STADIO DI ROMA / LA GRIFFE DI PALLOTTA & C. NELL’INNO DEL CORSERA

Non c’è città senza stadio di proprietà. Questo il nuovo inno della Roma. Anzi del Corriere della Sera. Che con una sua special pen, Daniele Dallera, scopre che grandi squadre come la Juve ma anche piccine come l’Udinese – tanto per restare in bianconero – fanno la loro “felicità economica” proprio con un bell’impianto di proprietà. “Innovativo, polifunzionale, accogliente per le famiglie, un modello che sappia conquistare il mondo, che vada oltre i confini europei, assomigli ai templi dello sport americano”, è il dream romano a stelle e strisce.

Tutto da gustare, l’inno cantato da Dallara, pardòn Dallera. Rivolto subito a due benefattori della città eterna, il presidente della squadra giallorossa importato dagli States, James Pallotta, e il mattonaro Luca Parnasi, “decisi a passare dal pensiero all’azione”. Ma attaccati da quel lurido branco di 5 stelle pronti a “bloccare ogni investimento che sfiori la parola sport. Prima l’Olimpiade 2024 con un bel no a Cinque Cerchi”. “Tutta questa negatività – aggiunge il neo filosofo in calzoncini corti – nonostante governo e regione abbiano già dato il loro consenso e promosso il progetto dello stadio griffato e voluto da Pallotta”. Letterale.

Walter Veltroni

Walter Veltroni

Peccato che la griffe decantata dal Vate sia riempita con tonnellate di cemento speculativo, montagne di cubature che coleranno in una perfetta riedizione di Mani sulla città. E lo stadio – ma il dettaglio al Sartre di Tor di Valle sfugge – rappresenta poco più del 15 per cento sul totale del progetto previsto: come dire, solo un pretesto, lo stadio, per costruire una città fuorilegge intorno. Una ghiottoneria, una vera “felicità economica” per lorsignori di casa Parnasi, Unicredit, Pallotta e gli ormai soliti “Fondi” al seguito.

Canta Dallera il suo finalino: “su quell’idea si può discutere, ma quel progetto con i dovuti aggiustamenti deve diventare realtà”. Un mini lifting, ok. Perchè l’attesa è spasmodica, come per i pastori davanti alla capanna di Betlemme: “non c’è solo la Roma giallorossa: aspettano ansiosi sport e calcio italiano”.

Chissà se a pronunciare il fatidico SI sarà il Messia che tutto il calcio, macchè il Paese, attende come neanche Gesù Bambino: lui, mister I Care, il Veltroni Walter che abbandonati fasti & poltrone s’è dato al Prossimo, portando il suo Verbo dalle lande africane alle case verdi di Caivano. Ma ora ad attenderlo c’è lo scranno al vertice della Lega calcio, visto che conosce tutte le biografie delle figurine Panini a memoria, a cominciare da Longobucco un tempo terzino della sua Juve.

Tor di Valle attende il suo puledro a spalti aperti…

 


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