ANTIMAFIA NEL PALLONE / TUTTI GLI AUTOGOL DI ROSY BINDI & C. DA PANTANI A SCHWAZER

Antimafia nel pallone. Storicamente inutile come organismo nell contrasto ai crimini di tutte delinquenze organizzate, per rifarsi il look la commissione presieduta dall’immarcescibile Rosy Bindi – tra le più longeve creature parlamentari – ha deciso di darsi al football, al ciclismo e all’atletica. Manca solo l’ippica e poi il circo è completo. Nel mirino, infatti, non solo il caso Juve con biglietti & abbonamenti in odore di ‘ndrine, ma anche il giallo Pantani e il caso Schwazer, due vicende che, per un verso o per l’altro, gridano “giustizia”, una giustizia finora negata e che rischia di farsi Barnum tra le sgangherate fila della commissione antimafia.

LA COMMISSIONE OMEOPATICA

Giuseppe Pecoraro. In apertura Rosy Bindi. Sullo sfondo Alex Schwarzer e Marco Pantani

Giuseppe Pecoraro. In apertura Rosy Bindi. Sullo sfondo Alex Schwarzer e Marco Pantani

Una commissione, val la pena di ricordare, che non è mai riuscita a cavare un ragno dal buco. Popolata spesso e volentieri da politici in forte odore mafioso, forse per una sana cura omeopatica, perfino gli scranni parlamentari ricordano la presenza di ‘O ministro Paolo Cirino Pomicino tra le sue fila, o di mister Centomila Alfredo Vito, ‘a cavalletta secondo la azzeccata etichetta affibbiatagli nella prima Tangentopoli partenopea da Alfredo Romeo. E ricordano ancora – quegli scranni – le celebri relazioni di minoranza, rare perle nei deserti dell’antrimafia non parolaia né da parata, come ad esempio quella sulle prime denunce di infiltrazioni mafiose nella TAV, prestigioso relatore, appunto di minoranza, Ferdinando Imposimato: un’impietosa radiografia (nel 1995) rimasta negli annali, capace di prevedere quel che poi sarebbe successo (tanto che qualche anno dopo, 1999, Imposimato e Sandro Provvisionato scrivono “Corruzione ad Alta Velocità”), mentre la maggioranza varava la solita relazione secondo la quale la mafia, in sostanza, non esiste, è solo un’invenzione di giornalisti pazzi e parlamentari eternamente contro (oggi i 5 Stelle).

Ma torniamo a bomba, ossia alle nuove performarnce sportive di Bindi, Fava & C. Ultima chicca l’entrata in campo per la vicenda pallonara Juve – ‘Ndrangheta, con un’inchiesta condotta dal procuratore federale, Giuseppe Pecoraro, che fa acqua da tutte le parti.

Pecoraro chi? Si tratta dell’ex prefetto di Roma, di cui la Voce ha avuto modo di occuparsi in un paio di inchieste sui prefetti di casa nostra, spesso e volentieri personaggi opachi. Proprio come Pecoraro, il quale – così documentò la Voce – faceva segnare la sua amichevole presenza in alcuni contesti border line. Per fare un solo esempio la società partenopea EP, capace di razzolare appalti nel ricco mondo della ristorazioni per vip ed enti pubblici, e con un pedigree non proprio cristallino. Anzi.

E Pecoraro, invece di andare ad occupare una comoda poltrona ai giardinetti comunali, è oggi procuratore federale: ossia il gran Moralizzatore delle già marce vicende pallonare nostrane.

Nota un procuratore sportivo che ne ha viste di tutti i colori: “Lo sanno anche i bambini che da trent’anni e passa il tifo ultrà è il convitato di pietra per tutte le società, costrette a scendere a patti a botte di biglietti, abbonamenti, trasferte pagate e non solo. Succedeva ai tempi del Napoli di Maradona, è successo in modo clamoroso con gli scudetti venduti per le puntate da brivido della camorra, continua a succedere oggi. E da notare che il legame tra tifo ultrà, destra nazi e soprattutto le mafie si è consolidato negli anni”.

