchi, picchiato a morte non è purtroppo il solo) e quale giustificazione potrebbe mai assolvere i torturatori della caserma di Bolzaneto, i tentativi di negare le violenze sui giovani contestatori del G8 di Genova…di quale alibi potrebbero giovarsi i governi costretti finalmente a riconoscere le brutalità commesse dalla polizia denunciate dalla Corte Suprema di Strasburgo? Per sei delle molte vittime degli abusi, commessi nella caserma dove si erano rifugiate per sfuggire alla furia dei poliziotti, l’Europa ha imposto il risarcimento dei danni subiti e sono in corso altri cinquantanove ricorsi. L’umiliazione che accompagna la prescrizione si completa con l’obbligo di sottoporre la polizia a corsi di diritti umani. Ci sono voluti sedici anni e la sentenza di Strasburgo per ammettere quanto è stato evidente all’indomani delle inaudite violenze di Bolzaneto perché fossero riconosciute dal nostro governo, ma neppure questo smacco si è concluso con la promulgazione di una legge di merito, per l’incredibile trascinarsi di discussioni e polemiche sull’urgenza di mettere fine alla barbarie, alla tortura e comunque a violenze illegittime, fuori legge. Le sei vittime riceveranno un risarcimento di 45mila euro per riparare ai danni morali e fisici. Niente di nuovo per i responsabili dei pestaggi e non cambia la tendenza ad autoassolvere chi si macchia di reati degni di Paesi dove dominano dittature, esplicite o mascherate. L’auspico è che la parte sana delle forze dell’ordine, le migliori si distinguono per atti eroici compiuti nel salvare vite umane in casi di calamità come le alluvioni e i terremoti, prevalgano sulle frange che hanno ereditato il peggio dell’era Scelba. A Bolzaneto poliziotti e guardie penitenziarie infierirono in un delirio di violenze sui giovani sfuggiti ai pestaggi all’esterno. Condanne e reati prescritti non hanno sanato il vulnus di comportamenti criminali e finora non si sono mosse le coscienze democratiche del Parlamento a deliberare perché la tortura diventi un grave, perseguibile reato. L’inerzia istituzionale obbedisce in larga parte al capitolo perverso dei compromessi che le forze politiche di sinistra sono costrette a subire in nome di alleanze di governo ambigue, strette per opportunità strumentali ed estranee alla storia e alle prerogative dei partiti che ne fanno parte. I magistrati che hanno condotto le indagini sui fatti di Bolzaneto, anche sulla scorta di quanto è avvenuto di recente (caso Cucchi e non solo), non sono certi che le prescrizioni della Corte per i diritti umani siano recepite anche per l’approvazione urgente della legge contro la tortura e d’altra parte il governo, riconosciuta la colpa dei pestaggi, non ha accelerato l’iter parlamentare per una sua rapida promulgazione.

 


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