MISSILI, ELICOTTERI, MILIARDI, MAFIE & CAPPUCCI / SERVIZI PERFETTI

Missili, bombe, elicotteri e tutto quanto fa traffico internazionale e illegale di armi. Casalesi, mafia romana e tanto per gradire anche del Brenta. Un mix perfetto, miscelato al punto giusto da un tandem campano che ha Teheran nel cuore, con la partecipazione di un pluripremiato imprenditore nel settore avio. Il tutto sotto lo sguardo vigile di alcuni pezzi politici di razza, l’intermediazione di faccendieri internazionali e l’ala protettiva della massoneria. Senza farsi mancare un altro spettatore da non poco, l’ex capo di tutti i Servizi, Nicolò Pollari: il quale per questa vicenda non è indagato e può quindi sbrigare le ultime faccende giudiziarie legate al caso dell’imam rapito (e spedito in Egitto per le torture del caso) Abu Omar, e ai dossieraggi illegali, tra il 2001 e il 2006, di oppositori politici dell’allora premier Silvio Berlusconi, due vicende nella quali, per discolparsi, ha invocato il sempre comodo Segreto di Stato.

Ma vediamo di ricomporre le tante tessere della spy story che, oggi balzata agli onori delle cronache, in realtà è sotto i riflettori degli inquirenti da svariati anni. Non è mai, comunque, troppo tardi…

 

MISSILI, BOMBE & CAPPUCCI

Del Corriere della Sera, fino ad oggi, la ricostruzione più significativa, firmata da Amalia De Simone – una forte esperienza di cosche e clan alle spalle – e Marta Serafini. “Tra i protagonisti – scrivono – Mario Di Leva, imprenditore edile sulla carta di identità, in realtà un ‘faccendiere e un mercante di armi’. Secondo le indagini partite da altre inchieste su un esponente dei casalesi legato alla mala del Brenta, Di Leva è un eclettico. Vende armi sia in Libia che in Iran, in barba all’embargo dell’Unione europea. Ha società in Ucraina, conti a Panama, è amico di sciiti e sunniti ma anche amante dei tropici e delle belle auto. In odore di massoneria, per un’inchiesta de La Voce. Di Leva si sarebbe convertito all’Islam, con il nome di Jaafar, pur senza parlare l’arabo e aver mai letto il Corano”.

La copertina del Fascicolo Massoni d'Italia pubblicato dalla Voce a ottobre 2008

La copertina del Fascicolo Massoni d’Italia pubblicato dalla Voce a ottobre 2008

Il nome di Mario Di Leva, infatti, compare negli elenchi degli iscritti alla massoneria pubblicati dalla Voce. La prima volta è successo ad ottobre 1993, nella cover titolata Massoni giù il cappuccio – I 1.500 affiliati alle logge campane. Ecco tutti i nomi. Nella lista del Grande Oriente d’Italia compariva questa dicitura: “Di Leva ing. Mario – San Giorgio a Cremano (Napoli) – piazza Tanucci 2”. Nell’elenco pubblicato quindici anni dopo, ottobre 2008, oltre alla data di nascita in precedente non riportata (4 agosto 1948), c’era un cambio di occupazione: stavolta è farmacista. Tra il primo e il secondo elenco si notavano delle ovvie differenze: dei nomi mancanti, o per il decesso dell’affiliato o per il suo ‘assonnamento’ (che però non implica mai l’abbandono o la cessazione); o accortamente ‘mutati’, mediante il cambio di una vocale; oppure con il cambio dell’indirizzo o – in casi molto sporadici – della professione.

Passiamo alla Dama Velata, o la Dama Nera, secondo altre etichette, Anna Maria Fontana, un tempo bionda sessantottina, iscritta al Pci di San Giorgio a Cremano, poi militante del psdi e anche consigliere comunale. Una barricadera che ama viaggi, salotti e blitz in redazione. Capita col Mattino, dove – ricordano a via Chiatamone – “arrivò con una massa di documenti sotto braccio, elegante e in pelliccia. Per lei erano giorni caldi. Era diventata la grande accusatrice di politici, imprenditori, funzionari di polizia per vicende ingarbugliate di rapporti con il clan camorristico dei Vollaro”. E ancora: “una donna che sa intrecciare relazioni e, negli anni, è stata spesso informatrice dei servizi segreti, italiani e stranieri, mediatrice d’affari, testimone in processi penali come quello a carico di 19 poliziotti arrestati per presunti rapporti con il clan Cozzolino di Ercolano”.

