Tutte le strade portano a Bocchino, Italo, il portavoce da 15 mila euro al mese di Alfredo Romeo. E al sua amico di una vita, Vincenzo Maria Greco, l’uomo ombra di ‘O ministro Paolo Cirino Pomicino. Da un incrocio di atti societari, visure e documenti giudiziari, salta fuori che la società che ha effettuato i lavori di rappezzo al ponte killer numero 167 lungo la A14 – uno dei circa 300 eseguiti chissà come in zona – ossia la Delabech, è legata a filo doppio a Impresa spa, la sigla partenopea finita in crac mentre stava portando avanti l’appalto per il tram veloce di Firenze, fortemente voluto dall’allora sindaco Matteo Renzi.
Delabech ha ricevuto l’appalto dalla pubblica Pavimental – controllata da Autostrade per l’Italia, il colosso che fa capo ad Atlantia del gruppo Benetton – non nuova nell’affidamento dei lavori in subappalto a società più che chiacchierate: come è successo con le sigle collegate al gruppo napoletano dei Vuolo, in forte odore di camorra.
Ma riavvolgiamo il nastro per districarci nel labirinto di società, affari, alte protezioni e mafie.
Ecco come scende dal pero – dopo la tragedia – Riccardo Bernabò Silorata, l’amministratore unico di Delabech in un’intervista concessa a Repubblica.
NEI SEGRETI DI DELABECH
“Guardi – esordisce il giglio candido – non mi faccia parlare. Sto leggendo tutto e il contrario di tutto, su questo incidente. Io credo al fatto che noi siamo un’azienda seria, che abbiamo tanti professionisti seri che lavorano per noi. Questo tipo di operazioni l’abbiamo fatto moltissime volte, siamo specializzati”. E ripete, come in un ossessivo ritornello: “Noi abbiamo eseguito un progetto. Le ripeto, noi abbiamo eseguito un progetto”. Boh.
Vediamo, dal canto nostro, cifre e dati incontestabili. Delabech è in vita da sei anni e mezzo, costituita a novembre 2010 da un grossetano, l’ingegnere e direttore dei lavori (anche per il cantiere sulla A14) Stefano Lazzerini, e una rampante professionista in rosa, Bruna Cacciapuoti, membro di Federmanager Roma e animatrice di Minerva, un’associazione di donne manager. Pochi anni di vita, per Delabech, ma un portafoglio lavori di tutto rispetto che riempie la bellezza di 17 pagine formato A4, circa 120 appalti da nord a sud della penisola nel variegato universo pubblico, parapubblico, locale e privato alle prese con autostrade, ponti, giunti & gallerie.
Sul ponte di comando, da qualche anno, Riccardo Bernabò Silorata. Che ha preso il posto di un altro ingegnere, napoletano come lui, Maurizio De Lieto, rampollo di un’antica dinasty di mattonari cresciuta rigogliosa all’ombra del Vesuvio (impegnati tra ruspe & cazzuole anche Fabrizio e Massimo). Lo stesso tandem per anni al timone di Impresa, la sigla bocchinian-pomicinina che ha raccolto l’eredità della regina del dopo terremoto, Icla, la creatura prediletta anni ’80 e ’90 di ‘O ministro.
In un lungo reportarge di sei anni fa esatti, marzo 2011, la Voce ha dettagliato le rocambolesche performance di Impresa, il cui nome faceva capolino in un corposo dossier confezionato dal Ros dei carabinieri per incarico della procura di Firenze, impegnata nella maxi inchiesta sugli appalti della Cricca, a botte di G8 e 150 anni dell’Unità d’Italia. Super impegnata in quei ghiotti appalti la fiorentina BTP, acronimo di Baldassimi-Tognozzi-Pontello, nelle grazie di Denis Verdini, oggi in prima fila nello scandalo Consip e amico del Bocchino.