E poi: “ma vi figurate che gli Agnelli si mettono a fare affari, coi miliardi che hanno, con i bagarinaggi? Accettano uno stato di cose, che va bene a tutte le società. Il calcio, come tutto lo sport ormai, è marcio fino in fondo, per il doping vero e proprio, per il doping amministrativo, e soprattutto per le scommesse mafiose. Se si ignora questo è la solita sceneggiata”.

Carlo Tavecchio

Carlo Tavecchio

27 marzo, il presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio, quello di Optì-Pogbà e dei calciatori  ‘neri’ che inghiottono banane, ha dichiarato alle folle: “per quanto riguarda le problematiche in collegamento con la Commissione antimafia io andrò se convocato: noi siamo rispettosi delle istituzioni”. Così batte l’Ansa che aggiunge: “Lo ha detto Tavecchio rispondendo ad una domanda dopo le dichiarazioni del direttore generale (della stessa Federlcalcio, ndr) Michele Uva e la risposta della presidente Rosy Bindi. Siamo in sintonia con quello che l’Antimafia ha già deliberato – aggiunge Tavecchio – la forza di un presidente federale è di non conoscere la porta di accesso della Procura federale: se mi chiedete come si fa ad andare dal procuratore, non vi so accompagnare. Quindi – conclude – quando la questione rigurda la Procura, il presidente federale è uno spettatore come voi”.

DON CIOTTI E LE CARIATIDI

Trova il tempo per intervenire nel dibattito l’onnipresente Don Luigi Ciotti, numero uno di Libera: “Le parole di Michele Uva? L’Antimafia ha il dovere di verificare tutte le piste, credo che c’è anche il dovere delle varie società di collaborare alla ricerca della verità, costi quel che costi. Mi auguro – continua il sacerdote – che si possano sempre dimostrare cose positive, noi ringraziamo la Commissione che sta lavorando per far chiarezza nei vari contesti, se così è. Solo collaborando si costruiscono percorsi di giustizia, non dobbiamo temere la verità”. E’ la risposta dell’alto prelato allo stesso Uva che – scrive l’Ansa – “aveva etichettato l’inchiesta dell’Antimafia un ‘processo mediatico’”. Sottolina Ciotti (il vertice di Libera, non l’indimenticabile radiocronista): “Se una Commissione Antimafia chiede, si risponde a testa alta”. Boh.

di lello

Angelo Attaguile. Accanto, Marco Di Lello

Angelo Attaguile. Accanto, Marco Di Lello

Ma eccoci al cuore del tema. Entriamo perciò dentro il neo comitato “Mafia e manifestazioni sportive”, fresco germoglio partorito dalla Commissione per inventare due poltrone da assegnare a due Nessuno, ossia Marco Di Lello, una vita tra parlamento e Regione Campania, cariatide nel mausoleo prima Psi, poi Sdi e cascami al seguito, e Angelo Attaguile, altro ectopalsma stavolta di stampo democristiano e altri cascami della più varia foggia. Ecco un dispaccio d’agenzia del 26 gennaio 2017: “Si è riunito oggi il IX Comitato ‘Mafia e manifestazioni sportive‘ coordinato dagli onorevoli Marco Di Lello e Angelo Attaguile, al quale la Commissione Antimafia ha delegato il tema della infiltrazione della criminalità organizzata di tipo mafioso nel calcio professionistico di Serie A, Serie B e Lega Pro. Il comitato sentirà in audizione congiunta il presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio (il già visto Tavecchio, ndr) e i presidenti della Lega di Serie A, Serie B, Lega Pro, oltre al presidente dell’Associazione italiana calciatori (Aic). Il comitato ha fatto sapere che si occuperà anche di ‘un approfondimento’ sulla morte del ciclista Marco Pantani”.

Un approfondimento? Una ricognizioncella? Una sedutina? Un’audizionucola? Con ogni probabilità Di Lello, Attaguile e – purtroppo – la stessa Bindy fanno fatica a distinguere tra un pizzo e un pizzino, farebbero meglio a togliere il disturbo ed evitarsi figuracce cosmiche.