Al Corriere del Mezzogiorno – supplemento regionale del Corsera – rammentano invece: “il 19 novembre 2005 si presenta in redazione e si fa intervistare da Sandro Chetta, al quale rivela di essere tornata in Italia (dopo una lunga permanenza a Teheran, ndr) per diffondere un documentario che sarebbe stato girato da alcuni videomaker iraniani. Incredibile l’oggetto del filmato: la presunta conversione di Edoardo Agnelli, il figlio dell’Avvocato morto nel novembre del 2000. E la tesi secondo cui l’erede destinato a guidare la Fiat sarebbe stato eliminato giacchè il capitalismo occidentale non poteva accettare che il Lingotto finisse nelle mani di un seguace di Allah”.

 

SERVIZI QUASI PERFETTI

Ma la vera svolta della vita è, l’anno seguente, l’incontro con un altro giornalista, Sergio De Gregorio, eletto in Senato con la maglietta prima dei Berlusconi e poi dell’Italia dei Valori griffata Antonio Di Pietro, e soprattutto inventore della Fondazione Italiani nel mondo.

Il lancio di 'Italiani nel Mondo'

Il lancio di ‘Italiani nel Mondo’

Così racconta un’agenzia: “Anna Maria Fontana ama il protagonismo, ama restare al centro della scena e nel 2006 fu coinvolta in una vicenda raccontata da Sergio De Gregorio in un libro, Operazione libertà, in cui le viene dedicato un intero capitolo. Venne contattata, per i suoi rapporti con i servizi segreti iraniani, dalla Fondazione Italiani nel mondo. Volevano tentare la liberazione dei due soldati israeliani presi dagli hezbollah e tenuti in ostaggio in Libano. Una missione su richiesta del Mossad, i servizi segreti israeliani, affidata al generale Nicolò Pollari, ex capo del Sismi che utilizzò l’associazione di De Gregorio. Contattarono la Fontana, ma la trattativa andò male”.

Non poco istruttivo un altro reportage pubblicato dal Corsera e firmato il 15 luglio 2009 da Renato Corsini. A cominciare dal titolo, La spy-story della Fondazione Italiani nel mondo – Le rivelazioni della Dama in nero Anna Maria Fontana. Ecco l’incipit: “la Fondazione è nata come copertura di attività di intelligence non ignorata da Gianni Letta, che ha la delega sui servizi segreti Aise e Aisi, in cui operano il senatore De Gregorio, il colonnello Giuseppe Ioppolo ex agente del Sismi e il generale Pollari ex capo del Sismi”.

A proposito di una perquisizione effettuata nella casa della lady dai servizi, così racconta Corsini: “Le sue case di Napoli, una a Posillipo, sono state visitate da agenti del Sismi, prima della sua riqualificazione, diverse volte. Alla ricerca di che cosa? Lei risponde: ‘cose che custodisco e che non troveranno mai’. E’ in piena attività. A luglio è in Egitto e poi in agosto in Iran, dove gode di reputazione e le sue credenziali sono di prima mano. Il Mossad ha un debito nei suoi confronti. Quando il presidente del consiglio Romano Prodi in persona spinge per cercare la mediazione del generale Jafari, capo dei pasdaràn, per la liberazione di due soldati israeliani, il generale Pollari si rivolge alla Dama in nero. Racconta: ‘Il mio ruolo nella missione Pollari è stato quello di aprire un contatto ad alto livello per poter negoziare la liberazione dei due soldati israeliani. E’ evidente che se si sono rivolti a me significa che il Sismi non aveva questi contatti. Non sono a conoscenza se all’inizio delle trattative il Mossad sapesse, di certo dopo è stato informato’”. E racconta anche un aneddoto: “All’Hotel Esthegal di Teheran De Gregorio fa shopping, un tappeto e un anello. Pare si sia dimenticato di pagare nella fretta di rientrare in Italia”.

