Caro Campo Dall’Orto,
Le rivolgo questa (ingenua) lettera aperta non solo in qualità di Direttore Generale della Rai ma come persona. Quindi non stupisca se non inzeppo la nota di riferimenti ai conti dell’Azienda, ai cachet di Sanremo, al costume mai scemato della lottizzazione delle nomine, o (addirittura) al Suo rapporto con Renzi, più o meno diretto che sia. Di tutto ciò almeno in questo momento non me ne può importare di meno, anche se tutto si tiene. Le scrivo invece all’indomani della notifica delle motivazioni di una sentenza speciale: quella della Corte d’Appello di Perugia che nello scorso ottobre ha mandato assolto l’unico colpevole dopo 16 anni di detenzione ingiusta, perché chiarissimamente innocente.Come avrà già capito, sto parlando di una tragedia di 23 anni fa, dei due giornalisti della Rai Ilaria Alpi e Miran Hrovatin trucidati a Mogadiscio. In quei giorni Lei era un trentenne brillante già in carriera. Immagino che quel duplice assassinio l’abbia colpito allora, da lontano, e continui a colpirLa a maggior ragione oggi, che è Direttore Generale della stessa Azienda per conto della quale erano in Somalia a fare il loro lavoro le due vittime. Ebbene, la sentenza di Perugia fa piazza pulita di tutte le inchieste condotte finora, ci dice in termini forti che c’è stato un “depistaggio di Stato” dietro l’altro con almeno due Paesi coinvolti, il nostro e la Somalia, che non si sa chi è stato e bisogna scoprirlo. Dopo 23 anni, sì, meglio tardi che mai, anche per la madre di Ilaria che insiste e resiste perché la verità venga fuori. Ma per questo non bastano lei, il suo avvocato, i colleghi non distratti. Vede, Direttore, Lei è la persona nel ruolo decisivo perché ciò accada. E avendoLa conosciuta e apprezzata sia pur fuggevolmente per la sua affabilità, ho fiducia che Lei come persona e cittadino in questo frangente muova il Dg.
Con la molla di un’etica e di un senso di giustizia che immagino sia Sua personale e che diventerebbe di colpo di tutta la Rai. La ricorderebbero comunque per questo, e Lei non dovrebbe considerare che Ilaria avrebbe adesso poco più della Sua età… Intanto se Lei desse subito dei segnali l’Usigrai non potrebbe non seguirla, così come tutti coloro che in questi anni continuativamente o intermittentemente hanno ricordato quell’omicidio. Poi costituirsi parte civile in un processo da ricominciare immediatamente parrebbe davvero il minimo. Infine potrebbe far diventare di nuovo pubblico un caso che sembra dimenticato come un “semplice delitto” che l’inviato diplomatico del governo Berlusconi di allora, Giuseppe Cassini, liquidò di fronte a Veltroni come una vicenda “forse senza mandante né movente”.
Ecco, qui il Direttore Generale della Rai potrebbe incidere davvero. Non la notiziola nei tg, come periodicamente si fa per Giulio Regeni, bensì una struttura di programmi dedicati alla vicenda. Non Le manca spazio temporale da servizio pubblico né conduttori coraggiosi: pensi quanto e come riguadagnerebbe in termini di seguito e di fidelizzazione (credo ci tenga…) una ricerca giornalistica della verità. Cassini sarebbe un ospite prezioso: dica quello che sa davanti a una telecamera. E il sostituto procuratore Giuseppe Pititto, autore dell’unica inchiesta che stava avanzando, che dice pubblicamente “cercate chi mi ha tolto l’inchiesta e troverete la verità” non sarebbe adatto nel parterre di ospiti in prima serata? E i sospetti di strani baratti tra armi e rifiuti tossici, nel post-colonialismo straccione e paraistituzionale che ci riguarda, il coinvolgimento di servizi (deviati? mirati?) e forze di polizia di più Paesi non meriterebbero un approfondimento? Non sarebbe un dovere? Quelle morti e il depistaggio successivo pesano come macigni. Lei mi capisce, vero?
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Un commento su “Ilaria Alpi, televisione pubblica e morti “private””