Non solo Lotti. Rassegnerà le dimissioni, nell’Armata Brancaleone del governo Renzi prima e ora dell’esecutivo Gentiloni, il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini?
La fresca retata che ha portato in galera una settantina di colletti bianchi orbitanti intorno al clan dei Casalesi non cade dall’albero come un precoce frutto di primavera. È di 2 anni e passa fa, infatti, l’inchiesta Medea, portata avanti dagli stessi quattro 4 della Direzione distrettuale antimafia (Maurizio Giordano, Catello Maresca, Luigi Landolfi e Gloria Sanseverino), coordinati dallo stesso procuratore aggiunto (Giuseppe Borrelli) e già allora riguardante gli stessi protagonisti, con qualche piccola eccezione e alcuni nuovi nomi, frutto delle ulteriori indagini.
E c’era dentro fino al collo proprio Alice Franceschini. Il quale non poteva non sapere. Vediamo in che modo.
ALICE FRANCESCHINI TRA I LUPI CASALESI
Il ministro della Cultura, però, non è neanche sfiorato – per ora – dall’inchiesta. Quando è palese che quanto meno “non poteva non sapere”, come parecchi sottolineano al palazzo di giustizia partenopeo.
Ad un question time di ottobre 2015, quindi circa un anno e mezzo fa, gli vennero posti dei precisi interrogativi e lui non fu in grado neanche di abbozzare una risposta, biascicando qualche frase incomprensibile e addirittura – in tilt – chiamando l’Anac, ossia l’Autorità Anticorruzione guidata da Raffele Cantone, Arac!
Il parlamentare 5 Stelle Luigi Gallo, infatti, gli aveva chiesto lumi sulle infiltrazioni del clan dei Casalesi – il particolare la potente ala che fa riferimento a Michele Zagaria – in una sfilza di appalti “che vanno dai lavori a Pompei a quelli per villa Adriana a Tivoli, dal Mattatoio di Roma alla Villa Borbonica di Portici e il Bosco di Capodimonte a Napoli, dall’alta velocità in val di Susa alla linea 4 del metrò milanese”. Un bel mix arcimilionario.
Così scriveva la Voce in un’inchiesta dell’11 ottobre 2015, titolata “Franceschini nel paese della meraviglie. E delle mafie che non conosce, da Pompei a Milano fino alla Val di Susa”.
“Ha fatto riferimento, Gallo, all’operazione Medea che la DDA di Napoli sta portando avanti da mesi. Pesantissime le imputazioni scaturite dal secondo filone investigativo di Medea, corruzione e turbativa d’asta con l’aggravante del metodo camorristico. In prima fila, l’impresa Lande srl, secondo gli inquirenti riconducibile ai Casalesi; e a livello politico Pasquale Sommese, ex potente assessore regionale nella giunta Caldoro e ora consigliere regionale NCD a palazzo Santa Lucia. ‘Vogliamo che venga verificata la regolarità degli affidamenti con un apposito nucleo ispettivo’, ha chiesto Gallo. E nello specifico: ‘nel caso in cui la Lande dovesse essere coinvolta in altri scandali, considereremo il ministro Franceschini politicamente responsabile e ne chiederemo le dimissioni. Così come è successo con Lupi’, l’ex titolare delle Infrastrutture travolto dallo scandalo dei Grandi Appalti taroccati, a partire dalla Tav”.
E così come adesso succede con il braccio di destro dell’ex premier, il ministro dello Sport Luca Lotti, di cui i 5 Stelle hanno appena chiesto, ovviamente senza successo visti i numeri blindati della brancaleonica maggioranza, l’impeachment.
Che farà adesso Franceschini dopo il ciclone scatenato da quella sempre fastidiosa procura di Napoli, il cui capo, Giovanni Colangelo, non è stato prorogato nell’incarico per un preciso niet renziano e sta imboccando in questi giorni la via della pensione?
OHIBO’, C’E’ ANCHE IL BANCHIERE DELL’OPUS DEI
Veniamo alle new entry dell’inchiesta che ha portato a una settantina di misure cautelari, praticamente fifty fifty tra galera e domiciliari.
