Messi i fila, i casi di liberticidio sono purtroppo numerosi, primo fra tutti quello nazifascista, precursori Hitler e Mussolini, emulato da tutti i dittatori che hanno infestato il mondo e continuano a farlo in Russia, Turchia (decine di giornalisti imprigionati), Paesi dell’Est europeo, Africa, Cina e per ultimo il neo presidente degli Stati Uniti, minaccioso censore della stampa che lo critica. La libertà di stampa è un bene collettivo da difendere con ogni mezzo dagli attacchi che coinvolgono anche una porzione della politica italiana (le epurazioni di Dario Fo e del comico Luttazzi sono solo un esempio di un sistema che ha emarginato giornalisti e scrittori scomodi, che tenta di zittire con la violenza di costose e ingiustificate querele le voci contro del giornalismo d’inchiesta, che non dà un centimetro di spazio ai free lance, per definizione esenti da condizionamenti degli editori, cinghia di trasmissione dei partiti). La libertà di stampa è però un altro paradigma di antitesi intrinseca, come il dualismo diritti-doveri. L’esempio di Charlie Hebdo calza a pennello con quest’ultima considerazione. La satira della pubblicazione francese è graffiante come e forse più di altri giornali dello stesso genere o delle vignette che molti quotidiani pubblicano non a caso in prima pagina, perché spesso più incisive di un articolo di fondo. E’ diritto inviolabile raccontare fatti e misfatti con il tratto caustico di matite e pennarelli, ma…ma c’è anche il dovere di non oltrepassare i limiti della decenza e la rivista in questione non è nuova a eccessi intollerabili. Questa volta Charlie Hebdo si è cacciato in un baratro di sciacallaggio che merita non solo la censura ma l’esecrazione per l’oscena rappresentazione della tragedia che vive il centro Italia e delle sue vittime. Tre le vignette incriminate. Una esordisce con il titolo “Sisma all’italiana” e mostra tre derelitti, laceri e sgraziati a cui dà i nomi di penne al sugo, penne gratinate e lasagne. La seconda, anche più ingiuriosa dice “Non è stato Hebdo a costruire la vostra case, è la mafia”. E arriva la terza, la più irricevibile. La morte, sugli sci, è accompagnata da questa ignobile scritta: “La neve è arrivata, non basterà per tutti” Chissà se la mente dell’autore è stata sfiorata dall’immagine del giornale nelle mani di chi ha perso una persona cara per la terra che ha tremato con violenza o per la slavina che gha seppellito il Resort di Rigopiano. Fra tante contestazioni delle vignette anche quella indignata di Fiorello, che di satira se ne intende e un’altra, ufficiale, di Amatrice, uno dei centri rasi al suolo dal terremoto. L’ufficio legale del Comune ha querelato per diffamazione il giornale, sollecitato dal Sindaco Pirotti.
La vignetta di Charlie Hebdo
Craxi, nel diciassettesimo della morte
Ma Craxi è quello seppellito dalle monetine lanciategli contro da italiani indignati per ruberie e corruzione? Lo stesso che la lasciato l’Italia per non andare in carcere e si rintanato in Tunisia da latitante? Craxi è morto diciassette anni fa, quale motivazione ha spinto Alfano e Orlano, ministri del governo Gentiloni a rendergli omaggio? Passi per Berlusconi che a Craxi deve ricchezze e potere (ha detto sospirando “Mi manca tanto”), ma i nostri ministri? Altra cosa è la decisione di Renzi, in visita istituzionale a Tunisi. Non ha dato seguito all’invito della figlia Stefania di recarsi presso la tomba del padre.
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