Aggiunge Corsini a proposito dei silenzi del Copasir, all’epoca presieduto da Massimo D’Alema: “nel cda della Fondazione è stato nominato dai soci un agente dell’ex Sismi, Ioppolo, uomo di fiducia di Pollati. Una realtà che non doveva emergere, ma che una volta emersa non ha avuto risposte né dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Letta, né dal presidente del Copasir D’Alema, il quale era al corrente dei rapporti Pollari-De Gregorio-Ioppolo. Era stato informato adeguatamente. Non gli erano sconosciuti i contatti dell’ex senatore con la CIA, l’amministrazione americana nell’ambito della Nato e con lo stesso ambasciatore a Roma”.

In un articolo del 2013 Corsini fa riferimento alla “spy story giunta nelle mani del pm Giordano della procura di Roma” e commenta: “non si sa bene se abbia avuto un seguito”. Le indagini, a quanto pare, erano partite da “alcune dichiarazioni della dama in nero rese alla Digos di Napoli quale persona informata dei fatti su ordine del pm romano (25 agosto 2009)”.

 

SUA ECCELLENZA ITALIANA, LA SOCIETA’ ELICOTTERI

Andrea Pardi

Andrea Pardi

Passiamo adesso ad un altro personaggio clou dei traffici internazionali di armi d’ogni specie, Andrea Pardi, fresco di galera e in rapporti d’affari con la coppia partenopea. Un nome, il suo, balzato un paio d’anni fa alla ribalta delle cronache per i cazzotti rifilati ad un inviato di Report che voleva saperne qualcosa di più circa l’attività della sua azienda, la Società Italiana Elicotteri su cui avevano puntato i riflettori gli inquirenti.

Nonostante svariate opacità, la sigla di casa Pardi è super accreditata sia al top del settore avio che in ambienti istituzionali. Ha ottimi rapporti, infatti, sia con Agusta Westland di mamma Finmeccanica che con il nostro ministero della Difesa, il quale nel 2010 le ha conferito un prestigioso riconoscimento, lo Special Events Partner in occasione di un meeting promosso dalla Nato nella base di Tiro, in Libano.

Ad aprile 2014 è arrivata un’altra incoronazione, stavolta recapitata nientemeno che dai vertici di Roma Capitale, che così celebra lo storico evento: “Roma Capitale Investments Foundation è lieta di accogliere tra i propri membri la Società Italiana Elicotteri come nuovo Socio Fondatore. La società vanta un’esperienza in Medio Oriente dal 1999. Siamo felici di poter annoverare all’interno della nostra Fondazione un’altra eccellenza Italiana che va ad arricchire il nostro già folto gruppo di aziende che danno lustro alla nostra organizzazione”. Ottimo e abbondante. Forse per questo la sigla made in Pardi è stata “accreditata presso le più importanti Istituzioni Governative Italiane e le più prestigiose Associazioni di Categoria nel mondo” tra cui Unindustria e la American Chamber of Commerce in Italy.

Sergio De Gregorio con Nicolò Pollari

Sergio De Gregorio con Nicolò Pollari

Autocelebrazioni? Millanterie? A quanto pare no, niente a che vedere con la garanzia taroccata che avrebbe voluto prestare il rampante Pardi per ottenere 200 mila euro in prestito dalla filiale di piazza di Spagna della Banca di Roma: “sono un agente del Sisde”, le sue parole, buone per beccarsi una denuncia per tentata truffa e non solo. Ovviamente nessun seguito giudiziario di rilievo e lui sempre libero di razzolare & trafficare in mezzo mondo.

Anche grazie alle conoscenze giuste e a collaboratori ad hoc. Come Maria Grazia Cerone, ex segretaria di Marcello Dell’Utri, arruolata tra i ranghi della Società Italiana Elicotteri; o alcuni consulenti eccellenti, dall’ex ambasciatore italiana in Armenia Bruno Scapini al deputato Pdl nel quinquennio 2008-2013 Riccardo Migliori (e già numero uno dell’Osce, Organization for Security and Co-Operation in Europe), fino all’ufficiale dell’Aeronautica Militare Walter Pilati.