Ecco cosa scriveva la Voce a proposito del tandem Silorata-De Lieto. “Direttore generale di Impresa spa è un alto esponente della ‘crema’ partenopea, l’ingegner Riccardo Bernabò Silorata, natali illustri nella famiglia del più celebre Mario Bernabò Silorata, massone, storico della letteratura. Altra discendente della dinasty è la giornalista di Repubblica Napoli Donatella Bernabò Silorata, dedita a visitare e illustrare sul quotidiano le magioni più chic dei notabili cittadini”. E poi, al fianco di Silorata, “il vipresedente Claudio Recchi e l’amministratore delegato Maurizio De Lieto, mentre la poltrona di amministratore delegato è appannaggio di Domenico Chieffo, napoletano, commercialista, uno dei ‘referenti abituali’ – così vengono definiti nel dossier del Ros – di Vincenzo Maria Greco. Anche Chieffo lo ritroviamo nel parterre societario del quotidiano il Roma”.
COMMERCIALISTI D’ORO
Un’allegra band di commercialisti & commercialiste al seguito del tandem Bocchino-Greco, impegnata in affari milionari sull’asse Napoli-Roma. Ad affincare il Chieffo, infatti, troviamo un altro super ragioniere, Francesco Ruscigno, “il commercalista del cuore, presente nell’organigramma delle Edizioni del Roma”, una delle tessere nel mosaico mediatico: seguono a ruota Valori Editoriali e Investimenti Editoriali, che ha guidato la cordata bocchiniana di free press E Polis finita in crac e passata dall’editore sardo Nichi Grauso a Marcello Dell’Utri infine all’ubiquo Bocchino.
Non solo Chieffo e Ruscigno, nel team: anche Alessandro Fiorentino, studio acquartierato in via dei Mille, la strada più chic di Napoli, e poi la dinasty dei Parisi (un poker, Alessandro, Andrea, Francesco e Michele). Senza dimenticare le quote rosa, come Claudia Leonardi e Teresa Gentile. Una presenza, quest’ultima, che conduce a Massimo Caputi, il big dei Fondi (prima Idea Fimit, poi Prelios e Feidos), nonchè nel salotto di Ingenium, la società incaricata di delicate perizie immobiliari livello nazionale e impelagata nel pasticciaccio brutto di via della Stamperia, quel palazzone romano dell’Ente nazionale degli Psicologi da 44 milioni che – grazie al sempre presente Denis Verdini – è passato al compagno di merende, il senatore Riccardo Conti che in una compravendita lampo ha guadagnato una decina di milioni di euro! Da rammentare che Caputi è storicamente legato a doppio filo con il trio Pomicino-Greco-Bocchino.
Ma torniamo a bomba. E cioè a Impresa. Che ha ereditato l’ex ricco portafoglio-ordini della fallita BTG, la storica impresa gigliata, compreso l’appalto più succulento, quello per la realizzazione del tram veloce che dal cuore di Firenze porta all’aeroporto di Peretola. Un appalto che ha procurato parecchi grattacapi e lune storte per l’ex premier Renzi, visto che da BTP è passato a Impresa e dopo l’ennesimo crac della story, quello di Impresa, è passato nella rete di Fincosit Grandi Lavori, l’altra regina dei lavori pubblici finita sotto i riflettori degli inquirenti per lo scandalo del Mose a Venezia. In galera prima e poi dimissionato il capo, ora il timone è nelle mani di uno che di Stato prima, parastato poi e oggi dei Fondi che dettano legge se ne intende, Vito Gamberale: in passato anche lui con il pallino di strade & autostrade.
TUTTI RICCHI & RABBIOSI
Non è certo finita. Perchè ora scopriamo gli eroi finiti in bancarotta (non loro, ma le imprese dalle quali hanno drenato milioni a palate, costati i domicialiari a Vincenzo Maria Greco & C., invischiati nel pasticcio di Impresa dal quale fino ad oggi – miracolosamente – è scampato il Bocchino), si sono dati una rinfrescatina e sono di nuovo in sella. Ad esempio con una sigla storica nel produttivo nord est, la bolzanina Giuseppe Rabbiosi spa, che anni fa venne acquisita da un colosso, anche internazionale, Torno, sul ponte di comando Giancarlo Elia Valori, il rivale di Licio Gelli per la poltrona di Venerabile a inizio anni ’80.
