Milan sempre più a Fondo coi i cinesi. Che man mano cambiamo di colore, per passare dal giallo allo stelle e strisce, ma con una tendenza al tricolore di casa nostra. E’ questo l’ultimo percorso che sta portando al più lungo closing per la storia del calcio. E nell’Uovo di Pasqua c’è una sorpresa da urlo: la creatura di Silvio Berlusconi, il figlioccio di Bettino Craxi, potrebbe tornare al suo Psi in perfetto tandem con la Dc.
Il ‘governo’ societario, infatti, verrebbe assicurato da due presenza all’interno del nuovo consiglio d’amministrazione: quelle del numero uno dell’ex grosso e grasso parastato, Paolo Scaroni, e dell’avvocato d’affari Roberto Cappelli, il cui nome porta direttamente al re dei Fondi, Massimo Caputi, amico storico di ‘O ministro, Paolo Cirino Pomicino, una vita con la casacca, oltre che scudocrociata, anche rossonera.
Ma vediamo in rapida carrellata tutti i tasselli in campo per l’assemblea societaria, il closing e il derby prepasquale.
ELLIOTT, IL SUPER FONDO SALVATUTTI
A salvare tutta l’operazione prima del fischio finale, il miracoloso intervento del super Fondo americano Elliott Management, che ha lanciato il provvidenziale salvagente alla sempre misteriosa cordata cinese garantendo un maxi prestito ponte da 300 milioni e rotti.
Un prestito comodo comodo, visto che il tempo di restituzione non sarà inferiore ai cinque anni, arci sufficienti per rastrellare capitali di vario tipo in qualche parte del mondo.
Così dettaglia il sito Milanews: “Elliott Management, il colosso degli hedge fund che con il suo prestito da 302 milioni ha sbloccato la scalata al Diavolo del chiacchieratissimo Yonghong Li, non ha fretta. A quanto pare non ci sarà stress economico immediato per la Rossoneri Lussemburgo, la scatola di derivazione cinese, figlia della madre SES, che acquisirà a tutti gli effetti il Milan”. Così prosegue la labirintica ricostruzione: “Il corposo prestito di Elliott infatti non dovrà essere restituito prima di 5 anni. E’ quanto è stato messo nero su bianco a Londra e Milano: il prestito concesso a Yonghong Li e alla sua società potrà essere rimborsato in un arco temporale ben più ampio dei 18 mesi prima ipotizzati”.
Ma chi è mai il mago capace di portare a termine l’operazione? Il cavaliere bianco che compie il progidio? Si tratta di Paolo Scaroni, il quale non pretenderà di più che una comoda poltrona nel nuovo consiglio d’amministrazione, a fianco di cinesi e italiani, un perfetto fifty fifty.
Scrive ancora Milanews: “La Repubblica conferma le indiscrezioni in merito alla possibilità che l’hedge fund finisca per avere un proprio membro nel futuro cda del Milan. Non solo, il quotidiano rivela che nella trama internazionale che ha coinvolto Elliott può aver avuto un ruolo Paolo Scaroni. L’ex presidente Eni, legato a Berlusconi e vicepresidente di Rotschild, advisor del gruppo cinese, fino a qualche giorno fa riconducibile a Sino Europe e ora alla Rossoneri Sport Investment, è stato protagonista due anni fa della costituzione di una società londinese che avrebbe dovuto coinvolgere Elliott. L’indiscrezione è da confermare, ma il noto manager italiano ha molti agganci e non si può escludere che sia stato tra i protagonisti della vicenda”.
Bravi ragazzi, quelli di Milanews. Ma tra un tackle e un pallonetto, meglio vederci più chiaro. A cominciare dalla misteriosa sigla londinese di cui parla il sito rossonero.
DA LONDRA A CORTINA. VIA ELLIOTT
Una storia intricata, un progetto coltivato e non realizzato, segno comunque di rapporti già intercorsi tra Scaroni ed Elliott.
Ecco cosa ha scritto all’epoca un altro sito, stavolta di pretto sapore finanziario. “E’ gia finita, prima ancora di cominciare, la società tra Paolo Scaroni e il suo amico Alvise Alverà, patrizio veneziano e da anni finanziere a Londra dove opera con il gruppo Institutional Service Center. Qualche giorno fa, infatti, a Milano, nella sede della Strategic Investments, società di consulenza aziendale costituita poche settimane prima e controllata da Scaroni al 60 per cento tramite la Immobiliare Cortina e da Alverà al 40 per cento tramite la ISC Ltd Uk, si è svolta un’assemblea che ha deliberato la messa in liquidazione. Scaroni spiega le motivazioni della repentina decisione nel verbale d’assemblea laddove dice che ‘venuto meno l’accordo con la Elliott Adivsors Uk di Londra, il patrimonio netto della società si è ridotto di oltre un terzo in conseguenza della perdita che al 15 gennaio 2015 ammonta a 14 mila 247 euro’”.