L’inchiesta sui traffici di Pardi & C., con i coniugi Di Leva protagonisti, parte da un summit fiorentino di luglio 2013 a un passo dalla stazione di Santa Maria Novella, ricostruito dai pm della procura di Napoli: “le indagini hanno consentito di appurare che il somalo Mohamed Omaar Jama si è rivolto a Ghidoni e quest’ultimo a Carpi con il fine di reperire non solo personale disposto ad effettuare attività per un reggimento di somali da addestrare militarmente alle Seychelles, ma anche per poter reperire tutti i materiali necessari all’attività programmata”. E di “individuare un gruppo di soggetti che si rivolgevano in prevalenza a Pardi che risultava in contatto con Ghidoni per svolgere operazioni commerciali relative all’esportazione di materiali dual use verso l’Iran”.

 

ITALIANI NEL MODO E IRANIANI DA PADOVA A ROMA

Per orientarsi meglio nel traffico dei traffici, è bene precisare che il padovano Gian Carlo Carpi è il trait d’union con la Mala del Brenta, nonchè uno dei fondatori della struttura paramilitare segreta Legione Brenno; mentre Alessandro Ghidoni ha svolto il ruolo di ‘consulente’.

Nell’intricata e affollata spy story che vale milioni a palate per l’enorme quantità di armi & mezzi trafficati, fanno capolino altre inquietanti figure.

A cominciare dal misterioso generale iraniano Raza Hashemi, alias Max, trasformatosi in uomo d’affari e trasmigrato – guarda caso – a Padova. Gli investigatori lo filmano mentre entra nell’ufficio romano di Pardi il 25 febbraio 2015. E’ in rapporti d’affari, Max, con un altro pezzo da novanta negli affari sull’asse Italia-Iran, Craig Russo Soroudi, americano di adozione. Molto affiatato il tandem per utilizzare “la società italiana Goldenway nella gestione di affari a livello internazionale a supporto dell’Islamic Revolutionary Guard Corps, così come molto fruttuosi sono stati i primi affari tramite Agritech, sigla messa su dalla moglie di Pardi, appena 3 mila euro in pancia ma capace appena nata di veder transitare sul suo conto corrente 1 milione di euro, subito smistato ad un altro conto, a Teheran. Una bazzecola rispetto ad un’altra operazione: è pari infatti a ben 1 miliardo di euro un bonifico partito dalla Barclays Bank di Londra e approdato nel forziere di Russo Soroudi alla Maskan Bank sempre nella capitale iraniana.

Volano alto gli affari anche via Russo International Venture, impegnata nel ramo leasing dell’aviazione civile.

L'arresto del boss Francesco Bidognetti

L’arresto del boss Francesco Bidognetti

Ciliegina sulla torta, nell’entourage dei Russo’s friends figura un pezzo da novanta nell’arcipelago di interessi delle cosche campane a Roma, Massimiliano Colagrande, secondo gli inquirente il cassiere del clan Pagnozzi, origini sannite e forti interessi nella capitale. Secondo le ultime geografie emerse anche da Mafia Capitale, esiste un forte legame non solo tra Colagrande e Massimo Carminati, ma anche tra Colagrande e Michele Senese, uno dei “quattro re de Roma”.

Per non farsi mancar niente ecco spuntare la fazione economica dei Casalesi, ovvero il clan che fa capo a Francesco Bidognetti, al secolo Cicciotto ‘e mezzanotte, a fine anni ’80 spesso in viaggio in direzione Villa Wanda, la magione aretina di Licio Gelli, per trattare di monnezza miliardaria e oggi capace di impartire ordini e direttive dalla galera alle due figlie, fresche di arresto.

Il ruolo attivo dei casalesi emergeva già più di un anno fa. Così scriveva a metà novembre 2015 sull’inchiesta partenopea che aveva propaggini anche in Molise un cronista di Sulmona, che è non solo la patria di confetti ma anche di Andrea Pardi. “L’inchiesta è nata seguendo le tracce di un imprenditore vicino all’ala bidognettiana del clan dei casalesi. Oltre che che in Somalia, le armi arrivavano in Nigeria, Libia, Sudan e anche in Armenia”.

 

Nel fotomontaggio di apertura l’arresto di Mario Di leva,m quello di Annamaria Fontana e, a destra, Sergio De Gregorio.

 

QUI IL PDF DELLA PAGINA “MASSONI D’ITALIA” CON IL NOME DI MARIO DI LEVA

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