Devo confessarlo: se c’è qualcosa che mi divide da Elio Veltri, politico di razza oltre che grande medico e scrittore, animo nobile d’indomabile combattente per la verità, è quel briciolo di fiducia nella giustizia italiana che lui conserva nonostante tutto. E io no.
Prendiamo ad esempio il caso degli spioni di Stato e degli spiati (lui, noi della Voce, molti giornalisti e qualche magistrato) dal 2001 e almeno fino al 2007 ad opera di vertici del servizi come Nicolò Pollari e il suo braccio destro Pio Pompa, una brutta storia che lo stesso Veltri riferisce in questo Non è un Paese per onesti – Storia e Storie di socialisti perbene (Falsopiano, 2016). Nel ripercorrere le allucinanti fasi della vicenda giudiziaria per conoscere la verità, Elio Veltri mostra ancora un residuo ottimismo sull’esito di questa ennesima pagina nera della giustizia italiana. «Pare che del processo di Perugia, al gruppetto che si era attivato, sugli oltre 200 spiati: Giulietto Chiesa, Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola, giornalisti, Libero Mancuso magistrato, chi scrive allora deputato, rimanga solo un pugno di polvere in mano e la fortuna che le cose non siano andate peggio», ammette. Ma poi «L’avvocato Francesco Paola, nostro difensore, ce l’ha messa tutta e pensa che la procedura per danni possa essere recuperata. Il che sarebbe molto importante per sapere come sono andate le cose e quali rischi abbiamo corso davvero». Infatti «nei documenti sequestrati a suo tempo si leggeva che avremmo fatto parte di una sedicente organizzazione transnazionale con la finalità eversiva di destabilizzare il governo dell’epoca. Sembra di stare su Scherzi a Parte».
E’ vero, Pollari ha invocato più volte il segreto di Stato su quelle attività di spionaggio, ed è vero anche che il Governo lo ha concesso. Così come sacrosanti sono stati l’impegno e la professionalità dell’avvocato Francesco Paola, più volte al fianco di Veltri anche in altre dure battaglie contro omertà statali e muri di gomma mafiosi. Ma la Giustizia non ci ha messo molto a mostrare il suo volto più feroce e beffardo, almeno nei confronti di alcune vittime di spionaggio. Come dimostra la condanna inflitta a noi giornalisti: mille euro di multa per avere semplicemente inoltrato una richiesta, attraverso l’avvocato, nell’ambito del processo di Perugia. Anche così si ammazza una Voce, mortificandone la dignità e il decoro. Non solo non ti darò verità e giustizia sulle attività illecite ai tuoi danni, meno che mai qualsiasi risarcimento, ma se non stai zitto ti becchi pure una condanna.
Chiudo questa premessa di tipo ‘personale’, ma di pubblica rilevanza, sottolineando che nel bel libro di Veltri sulla sua tenace, esaltante stagione di socialista perbene si trova solo un’esile traccia di un personaggio chiamato Antonio Di Pietro. Ed ecco qui un altro elemento chiave che collega il grande Elio Veltri con noi della Voce. Se è vero infatti – come i nostri lettori ben sanno e come possono ancora oggi leggere sul sito – che l’edizione cartacea del giornale ha chiuso nel 2014 dopo trent’anni per un’azione giudiziaria violenta intentata dagli ‘amici’ di Di Pietro, non meno chiaro è che se oggi una personalità quale quella di Veltri manca da tempo in Parlamento (e manca davvero tanto a tutti i cittadini onesti), ciò lo si deve anche ad Antonio Di Pietro e alla estenuante querelle giudiziaria andata avanti per anni fra l’ex pm di Mani Pulite ed uomini come per esempio lo stesso Veltri, Giulietto Chiesa, Achille Occhetto.
Questa doverosa premessa per dire che l’ultimo libro di Elio Veltri, summa della sua passione politica vissuta nell’arco di cinquant’anni ed oltre, rappresenta un pezzo importante di Storia italiana. Di quella Storia con la maiuscola che sembra ormai lontana da noi anni luce. E forse nessuno come lui, per quanto siano numerosi gli excursus sull’Italia dal dopoguerra ai nostri giorni, ha saputo riportarcela sotto gli occhi con la stessa appassionata, lucida memoria.
Bene lo spiega, nella prefazione, un vecchio ‘antagonista’ politico come Carlo Rossella: «Non era un personaggio facile da trattare, del resto gli uomini intelligenti e interessanti hanno spesso un carattere spigoloso. E Veltri lo aveva. Con i miei compagni comunisti non andava troppo d’accordo, ma comunque fu il miglior sindaco di Pavia che mi possa ricordare. Con lui e con il suo attivismo nazionale ed internazionale Pavia ebbe un periodo di notorietà e di fulgore. I media andavano e venivano dalle rive del Ticino per occuparsi degli avvenimenti, non solo politici ma anche culturali che avvenivano nella città. Il teatro Fraschini, grazie a un’intesa con l’indimenticabile Paolo Grassi e all’attivismo di due giovani come Rivolta e Teoldi, visse con Veltri una stagione davvero felice».
Arricchito da preziose testimonianze iconografiche originali – che vanno dalle letterine scritte a mano inviate al loro sindaco dai cittadini di Pavia, fino agli encomi di livello internazionale ricevuti nel corso del suo mandato di primo cittadino – questo volume è idealmente rivolto a due co-protagonisti. La prima è lei, Tilde, moglie e madre preziosa, alleata e militante lungo l’arco dell’intera vita, conosciuta nella natia Longobardi, minuscolo comune sull’azzurro mare calabrese che lei porta ancora negli occhi. L’altro è Agamennone Veltri, un padre d’altri tempi, medico e strenuo militante antifascista in una terra calabra dove per tenere alta la bandiera dell’onestà e del rigore i prezzi da pagare erano – e sono tuttora – molto ma molto alti.
Gli stessi prezzi che ha dovuto più volte pagare anche Elio, mandato dalla famiglia a studiare prima in collegio, ad Orvieto, poi alla facoltà di Medicina, nella bella e antica Pavia, di cui sarebbe stato per anni il sindaco più fiero e più conosciuto d’Italia, dopo aver scritto pagine memorabili di storia locale e nazionale.
Credo che Elio Veltri – consigliere comunale, sindaco, poi consigliere regionale, infine deputato nella tredicesima Legislatura – sia stato forse l’unico medico ad aver saputo realmente coniugare la professione sanitaria con l’impegno politico, diversamente dai tanti camici bianchi che popolano ancora oggi il Parlamento con l’unico scopo di lasciarsi alle spalle le ben più faticose trincee ospedaliere.
Non a caso uno dei capitoli centrali di questo Non è un paese per onesti riguarda un’altra piaga giudiziaria tutta italiana: la strage del sangue infetto, con un processo che si trascina da oltre vent’anni, migliaia e migliaia di morti ed una propaggine oggi al Tribunale di Napoli che lascia ben poche illusioni all’esercito dei familiari di chi ha perso la vita, la dignità, i diritti.
E siccome la storia molte volte è circolare, chiudiamo proprio con la strage sul sangue infetto, che la Voce aveva cominciato a rivelare negli anni Settanta. E che ancora oggi documenta ai suoi lettori, seguendo il processo di Napoli, udienza dopo udienza. Ma senza più speranza.
Non è un Paese per onesti – Storie di socialisti perbene (Falsopiano) sarà presentato a Napoli, Libreria Iocisto (Piazza Fuga, al Vomero) sabato 21 gennaio 2017 alle ore 11.30. Qui sotto la locandina.
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.