Continua il cronista, Andrea Giacobino: “Al di là del dato contabile, poco significativo per una newco, chi è il soggetto dell’accordo cui puntavano Scaroni e Alverà? La Elliott Advisors inglese altro non è che il braccio britannico del grande hedge fund americano Elliott Management, fondato dal settantenne finanziere Paul Singer, bollato come ‘avvoltoio’ dal governo sudamericano, che gestisce asset per 25 miliardi di dollari e che è stato protagonista di un duro braccio di ferro con il governo argentino, dopo aver investito sui tango bond. Lo scontro si è concluso con la sentenza di un tribunale americano che obbliga il goveno di Buenos Aires a risarcire Singer per 1,6 miliardi di dollari”.
Un’altra vicenda di casa nostra ha appena riportato agli onori delle cronache il gruppo Elliott. Si tratta dell’affare Ansaldo STS. Ecco cosa scrive un altro corrispondente estero, Stefano Carrer, partendo dalla notizia dell’arresto, il 17 febbraio 2017, del manager sudcoreano Jay Y. Lee, leader del colosso Samsung: “Dopo l’attacco cardiaco che aveva colpito tre anni fa il vecchio Lee, il quarantottenne Jay Lee era impegnato a cercare di venire parzialmente incontro alle pressioni di alcuni fondi di investimento stranieri, tra cui Elliott Management di Paul Singer: lo stesso che in Italia sta facendo la guerra a Hitachi sul prezzo di acquisizione e sulla governance di Ansaldo STS: ma almeno Hitachi controlla il 51 per cento di Ansaldo Sts, mentre le grandi famiglie coreane fanno il bello e cattivo tempo con quote di minoranza frazionali”.
E ancora: “Ora la famiglia Lee controlla il 39,1 per cento di Samsung C&T, la quale controlla il 19,3 per cento di Samsung Life e il 4,2 per cento di Samsung Electronics. Proprio la controversa fusione infragruppo del 2015, contestata da Elliott, tra Samsung C&T e Cheil Industries è nel mirino dei magistrati della speciale commissione inquirente”.
IL SUPER RICERCATO SCARONI
Ma torniamo a bomba. Ossia a Scaroni. Tutti lo vogliono, tutti lo cercano: anche la magistratura. Il suo nome ha fatto capolino come possibile premier che spunta dal cilindro dell’amico Silvio Berlusconi quale futuro premier (in caldo c’è sempre il governativo Carlo Calenda), oppure come capo della futura Ilva ‘risanata’ dall’intervento straniero:il nome è stato caldeggiato mesi fa da Matteo Renzi in persona.
Conteso anche a livello internazionale, mister Scaroni: visto che quattro anni fa, nel 2013, ha ricevuto dal presidente russo Vladimir Putin la più alta onoreficenza possibile, “L’Ordine dell’Amicizia”: fu lui in quell’occasione l’italiano prescelto, così come tra i manager a stelle e strisce venne incoronato Rex Wayne Tillerson, l’ex boss di Exxon Mobil, guarda caso oggi potente Segretario di Stato dell’amministrazione Trump: un’amicizia, quella tra Scaroni e Tillerson, tutta energetica.
Ricercatissimo anche dalla magistratura, Scaroni. Per le maxi tangenti estere che hanno caratterizzato una sfilza di appalti di casa Eni & Saipem, dall’Algeria alla Nigeria, fino in Brasile. La Voce ha scritto diverse inchieste sul tema (potete leggerle cliccando sui link in basso), che riguardano accuse da novanta – tutte a base di corruzione internazionale – per le quali stanno procedendo non solo le magistrature dei vari paesi, ma anche quella milanese, che solo poche mesi fa ha rinviato a giudizio, per le miliardarie commesse nigeriane, sia l’ex numero uno Scaroni che l’attuale vertice, Claudio Descalzi, appena riconfermato nel suo incrarico dall’esecutivo Gentiloni nonostante tale macigno tra capo e collo. Ma si sa – e la Voce lo ha documentato, in particolare con riferimento ai freschi casi di Finmeccanica, Alessandro Profumo e Enav, Roberto Scaramella – come funzionano le nomine nel paese delle banane ormai fradice e di tutte le corruzioni.
