“Lo hanno suicidato come Pinelli”. E’ una frase che negli ultimi mesi è corsa parecchio, al tribunale di Siena, a proposito dello strano volo di David Rossi, a marzo 2013, dal quinto piano di palazzo Salimbeni, storica sede del Monte dei Paschi.
Emblema, nei buchi neri di casa nostra, dell’uomo – Giuseppe Pinelli – che venne fiondato dal balcone della questura di Milano quella tragica notte del 1969, dopo la strage di piazza Fontana e la caccia al mostro anarchico, Pietro Valpreda.
Incredibile ma vero, adesso un giornalista di razza come Corrado Stajano perde la tramontana e ri-sprofonda in quelle nebbie milanesi. Recensendo a tutta pagina per il Corriere della Sera del 13 gennaio un fresco di stampa su quella tragedia (“Pinelli. La finestra è sempre aperta”), getta nel più puro sconforto coloro i quali ormai davano per certa, acquisita, la verità storica su quell’omicidio di Stato, un classico di come le istituzioni erano “mafiosizzate” fin da quel dì, inaugurando la strategia della tensione che ha massacrato l’Italia.
A proposito di quell’omicidio che non ha, sì, trovato ancora sentenza giudiziaria (tra, come scrive Stajano, “infiniti processi, istruttorie, sentenze di primo grado, d’appello, di Cassazione, assoluzioni, condanne, ricusazioni, prescrizioni, archiviazioni”) ma che ormai è scolpito nella coscienza civile come, appunto, un delitto di Stato, così ‘sentenzia’ Stajano: “nulla è certo”, “tutto ha doppie e triple facce e resta problematico, ambiguo, nebbioso”. Appunto.
Poi commenta: “gli autori di questo libro (il docente di Agraria Enrico Maltini, deceduto un anno fa, e il penalista Gabriele Fuga, ndr) lavorando come certosini sulle vecchie e sulle nuove carte, sono riusciti a dare al caso Pinelli un quadro più ricco, non certo definitivo ma capace di render chiari certi buchi neri”.
Poi nota Stajano: “Chi c’era nella stanza del quarto piano della Questura di Milano quei giorni, quella notte? E’ impensabile che l’interrogatorio di Pinelli, di grande rilievo per tutta l’inchiesta sulla strage, fosse affidato al commissario Luigi Calabresi, l’ultimo nella catena gerarchica. Chi irruppe nella stanza e fece il saltafosso, tipico delle polizie, in questo caso l’urlo ‘Valpreda ha parlato’?”.
E aggiunge: “Calabresi quella notte, davanti a cinque giornalisti, avallò le menzogne del questore Guida (mentre il capo dell’ufficio ‘politico’ era Antonino Allegra, ndr), non ebbe un moto di dissenso né di amarezza, ma questo non esclude che possa essere stato usato dai suoi superiori, tutti, come capro espiatorio e che i veri responsabili siano altri”.
Dimenticavamo il meglio, ossia il titolo del pezzo pubblicato a tutta pagina (con maxi foto) nell’apertura di Cultura del quotidiano di via Solferino: “Pinelli, l’ombra dei servizi”.
L’ombra. Accipicchia!
Nella foto Corrado Stajano
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