Sanno o no, i due/tre, che il caso Pantani è una delle più colossali vergogne partitote dalla giusitizia di casa nostra? La Voce ne ha scritto più e più volte, documentando colossali errori, orrori, depistaggi, omissioni e i più sconvolgenti stravolgimenti della verità. Ora basta lo ‘stupore’ del signor Attaguile & C. per risolvere il caso? L’unica risposta, a lorsignori, la può dare Totò: ma ci facciano il piacere. E si rileggano l’agghiacciante film della Pantani story (vedi link in basso).

IL GIALLO PANTANI, ANOMALIA PER ANOMALIA

Sintetizzando le ultime. La vicenda ha due scenari: la tappa taroccata a Madonna di Campiglio del 1999, che significò l’inizio della fine del pirata; e la tragica fine, 5 anni dopo, il giorno di san Valentino del 2004, nel residence Le Rose di Rimini, dove Marco venne fatto fuori, imbottendolo di coca fino a fargli esplodere il cuore.

Renato Vallanzasca

Renato Vallanzasca

Sulla prima vicenda è andata avanti per anni un’inchiesta condotta dalla procura di Forlì: una autentica saga dell’orrore. E far aprire le indagini una verbalizzazione di Renato Vallanzasca che riferì di alcuni colloqui avuti in galera con un guappo di peso che gli aveva raccontato per filo e per segno la combine camorristica per far perdere il giro al Pirata, alterando il suo ematrocrito con la ‘compiacenza’ (leggi minacce) degli analisti, mentre il capo dell’equipe, un medico olandese Wim Jeremiasse, dopo pochi mesi perdeva la vita in un incredibile incidente d’auto su un lago ghiacciato austriaco.

“Lo capisce anche un bambino – commenta un avvocato partenopeo – che la camorra è intervenuta perchè aveva scommesso milionate di euro sulla sconfitta di Pantani al Giro, ‘o pelato non arriva a Milano, come dicevano negli ambienti delle scommesse. Ma cosa ha fatto la procura di Forlì? Invece di trasmettere tutti gli atti a Napoli, dove c’erano già parecchi elementi acquisiti, s’è tenuta il fascicolo, per archiviarlo in tutta tranquillità. Mo’ ci vuole: a Forlì non sanno nemmeno cosa sono le intimidazioni mafiose, forse le hanno viste solo guardando Gomorra alla tivvù”.

L'avvocato Antonio De Rensis

L’avvocato Antonio De Rensis

Una corposa memoria difensiva del legale della famiglia Pantani, Antonio De Rensis, si oppone all’archiviazione. Ed è stata presentata a settembre 2016. Ma cosa è successo? Invece di pronunciarsi con un minimo di speditezza, le toghe romane della Cassazione hanno pensato bene di rifletterci un po’ sopra e si sono date tempo un anno, 19 settembre 2017, giorno di San Gennaro dei miracoli, per convocare una comoda seduta e caso mai sognarsi di dare una risposta! Ai confini delle realtà.

E ancor più paradossale – se si può – la seconda storia. Ossia l’assassinio di Marco, ormai un cold case con 100 e passa anomalie al seguito. Tante ne ha documentate l’avvocato De Renzi: dagli evidenti segni di ferite sul corpo del campione, nonché quelli di trascinamento del corpo, al mobilio distrutto, dai giubbotti fantasma agli altrettanto misteriosi coni Algida trovati sul luogo del delitto., fino alle 12 ore trascorse tra il primo sos lanciato da Marco e l’arrivo dei soccorsi. Eppure, secondo gli inquirenti forlivesi, trattasi di suicidio, non ci sono prove di altro. Val la pena di ri-leggere l’inchiesta della Voce sulle 100 anomalie per capire il comatoso stato della giustizia di casa nostra.

E adesso arrivano gli stupori dei commissari, i loro “ohibò”, e la necessità di un “approfondimento”…

 

QUELLE PROVETTE CHE TERRORIZZANO LA IAAF

Ugualmente ai confini della realtà l’altra storia in cui il prezzemolo dell’antimafia di Palazzo ha cercato di infilarsi. Tanto per darsi un tono. E giustificare la sua esistenza.

