CAMPIDOGLIO / OUT BERDINI, TUTTI A TAVOLA. E FIORISCONO GLI SCOOP…

A Roma è iniziato il conto alla rovescia. Questione di ore e Paolo Berdini verrà dimissionato da Virginia Raggi o, più probabilmente, si dimissionerà da solo dopo la sceneggiata dell’intervista su cotte & passioni della sindaca.
Un autogol in perfetto stile Niccolai, quello dell’urbanistica, che si autoesclude in un momente clou della storica partita della Città-Stadio: nei supplementari, infatti, il professore si mette a torso nudo, butta la maglietta, sputa verso la panchina e si fa espellere dal campo. Come neanche un Primavera.
Esultano e fanno le capriole sugli spalti gli ultrà romanisti, ora con la casacca di griffata Parnasi, con altri due sponsor eccellenti al seguito, Unicredit e Prelios, rispettivamente la banca creditrice del gruppo Parsitalia e il Fondo creato dal magico trio d’attacco Caputi-Buaron-Conti, la CBC de noantri tutta dentro ‘o business.
Tira le somme, sul Corriere della Sera, Alessandro Trocino, sempre in pole position per fiocinare la giunta Raggi: “le obiezioni di Berdini su cubature e regole per il nuovo stadio erano sempre meno considerate in giunta e cresceva la voglia di scavalcarlo e dare il via libera al progetto”. Altra benzina sui fuochi del Campidoglio. Poi vaticina: “quando Berdini non ci sarà più, il Movimento e la giunta Raggi, a torto o a ragione, saranno più esposti all’accusa degli ortodossi di cedere alle ragioni dei costruttori e di chi vuole le grandi opere a Roma per fare affari”.

Il progetto del nuovo stadio. Nell'altra foto Paolo Berdini

Il progetto del nuovo stadio. Nell’altra foto Paolo Berdini

Agli scoop anti Raggi provvede il Maradona dell’Espresso, Emiliano Fittipaldi, che reduce dalla scoperte vaticane strada facendo perde il filo e cantilena la Campidoglio story, tappa per tappa. A cominciare dal primo calcio della Raggi al pallone, il curriculum presentato per la corsa alla poltronisisma di sindaco: con l’autogol della consulenza Asl non dichiarata e sparata da Marco Lillo sulla prima del Fatto a due giorni dal voto, il 17 giugno 2016. E l’Asl di Civitavecchia, per incanto, nel racconto di Fittipaldi trasloca di qualche chilometro, passando a Frosinone.
Infiorata dal corsivo firmato Marco Pacini titolato Il salto di qualità di Giggino ‘O statista (perfetta fusion tra ‘O Ministro Paolo Cirino Pomicino e Giggino ‘a Manetta, alias Luigi de Magistris) e dedicato a Luigi Di Maio, l’inchiesta corre veloce, proprio come la mitica Rossa, tra aggettivazione abbondante e ammiccante coreografia: come in una fiaba Virginia diventa l’eroina dalla faccia pulita, l’eroina senza macchia, i suoi fan si moltiplicano alla velocità della luce e oggi sfiorano gli 800 mila contatti. Mentre il tenebroso Giggino si trasforma in Luigino, finora rimasto nascosto dietro le quinte, il leader di Pomigliano d’Arco. I protagonisti del noir, dal canto loro, passano per Tor di Valle, inforcano due ronzini ed eccoci ai due cavalieri e consiglieri principali che entrano nel castello del Campidoglio, i due Rasputin che usano e abusano di una donzelletta che viene dalla campagna, ossia dal quartiere Ottavia e adesso in balia del gatto e la volpe, tra cui l’integerrimo Marra.
Tra omertà di ogni tipo e in mezzo a figuri che stanno zitti mentre altri tacciono fila via la story: o meglio, la soap, la commedia, il domino, le puntate, la sceneggiatura, lo show. E il finale coi tric trac: ora Di Maio fa addirittura una lista di proscrizione. Roba che nemmeno il peggior Berlusconi.
Dargli torto?


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