Sentenza sul caso Esposito-Mattino pronunciata dal Tribunale civile di Napoli, è polemica. Il Giornale spara la notizia in prima pagina, come aveva già fatto nel corso della lunga campagna di delegittimazione del giudice che aveva pronunciato la prima sentenza definitiva di condanna a carico di Silvio Berlusconi. Dura la replica dell’ex presidente della Seconda Sezione Penale della Cassazione Esposito, primo firmatario della sentenza del 3 agosto 2013 che costò i servizi sociali all’ex Cavaliere.
Così scrive il legale di Esposito, Alessandro Biamonte, nella richiesta di rettifica inviata al Giornale.
Letto l’articolo con foto pubblicato in prima pagina in data 25/01/2017, dal titolo “Sbugiardato il giudice Esposito che anticipò la sentenza sul Cav.”, chiedo, in nome e per conto del dr. Antonio Esposito, l’esercizio del diritto di rettifica.
Il titolo, offensivo nell’impianto, e il contenuto evidenziano incompletezza e parzialità, omettendo circostanze, indicate in sentenza, strettamente collegate a quelli pubblicate.
Invero, il Tribunale con la sentenza n. 908/2017, ha accertato:
- a)che al dr. Esposito non venne “mai posta la domanda «Non è questo il motivo per cui si è giunti alla condanna; e qual è allora»”;
- b) che il titolo dell’articolo «Berlusconi condannato perché sapeva non perché non poteva non sapere» fu opera del Manzo “d’accordo con il direttore Barbano”;
- c) che il giornalista violò “il principio di lealtà e buona fede nello svolgimento dell’attività giornalistica”;
- d)che “la forma espressiva utilizzata dal giornale può ritenersi ardita e spregiudicata”.
Si legge nella sentenza: “Agli atti – e precisamente nel fascicolo telematico dell’attore allegato alla prima memoria istruttoria vi è solo il fax riportante l’orario delle 17:55 contenente una prima bozza, quella che poi sarebbe stata emendata su richiesta del dott. Esposito, che comunque non conteneva l’incriminata domanda né la successiva risposta ma solo la domanda e la risposta poi ripetute nella seconda bozza come sopra già trascritte vertenti sull’esistenza o meno nell’ordinamento di un principio giuridico del “non poteva non sapere” e della risposta del dott. Esposito senza riferimenti al processo Mediaset. Può, quindi, affermarsi che il 6 agosto 2013 fu pubblicato dal quotidiano “Il Mattino” un articolo, contenente un’intervista del dott. Esposito, il cui testo era difforme da quello sottoposto alla rilettura dell’intervistato in violazione di un impegno che era stato espressamente assunto dal giornalista nel corso dell’intervista” (pagg. 18 – 19).
“L’avere, quindi, pubblicato un articolo con dichiarazioni dell’intervistato al quale non è stata consentita la lettura prima della pubblicazione, com’era stato peraltro espressamente concordato, costituiva, in assenza di cause di forza maggiore, neppure dedotte, una violazione del principio di lealtà e buona fede nello svolgimento dell’attività giornalistica non conforme al decoro e alla dignità professionale e, pertanto, lesivo della reputazione e della dignità dell’Ordine dei giornalisti” (pag. 21 sent.).
Si proporrà impugnazione, attesa la contraddittorietà e l’erroneità della sentenza che non fa cenno al giudicato della sentenza del C.S.M. (15/12/2014) che, sulla base della medesima conversazione registrata utilizzata dal giudice partenopeo – era pervenuta all’accertamento della “avvenuta manipolazione”, che “l’alterazione emergeva in tutta la sua gravità”, e che “nulla disse il dr. Esposito che non fosse già insito nel contenuto della decisione….. si può, in definitiva affermare con certezza che è in quella intervista non venne reso pubblico alcun aspetto della decisione”.
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