Tre i pezzi da novanta che fanno il loro ingresso a vele spiegate nel “Sistema La Regina”, il “vasto giro di corruzione” che prende il nome dal professionista (Guglielmo La Regina) già in precedenza coinvolto nello scandalo del restauro di un palazzo storico, Teti Maffuccini, e titolare della dinamicissima Archicons srl, la sigla di restauro & progettazioni germogliata nei feudi dei Casalesi, in quel di Casal di Principe.
Ai domiciliari Adele Campanelli, dal 2010 al timone della Sovrintendenza Archeologica di Napoli e Caserta, e fresca di una nuova nomina al vertice del Parco Archeologico dei Campi Flegrei.
Altro vip il presidente della Fondazione Banco di Napoli – non una piccola cassa rurale ma fino a ‘ieri’ il maggiore istituto di credito del Mezzogiorno – il quarantaduenne Daniele Marrama, figlio dell’economista Roberto Marrama, già ai vertici della stessa azienda di credito, fondatore dell’Opus Dei a Napoli e amico storico di ‘O ministro Paolo Cirino Pomicino.
Terzo papavero Andrea Rea, ex presidente della Mostra d’Oltremare, l’immenso polo fieristico nell’area ovest di Napoli, vis a vis con lo stadio San Paolo, proprio in questi giorni al centro di un intenso dibattito culturale dopo le ‘provocazioni’ lanciate dall’urbanista Gerardo Mazziotti.
Altri pesci grossi super-riconfermati nell’inchiesta, a cominciare dal potente ex assessore demitiano e ora ras NCD con la maglietta di consigliere a Santa Lucia nell’era del Governatore Vincenzo De Luca, ossia Pasquale Sommese (cui tiene compagnia un altro Sommese, l’avellinese Antonio, detto Antonello).
Mentre qualcuno a quanto pare sparisce dalle carte giudiziarie: come l’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere Biagio Di Muro, figlio del ras degli Dc anni ’80, Nicola Di Muro.
Per completezza d’informazione ripubblichiamo integralmente a seguire l’inchiesta della Voce di ottobre 2015.
Che si concludeva con queste parole: “Ma tutte queste cose ‘Alice’ Franceschini non le sa”….
Non le sa?
L’INCHIESTA DI OTTOBRE 2011
FRANCESCHINI NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE. E DELLE MAFIE CHE NON CONOSCE, DA POMPEI A MILANO FINO ALLA VAL DI SUSA
Marziani in visita a Roma. Non solo il sindaco-viaggiatore Ignazio Marino che sta per ufficializzare le sue dimissioni (più appendice da 20 tormentosi giorni), ma ora anche il ministro della Cultura (sic) Dario Franceschini. Hanno lasciato sbigottiti, infatti, le sue (non) risposte al question time del 7 ottobre alla Camera: frasi affastellate e biascicate, un farfurgliare in cui l’Anac, ossia l’autorità anticorruzione, si trasforma in Arac. E pensare che l’argomento era da non poco, suscitato da una precisa domanda del parlamentare dei Cinquestelle Luigi Gallo: al centro, le possibili, pesanti infiltrazioni del clan dei Casalesi in una sfilza di appalti, che vanno dai lavori per Pompei a quelli di Villa Adriana a Tivoli, dal Mattatoio di Roma alla Villa Borbonica di Portici e il Bosco di Capodimonte a Napoli, dall’alta velocità in Val di Susa alla linea 4 del Metrò milanese.
Ha fatto riferimento, Gallo, a un’operazione – Medea – che la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli sta portando avanti da mesi. Pesantissime le imputazioni scaturite dal secondo filone investigativo, corruzione e turbativa d’asta con l’aggravante del metodo camorristico. In prima fila, l’impresa guidata da Marco Cascella, Lande srl, secondo gli inquirenti riconducibile ai Casalesi; e a livello politico Pasquale Sommese, ex potente assessore regionale nella giunta Caldoro e ora consigliere Ncd a palazzo Santa Lucia. “Vogliamo che venga verificata la regolarità degli affidamenti con un apposito nucleo ispettivo”, ha chiesto Gallo. E nello specifico: “nel caso in cui Lande dovesse essere coinvolta in altri scandali, considereremo il ministro Franceschini politicamente responsabile e ne chiederemo le dimissioni. Così come è successo con Lupi”, l’ex titolare delle infrastrutture travolto dallo scandalo dei Grandi appalti taroccati (a partire dalla Tav) made in Incalza.
