Caro Gesù Bambino, Ti ringrazio perchè anche quest’anno mi hai tolto dall’imbarazzo di immaginarti presente in una statua di gesso. E penso al racconto dei Vangeli sulla tua nascita: così sobrio e scarno rispetto alle oleografie edulcorate della tradizione, ai presepi di sughero e cartapesta diventati opere d’arte che ci parlano della sensibilità e del gusto di epoche passate, ma non sanno dirci più nulla di te, al Natale attuale della pubblicità che vuole addirittura farci dimenticare di te. E’ cosi scarno il racconto dei Vangeli perché vuole essere riempito da noi, perché Tu o ti incarni ogni volta nella storia reale e concreta, tra le pieghe e negli scarti della Storia, quella che sembra decisa dai potenti e dai violenti, oppure non vieni.
Dovremmo rileggere il racconto dei Vangeli sulla Tua nascita, cercare di leggerlo come se fosse per la prima volta, senza vedere sullo sfondo l’immagine tradizionale e rassicurante del presepe di sughero e cartapesta a cui siamo fin troppo abituati, e accorgerci che Tu non nasci né in chiesa, né a Natale, ma in un giorno qualunque, in un posto insignificante, da gente che non conta niente; in esso ci leggeremo che di fronte alla stalla di Betlemme, squallido luogo che Ti ha visto nascere, si può arrivare soltanto in due modi: o come Erode per sopprimere l’innocente, o come i pastori poveri con il Dio povero. Non esistono vie di mezzo.
Quest’anno Ti immagino nato a pezzi. Come la “guerra mondiale a pezzi”, denunciata da papa Francesco, riduce sempre più in pezzi la nostra umanità. Osserviamo distratti i pezzi di Aleppo, metafora della nostra umanità lacerata, e quelli lasciati dalle esplosioni dei kamikaze. I pezzi dei popoli sempre più separati tra loro, e divisi al loro interno; e quelli della natura violentata. I pezzi dei diritti universali calpestati; e quelli dei troppi bambini oltraggiati e delle donne massacrate “per amore”. Guardiamo delusi, i pezzi della nostra Europa nella quale si riaffacciano populismi e nazionalismi che non promettono nulla di buono; quelli delle religioni che diventano sempre più marginali e ininfluenti; e quelli dei migranti affogati nel mare o scacciati, umiliati, ammazzati lungo i muri che troppi vorrebbero rafforzare. Guardiamo impotenti i pezzi della politica e quelli del volontariato ridotto spesso a squallida opportunità per facili guadagni.
Se l’umanità è smembrata, allora anche Tu, Dio che ti fai Bambino, condividi il nostro essere a pezzi. Ti presenti a noi condividendo la vita di chi è leso nella sua integrità, nella sua dignità, come i miliardi di esseri umani cui è sottratto il diritto ad un domani, il diritto ad ogni sorta di sviluppo: fisico o mentale, sociale, morale o culturale.
Sei calpestato come i bambini soldato, come i bambini obbligati a prostituirsi o vittime della pedofilia, come i bambini ridotti in schiavitù e costretti a lavorare per le multinazionali. Sei disoccupato, licenziato, sfrattato, donna, malato terminale, profugo, clandestino, torturato, affamato, sfruttato, maltrattato … bambino. Sei ridotto in briciole, dove ogni briciola porta un nome, sconosciuto forse a tutti, meno che a Te.
Ma Tu, anche se a pezzi, continui caparbiamente a nascere, testardamente ti incarni nella storia reale, nelle storie piccole, insignificanti, quotidiane e concrete, tra le pieghe, nei frammenti e negli scarti della Storia, quella che sembra decisa dai potenti e dai violenti.
Tu sei segno di speranza. Ma sei anche una promessa, la grande promessa del Dio-Bambino racchiusa nel Natale: la promessa che Tu personalmente raccoglierà i miseri moncherini, brandelli sofferenti d’umanità, e ci concederai il miracolo della ricomposizione: ci farai salvi. E Tu, Gesù Bambino, ci regali l’opportunità di essere anche noi operai di questa ricostruzione, ci dai l’opportunità di chinarci, umilmente e con tenerezza, a fasciare le Tue membra sofferenti, le membra sofferenti dell’umanità.
Se insieme scorgeremo i tanti semi di speranza, i tanti mondi del mondo, e se ciascuno recupererà il coraggio per fare la sua minuscola parte nel ricomporre i pezzi di un’umanità in frantumi, allora la disperazione di tanti comincerà a trasformarsi in avvento di liberazione e di speranza per tutti: allora sarà veramente un Buon Natale.
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