Succede a luglio dello scorso anno, quando prima di indossare il bikini Rosy Bindi decide di convocare il preparatore atletico di Alex Schwazer, Sandro Donati, l’uomo che da trent’anni e passa è in prima linea per denunciare usi, traffici & abusi del doping nello sport e soprattutto le altissime connivenza di organi & organismi che dovrebbero controllare e invece sono collusi, in prima fila la IAAF, vale a dire la Federazione Internazionale di Atletica. Che entra in tackle scivolato, ora, nella Schwazer story.

Sandro Donati

Sandro Donati

Al centro del giallo anche stavolta le provette con le urine prelevate al marciatore e costategli una squalifica salatissima. A gennaio il gip del tribunale di Bolzano, dove si sta svolgendo il processo, ha ordinato al laboratorio di Colonia – presso cui sono custodite le provette con il campione  – di consegnarle al Ris di Parma affinchè venga fatta la prova finale, quella decisiva, sul DNA. Ma la solita IAAF si oppone e chiede che tutto resti a Colonia o, al massimo la prova del DNA si svolga presso un laboratorio accreditato presso la Wada, ossia l’organismo internazionale che dovrebbe vigiliare sul doping e invece chude gli occhi: anzi è complice di chi dopa le gare, come è successo in modo clamoroso alle ultime Olimpiadi di Rio.

Un docufilm franco tedesco, mandato in onda a fine 2016, ha dimostrato in modo inoppugnabile il coinvolgimento del numero uno di Wada Craig Reedie e del suo vice, nemico storico di Donati, l’ammazza doping. E un altro giornalista tedesco oggi denuncia: “Ho chiesto ai medici del laboratorio di Colonia perchè si oppongono al rilascio del campione e venga esaminato dal Ris di Parma. Mi hanno risposto che loro non hanno alcun problema, perchè è la IAAF ad opporsi. Quelli della Iaaf sostengono che il Ris non è affidabile, perchè è composto di carabinieri. E Alex Schwazer è un carabiniere”.

O meglio, lo era. Perchè la Benemerita lo ha costretto al congedo, appena sono rimbalzate le prime notizie sul doping. Quindi – fanno sapere negli ambienti sportivi – altro che protezione: i carabinieri hanno letteralmente scaricato Schwazer, lasciandolo solo al suo destino.

Ma cosa potrà succedere ora? Ce lo spiega un altro cronista altoatesino: “la palla ora sta al giudice di Colonia. Che ha ricevuto tutti i materiali del caso per poter decidere. Ossia la rogatoria con la precisa richiesta del gip Pelino del tribunale di Bolzano, con la quale si richiede la consegna del campione di urine. La memoria difensiva dell’avvocato di Schwazer e le memorie della Iaaf che contestano la consegna e vogliono che tutto sia svolto sotto il controllo dell’amica Wada. La Iaaf  ha una paura matta della prova finale del DNA perchè sanno bene che a quel punto salta fuori la verità, e cioè che quel campione è stato contraffatto nella finestra di 24 ore lasciata libera il 1 gennaio, quel maledetto primo dell’anno scelto apposta perchè in quelle 24 ore tutto fosse possibile”. E cioè, facilmente manipolabile.

Ma cosa c’entra, tornando a bomba, l’Antimafia? C’entra perchè a luglio 2016 Bindi & C. convocano in fretta e furia Donati, dopo aver letto sui giornali delle minacce ricevute dal preparatore atletico di Alex.

Ecco cosa scrive la Voce in una lunga inchiesta – che potete leggere cliccando in basso – di gennaio 2017. “A fine aprile 2016 Donati riceve una mail poco rassicurante, inviata da una sedicente Maria Zamora: ‘c’è un accademico tedesco che ti accusa di essere al servizio dei russi – è la sostanza del messaggio – e tu sei in contatto con un agente russo’. Il tutto si chiudeva con una richiesta di 3 mila euro. Un avvertimento. Donati a luglio viene convocato dalla commissione parlamentare Antimafia, i giornali ne parlano, ma tutto finisce lì. L’Antimafia non si fa più sentire”.

Sono trascorsi altri mesi e dall’Antimafia nessuno segnale. Già, ma sono impegnati con il caso Pantani. Oppure con i bagarini delle scuderie Agnelli…

 

 

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