Durissimi, i 5 Stelle, dopo il question time. “Nonostante sia in corso un’indagine sull’amministratore delegato di Lande srl, il ministro Franceschini ci dice che tutto va bene e che il Mibact sta effettuando tutti i controlli del caso. Rispetto ai gravi rilievi che abbiamo sollevato, Franceschini ha addotto giustificazioni assurde e prive di senso, nel momento in cui afferma che ‘tutti gli affidamenti nell’ambito del Grande Progetto Pompei sono avvenuti in data precedente alla conoscibilità delle indagini’. Pensiamo che per contrastare questi fenomeni dilaganti debba essere introdotto il Daspo per i corrotti, una nostra proposta già bocciata dal Pd in occasione del decreto Art Bonus che riproveremo a inserire nel disegno di legge sul codice degli appalti”. Tra l’altro Franceschini ha parlato solo del Progetto Pompei (“siamo in contatto continuo con il direttore generale”, “stiamo monitorando con grande attenzione Pompei”, abbiamo “attivato gruppi di lavoro sulla legalità”) e non ha fatto alcun cenno agli altri appalti, che riguardano il versante “ambientale” di tante opere pubbliche, come la metropolitana di Milano o i lavori per la Tav nella Valle.
Ed è proprio dai lavori per il Terzo Valico che sono arrivati, quasi due anni fa, ma del tutto ignorati dai media (come del resto ora, con un’operazione Medea da brividi e le altrettanto inquietanti minimizzazioni del ministro della Cultura), i primi allarmi. Ecco cosa veniva denunciato, a gennaio 2014, sul sito di controinformazione Notavterzovalico.it: “E’ opportuno che in un’opera pubblica come il Terzo Valico lavori una ditta facente parte di un Consorzio già all’attenzione della magistratura proprio per appalti pubblici macchiati da rapporti con la camorra? A cosa serve il tanto sbandierato protocollo di legalità se poi arrivano a lavorare sul territorio simili ditte? Non è forse l’ora che i prefetti di Alessandria e di Genova si sveglino? Noi sentiamo alzarsi sempre di più, ogni giorno che passa, una puzza nauseabonda attorno al Terzo Valico”.
Il riferimento giudiziario degli attivisti di Notavterzovalico era all’inchiesta della magistratura fiorentina sui Grandi appalti per il G8 della cricca, e alle indagini del Ros, dove emergeva un quadro già allora agghiacciante (e sono passati cinque anni). “Nel rapporto dei carabinieri vengono evidenziate le possibili connessioni di un Consorzio, lo Stabile Novus, che ha partecipato ad alcune gare e, attraverso una delle società, la Giardini e Paesaggi, si è aggiudicata la sistemazione delle aree verdi in occasione del G8. Annotano i carabinieri che amministratore dello Stabile Novus è Mario Buffardi, regista occulto è Antonio Di Nardo, al quale fanno capo la Soa e la Promocert. Di Nardo ha avuto rapporti di affari con Carmine Diana, legato a Francesco Bidognetti del clan dei Casalesi. La Soa ha rilasciato il certificato di attestazione alle seguenti imprese: Aerre Costruzioni srl il cui amministratore unico è Antonio D’Oriano, fratello di Vincenzo, ritenuto inserito nel clan camorrista di Ferdinando Cesarano, e alla Edrevea spa il cui socio Crescenzio Verde è stato arrestato e poi prosciolto ai sensi del 416 bis”. E sapete qual è, oggi, la nuova denominazione della “Giardini e Paesaggi”? Lande srl, costituita nel 2009, al timone sempre Marco Cascella.
Torniamo in Campania. Dove non c’è solo il caso Pompei, ma come radiografano i due filoni investigativi di Medea, un ben consolidato sistema corruttivo pro Casalesi progettato e costruito in ogni dettaglio. Sottolinea un vecchio dirigente di Santa Lucia: “Ne ho viste tante, ma questa è una delle più riuscite. La perfetta triangolazione tra Regione, imprese e studi professionali, camorra. Mazzette in cambio di appalti, in grado di veicolare una ingente quantità di fondi pubblici e basandosi spesso e volentieri su progetti fasulli, taroccati o del tutto inesistenti, e su un mare di fatture false. Gli appalti riguardano soprattutto lavori urbanistici oppure restauri di antichi complessi o edifici. I politici sono fondamentali in queste operazioni, siano essi sindaci che consiglieri regionali o comunque dirigenti e funzionari pubblici”.
