Roma e Napoli, i metrò dell’arte, le rotaie delle meraviglie. Peccato che – maquillage strapagati a parte – i bubboni siano più purulenti che mai: corruzione ad ogni chilometro, scempi ambientali ad ogni stazione, massacri archeologici e insicurezza da paura. Leggere per credere.
Suonano periodicamente le fanfare mediatiche. Pesce d’aprile servito ai lettori di Repubblica con il reportage a tutta pagina e maxi foto titolato “La fermata del metrò come un museo – Roma regala al mondo un’altra grande bellezza”.
Da Marte arriva il cronista, tale Carlo Alberto Bucci, autore del “viaggio nella stazione San Giovanni che aprirà ai passeggeri in autunno ma ospita già i reperti millenari emersi durante dieci anni di lavori”.
Degno del premio Pulitzer l’incipt: “Una Venere tagliata in due e murata eppure ancora bellissima, i resti di una monumentale opera di ingegneria idraulica, monete e il gioiello di una fanciulla romana, frammenti di vita agricola di 1900 anni fa. Insomma, sul modello e anche più avanti rispetto alle fermate del metrò tematizzate ‘ad arte’ di Parigi con il Louvre o di Berlino con il Museumsinsel, a Roma ora il museo fatto ad hoc per i viaggiatori c’è. E la stazione pure”.
Lo Schliemann del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari continua con i suoi imperdibili scavi nella memoria, le acrobatiche fantasie tra i passati millenari e le pennellate da talentuoso impressionista. E non manca di ricordare anche tutte le bellezze di consorella metro all’ombra del Vesuvio, iniziata oltre quarant’anni fa, primavera del 1976, e ancora capace di ingoiare miliardi come noccioline. Ecco il painting partenopeo, fra pizze, mandolini & tric trac: “Napoli, un museo sotterraneo con oltre 200 opere: le fermate della linea 1 a cura di designer e artisti come Dominique Perrault, Alvaro Siza e Karim Rashid”.
Peccato che, sbarcato da Marte, esplorator Bucci dimentichi per strada qualche altro elemento prezioso alla conoscenza dei lettori sui capolavori svelati: le due linee metrò, quella di Roma e ancor più quella di Napoli, sono il più colossale Monumento alla Corruzione dell’Italia contemporanea, racchiudendo fra rotaie, scambi, semafori & traversine il fior fiore del manuale del perfetto saccheggiatore dell’erario pubblico. Varianti a go go, revisioni prezzi, appalti alle solite star del mattone, subappalti a strafottere e spesso a imprese non proprio immacolate, controllori che non controllano e prezzi finali alle stelle. Lo stesso copione messo in scena (o in tragica sceneggiata) per Alta velocità, terremoti & solite emergenze.
Tra i 150 e i 170 milioni di euro a chilometro per la metro capitolina, il doppio per quella napoletana.
Mentre, per fare un solo raffronto europeo, il tunnel sotto la Manica, forse leggermente più complicato per via di mare & onde, è costato ‘appena’ 100 milioni a chilometro.
SCEMPI VESUVIANI
Eppure che succede? Le stelle stanno a guardare. La procura romana guidata da Giuseppe Pignatone, infatti, a quanto pare gira e rigira i pollici; quella napoletana è ora vacante (l’ex procuratore capo Giovanni Colangelo non è stato prorogato e si è in attesa del nuovo sbarco, in pole position il renziano Giovanni Melillo – attuale capo di gabinetto al ministero della Giustizia – outsider il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho) ma ugualmente dormiente; l’Anac di Raffaele Cantone ha elaborato un documento sul solo metrò di Roma, dimenticando del tutto quello partenopeo: come se non esistesse.
“Mentre quello di Napoli – ha più volte osservato il geologo Riccardo Caniparoli, il maggior conoscitore del ventre napoletano – è davverso una sagra e saga dell’errore e dell’orrore”.
Dai primi appalti e subappalti, finiti in quel lontano 1976 addirittura alle ruspe dei ruspanti Casalesi, clan capeggiato dal rampante Michele Zagaria, ai primi progetti mai esistiti e l’acquisto di una tesi di laurea sul sottosuolo servita come start, al via dei lavori senza lo straccio di una VIA (la Valutazione d’Impatto Ambientale necessaria anche per aprire un garage), poi i primi veri progetti firmati dalla Rocksoil della famiglia Lunardi (ricordate il ministro berlusconiano delle Infastrutture Pietro Lunardi secondo cui la convivenza con le mafie è del tutto naturale, fisiologica?), quindi la catena di appalti e subappalti con star nazionali come la Vianini dei Caltagirone e la parmense Pizzarotti autrice dello scempio di piazza Garibaldi.
Fino all’ultima sorpresa pasquale: il sottosuolo metropolitano, dove corrono chilometri e chilometri di rotaie, è pieno di radon, un gas non proprio salubre, caratteristico delle zone tufacee come è notoriamente quella partenopea. “Visto che i sistemi di sicurezza non sono proprio al top – denuncia Caniparoli – i napoletani sono davvero ben combinati. Un calore infernale d’estate, gelo d’inverno e piogge che sommergono i convogli e fanno andare tutto in tilt con gravi rischi per l’incolumità. Adesso ci mancava solo il radon”.
Per conoscere fino in fondo la sfilza di Corruzioni & Scempi che hanno contrassegnato le due vicende, più in particolare quella napoletana, date un’occhiata a inchieste e articoli che potete leggere cliccando sui link in basso.
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