“Corrompete, corrompete, qualcosa resterà”

Si è svolto ieri il Forum Legalità e Cultura dell’Etica organizzato dal Rotary presso il Comando Generale della Guardia di Finanza al quale Oliviero Beha ha fatto pervenire il seguente messaggio:

Corrompete, corrompete, qualcosa resterà
Mi dispiace moltissimo di non poter essere presente a quest’importante incontro cui tenevo davvero. Ma le ragioni del mio impedimento sono di forza maggiore, ed in qualche modo hanno a che vedere con la corruzione, tema della giornata. Intendo però la corruzione dei tessuti, un problema di salute, insomma qualcosa di naturale, normale ancorché deprecabile se non altro perché mi impedisce di essere con voi. Ma questo è esattamente il punto di partenza di tutto il discorso, soprattutto fatto ad un giovane che si affaccia alla vita sociale, a scuola, nel tempo libero, magari già nel lavoro (raro). A cui ho dedicato il mio ultimo libro “Mio nipote nella giungla. Tutto ciò che lo attende (nel caso fosse onesto)”.

Mentre il corrompersi della salute nel tempo è qualcosa di logico, accettabile, contrastabile clinicamente sempre di più e sempre meglio, il corrompersi del tessuto collettivo ed individuale del consorzio umano è qualcosa di bestiale che finisce per rovinare complessivamente la società. Non intendo con questo rubare il mestiere a Cantone o agli altri illustri deputati alla materia se dico che c’è un problema che preesiste alla corruzione come reato, alla concussione composita, alla “dazione ambientale” dipietresca di un quarto di secolo fa. C’è qualcosa che ha a che fare con la vita interiore dell’individuo e la corrompe ancora prima di uscire allo scoperto nei comportamenti che finiscono o non finiscono in un aula di Giustizia. Voglio dire che o pensiamo che l’umanità fin dai suoi germi iniziali porti con sé semi di corruzione e sia normale corrompere ed essere corrotti e “strano”, anomalo, illogico non farlo o non esserlo, e allora tutta la storia è fatta di corruzione con le sue dosi e le sue pause. Oppure non si nasce corrotti e lo si diventa. In questo secondo probabile caso gli agenti esterni intervengono tremendamente sugli individui e le collettività fino al punto di dissimulare il criterio che “la corruzione non è normale”. Dovrebbero agire contemporaneamente fattori morali ed etici all’interno della persona a partire dalla giovane età e i comportamenti delinquenziali essere stoppati con maggiore efficacia sul piano del rispetto della legalità che resta necessaria ma non sufficiente, e non è merce contraria all’illegalità. La legalità è un vestito, ben tagliato oppure da sistemare. Dentro ci sono i soggetti ed i modelli. Questi ultimi vanno ricercati fra coloro che campeggiano pubblicamente sulla scena italiana ed internazionale. Il loro esempio, politico, imprenditoriale, bancario è per lo più scandaloso e questo diventa un alibi gigantesco per la società a terrazze che li segue. Solo una forte operazione rieducativa che metta al bando il concetto di corruzione “normale” ricominciando a potenziare il criterio della “reputazione”, cioè dei motivi per cui si gode della stima degli altri che oggi appaiono totalmente rovesciati, in una con compagne continue per la legalità, possono dare una svolta ad una situazione molto compromessa. In cui alla fine, anche se non se ne rendono conto corruttori e corrotti, ci perdono anche loro. Non vivono sulla luna, ma ne hanno perso consapevolezza. Questo mi sentivo di dirvi succintamente per iscritto non potendo farlo direttamente con la mia voce.


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