Ma vediamo i protagonisti dell’affaire. Tra i 19 indagati della tornata di fine luglio targata Medea (impegnato un pool di ben 4 magistrati: Alessandro D’Alessio, Maurizio Giordano, Luigi Landolfi e Giulia Sanseverino, coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli), in prima fila l’ex assessore e ora consigliere regionale Pasquale Sommese, che inaugura il suo divertente sito con un “Piacere, Pasquale” dal quale apprendiamo i suoi natali in un antico comune dell’hinterland partenopeo, Cimitile, “a pochi metri dalle Basiliche Paleocristiane, e vivo qui, dove dalle radici della mia terra e nel mio territorio traggo forza e ispirazione quotidiana. La mia passione politica è sempre stata animata dai valori cristiani di umiltà e di rispetto verso il prossimo”. Seguono a ruota un altro Sommese, Antonio, suo stretto collaboratore; dagli staff di Santa Lucia proviene anche Alessandro Gentile. Eccoci poi ai sindaci di Santa Maria Capua Vetere, Biagio Di Muro (una dinasty che governa da trent’anni nella cittadina), di Riardo, Nicola D’Ovidio; quindi Roberto Di Tommaso (ufficio lavori pubblici sempre al comune di Santa Maria), Stefano D’Amico (ufficio tecnico lavori pubblici al comune di Francolise), Alfonso Setaro (settore tributi al comune di Casoria), Fabrizio Pepe (consorzio di bonifica Sannio Alifano). Quindi imprenditori e colletti bianchi: Loredana Di Giovanni, amministratore della Project Service srl (“la materiale erogatrice delle somme corruttive”, secondo i pm); Guglielmo La Regina, amministratore della Archicons srl che avrebbe svolto un ruolo base per gli appalti napoletani e casertani; gli imprenditori di Casal di Principe Mario Martinelli (M.March srl) e Antonio Bretto (Bretto opere stradali srl); il commercialista partenopeo Raffaele Capasso (Acd consulting srl), Giuseppe Cristiani al timone della Thermo Impianti srl. Poi l’architetto Claudio De Biasio, studio nel casertano, a Calvi Risorta: De Biasio ha ricoperto un ruolo da non poco, anni fa, come commissario per l’emergenza rifiuti in Campania. Ciliegina sulla torta – oltre all’amministratore di Lande Marco Cascella – è poi Alessandro Zagaria, “ritenuto esponente dell’omonimo clan dei Casalesi” e capace di svolgere un ruolo chiave, così descritto dagli inquirenti: “grazie ad un sistema di fatture false creato ad hoc da uno studio di progettistica, era lui a girare tangenti per esponenti politici, che ricambiavano veicolando commesse nella direzione giusta”.
Per finire, ecco una listarella campana delle commesse sotto inchiesta, tutte di sapore storico-artistico. Ironia della sorte, eccoci a un antico edificio proprio di Santa Maria Capua Vetere, palazzo Teti-Maffuccini, destinato a diventare (sic) “Polo della Cultura e della Legalità”. Passiamo a Riardo, terra di abbondanti acque minerali: qui sono in corso il consolidamento del Castello medioevale e l’allestimento di un nuovo campo sportivo. Siamo quindi a Piedimonte Matese, nell’alto casertano, dove sotto i riflettori ci sono gli appalti idrici del consorzio di bonifica Sannio-Alifano. Arriviamo nell’hinterland partenopeo, a Cicciano, dove fervono lavori per ristrutturare l’istituto scolastico E. Medi; quindi alla periferia industriale di Napoli, in uno dei comuni più popolosi, Casoria, con gru & ruspe impegnate per dar vita al Parco delle Arti.
Ma queste cose “Alice” Franceschini forse non le sa…
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2 pensieri riguardo “APPALTI AI CASALESI / IL MINISTRO DEI BENI CULTURALI DARIO FRANCESCHINI NON POTEVA NON SAPERE…”