Parecchie le novità dalla Nigeria, dopo il fermo di due giornalisti di Report autori di un’inchiesta sulle mazzette petrolifere e un’intervista ad un imprenditore italiano da anni trapiantato in terra africana, Fabio Ottonello. Ecco un report d’agenzia: “Luca Chiana e Paolo Palermo hanno spiegato di aver intervistato Fabio Ottonello, imprenditore italiano e con interessi in Congo e di cui ha parlato a verbale uno degli indagati del’inchiesta milanese dei pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, l’ex manager Eni Vincenzo Armanna. Quest’ultimo ha sostenuto che con un aereo privato di Ottonello potrebbero essere usciti dalla Nigeria 50 milioni di dollari che dovevano andare, almeno in parte e stando alla versione di Armanna, all’allora amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni. Gli inquirenti hanno potuto ricostruire che quei 50 milioni sarebbero stati consegnati a casa dell’ex manager Roberto Casula in Nigeria”.
E ancora: “Ottonello, secondo Armanna, diventato il super teste dell’inchiesta, avrebbe messo a sua disposizione un suo aereo privato per trasportare due trolley contenenti parte della tangente al sicuro in un caveau in Svizzera. Secondo Armanna si sarebbe trattato della parte destinata a Scaroni”.
DAL BRASILE ALLA SOMALIA. A BORDO DELLA TECHINT
Della Lava Jato brasiliana che ha provocato l’impeachment del presidente carioca Dilma Rousseff e mandato sotto incheista tre quarti dei parlamentari, tra goveno e (sic) opposizione, i media di casa nostra hanno scritto più volte. Dimenticando spesso e volentieri per strada il pieno coinvolgimento della nostrana Saipem e della Techint che fa capo al gruppo Rocca. Forse per non distrurbare i manovratori: ovvero Gianfelice Rocca, a capo dell’impero di impiatistica e acciaio che ha le sue punte di diamante nella stessa Technit e in Tenaris, e l’amico di una vita, Paolo Scaroni.
Pochi sanno, infatti, che prima di decollare per i fasti statali e parastatali, da Enel fino ad Eni, Scaroni s’è fatto le ossa alla Techint, la creatura prediletta di casa Rocca, a inizio anni ’90 (quindi un quarto di secolo fa) impegnata in parecchi business esteri. Soprattutto in Africa. Particolamernte in Somalia.
E Ilaria Alpi, nelle sue inchieste sui maxi affari delle cooperazione italiana, anche attraverso i fondi FAI, aveva ficcato il naso nelle vicende somale. E guarda caso aveva sbirciato nelle commesse targate Techint.
Proprio sulla disinvolta gestione di quei fondi si è occupato anche l’allora inviato del Corriere della Sera, Massimo Alberizzi, che si beccò una querela da parte della Techint guidata dal tandem Rocca-Scaroni: perchè aveva osato intervistare un funzionario dell’azienda che, licenziato, ne aveva raccontato di cotte e di crude su quelle quantomeno disinvolte gestioni di danari pubblici. Alberizzi, tra l’altro, ha di recente testimoniato nel corso dell’inchiesta sul somalo Omar Assan Hashi accusato di aver ucciso Ilaria Alpi e Miran Hrovatin: 17 anni di galera, poi una piena assoluzione dopo che il grande accusatore, Hamed Alì Rage, alias Gelle, ha rivelato alla giornalista dei Chi l’ha visto, Chiara Gazzaniga, che la sua testimonianza (del resto mai resa in dibattimento) era stata comprata. Per depistare meglio. Servizi di casa nostra.
Restano quelle ombre oscure sugli esordi di Technit a livello internazionale, su quei primi passi di Paolo Scaroni nel firmamento imprenditoriale. Cugino della craxiana di ferro Margherita Boniver, del resto Scaroni non ha mai fatto mistero d’essere in perfetto odore di garofano. Trasversale e consociativo al punto giusto.
E il suo percorso, oggi, nel ventre del Milan, si potrà incrociare con quello di altri amici della vecchia casa Dc. Sull’ingresso in società dell’avvocato Cappelli, già protagonista dell’ingresso degli americani di James Pallotta & C. nella Roma calcio, settimane fa la Voce ha scritto un’ampia inchiesta, che potete leggere cliccando in basso.
Ora le strade portano ancora verso gli States: caso mai con una tinteggiata di giallo cinese. Per la serie: tutti i Fondi conducono a New York e caso mai fanno tappa a Pechino.
L’inchiesta della Voce di marzo 2004
inchiesta Ilaria Alpi-Voce 2004
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3 pensieri riguardo “PAOLO SCARONI / IL MANAGER DI INTRIGHI & CORRUZIONI INTERNAZIONALI AI VERTICI DEL MILAN”