15 marzo, seconda condanna a carico di Nicola Cosentino, stavolta per il business delle pompe di benzina in Campania.
La prima condanna a novembre scorso, associazione mafiosa (e siamo sempre al primo grado di giudizio), 9 anni di reclusione. Più mite la seconda, 7 anni.
Sono trascorsi circa 2 anni e mezzo dall’arresto e dal sequestro di tutti gli impianti, stazioni di servizio e pompe, avvenuto il 22 dicembre del 2014.
E risale ad aprile 2010, quindi ben 7 anni fa, l’inchiesta della Voce che accendeva per la prima volta i riflettori su quel maxi business, un vero monopolio della distrubuzione dei carburanti in Camapnia e anche nel Basso Lazio, appena insidiato da alcuni impianti di proprietà della famiglia De Mita (come la maxi stazione a Teano).
Un numero profetico, quello della Voce, visto che in copertina veniva richiamata un’altra vicenda, già allora calda (e siamo nel 2010): il super Global Service vinto da Alfredo Romeo per la faraonica sede dell’AGCOM, l’autorità garante per le telecomunicaizoni, al centro direzionale di Napoli: in un grattacielo di proprietà Caltagirone.
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