Cosa ha fatto Impresa? Un bel boccone di Torno, che in pancia aveva la Rabbiosi, la quale a sua volta portava con sé in dote una sfilza di appalti: a cominciare da quelli targati Consorzio Stabile T&T, in vita da una dozzina d’anni, composto dalla stessa Rabbiosi, da una certa Somma srl e dalla reginetta spagnola delle infrastrutture, Obrasco’n Huarte Lain S.A.: tra le pietanze più golose sul piatto i lavori per la tratta ferroviaria Caserta-Foggia assegnati da Italferr, un passato contrassegnato dai primi lavori dell’Alta Velocità, per la regia di ‘O ministro Pomicino e – guarda caso – di Vincenzo Maria Greco, anno di grazia 1993.
E chi saranno mai i coraggiosi condottieri di Rabbiosi and T&T? Ecco un altro trio d’attacco: alla presidenza Maurizio De Lieto, consiglieri Riccardo Bernabò Silorata e Domenico Chieffo, mentre nel collegio sindacale compare il nome di Teresa Gentile. I cerchi – come al solito – si chiudono…
TUTTI IN VUOLO
Torniamo ai mandanti. E alla Pavimental, costola pubblica del parastato che ha smistato in subappalto i lavori a Delabech.
Dice un funzionario del ministero per le Infrastrutture: “è da anni che i subappalti sono una giungla dove non c’è mercato, ma regnano la corruzione e le mafie. I carrozzoni come Autostrade per l’Italia, Autostrade Meridionali e Pavimental chiudono gli occhi davanti a ogni cosa e smistano senza fregarsene di ogni trasparenza i lavori. Così ad esempio è successo con le imprese che ruotano intorno al gruppo Vuolo da Castellammare di Stabia, che ne ha combinate di cotte e di crude. Riceve le commesse, risparmia con i lavoratori, proprio come è successo adesso con la Delabech che non ha operai ma prende romeni o extracomunitari alla faccia di tutte le legalità, utilizza materiali spesso scadenti e poi ti chiedi perchè i ponti e ponteggi crollano. Così è successo negli ultimi anni in un sacco di lavori in tutta Italia, ai caselli di Firenze Nord, a San Giovanni Valdarno, Capannori e Rosignano, poi a Cinisello Balsamo e Cherasco, fino a Santa Maria Capua Vetere. Cosa hanno fatto le tante procure che hanno aperto inchieste di cui nessuno conosce gli esiti? Ma ce lo mettiamo in testa che ci vogliono solo i morti per far parlare di tragedie stra-annunciate perchè tutti chiudono gli occhi su quei lavori e i controlli sono taroccati?”.
Un gruppo in volo, quello dei Vuolo da Castellammare. E un ex dirigente che tre anni fa esatti ha deciso di vuotare il sacco e collaborare con la giustizia, non potendone più di veder passare sotto il suo naso – caso mai per una firma o un visto – affari, truffe & patacche d’ogni specie. Si chiama Gennaro Ciliberto e in decine di denunce e verbali di interrogatorio – dal 2013 vive sotto scorta in località protetta – ha messo nero su bianco tutto quel che sa su Carpenfer (la società romana dove per anni ha lavorato), Ptam Costruzioni e APF Travi Elettrosaldate, il tris di sigle messe in campo dal gruppo Vuolo.
Ecco cosa hanno denunciato i 5 Stelle di Latina: “Gennaro Ciliberto è stato responsabile della sicurezza dei cantieri Carpenfer di Roma. Ha denunciato corruzione nell’aggiudicazione dei lavori, infiltrazioni mafiose e anomalie costruttive che hanno già causato gravi crolli e che tuttora costituiscono un grave pericolo per l’incolumità pubblica. Ciliberto ha fatto nomi e cognomi delle persone implicate denunciando il coinvolgimento della famiglia Vuolo legata al clan camorristico dei D’Alessandro di Castellammare di Stabia”.
Tra un paio di mesi Pomicino festeggia la sua sesta candelina come presidente della Tangenziale di Napoli spa. Su quella poltrona venne designato da Atlantis, la sigla che controlla Autostrade per l’Italia e Autostrade Meridionali, di cui ‘O ministro è vice presidente. Socio di riferimento di Atlantis è la famiglia Benetton. Atlantis controlla Pavimental. Che non controlla a chi assegna i suoi subappalti. O se lo fa è peggio.
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Un commento su “TUTTE LE STRADE PORTANO A BOCCHINO / E ADESSO ANCHE AL PONTE KILLER SULLA A14”