Ministro dell’Istruzione? La laurea è un optional. La puoi infilare nel curriculum, taroccata, e nessuno se ne frega. Incredibile ma vero, le neo ministra Valeria Fedeli, sindacalista Cgil scuola, of course, per una vita, da anni comodamente seduta negli scranni parlamentari più in vista, non è in grado di capire la differenza – nota anche ai bidelli degli asili – tra una laurea e un diploma. Nel suo illustre pedigree, infatti, faceva bella mostra il “diploma di laurea in Scienze sociali”. Si scatena il putiferio per una soffiata di chi ne conosce vita, “cultura” (sic) e miracoli e lei, imperturbabile, sbianchetta e corregge: “diploma per assistente sociale”.
In qualche altro Paese l’avrebbero presa a pedate. In Germania, per fare un solo esempio: così successe, per vere bazzecole al confronto, a ben tre ministri teutonici dei governi di frau Angela Merkel, uno della Difesa e due proprio dell’Istruzione. Nel 2011 fu la volta di Karl Theodor von Guttemberg, il quale aveva osato, nella sua tesi di laurea, omettere di citare “alcune fonti”. Due anni dopo capitò a Ursula Von der Leyen, per aver decorato la sua tesi in ginecologia con qualche copia-incolla di troppo. Nello stesso, infausto 2013, successe ad Annette Schawan di essere beccata con le mani nella marmellata e una tesi in filosofia che sapeva tanto di scopiazzatura. In tutti e tre i casi le lauree erano perfettamente regolari e solo le tesi presentavano qualche smagliatura. Ma i tre ministri furono costretti a filarsela con la coda tra le gambe.
Stavolta la sindacalista rossa è da autentico Guinness: la laurea sbandierata non esiste, c’è solo un diploma da assistente sociale, identico a quello che conseguono migliaia e migliaia di ragazzi e ragazzi che però non fanno il parlamentare, tantomeno il ministro: e invece si fottono di disoccupazione e disperazione!
Ma lei, la rossa, brinda a champagne. E festeggia la nomina abbracciando mezzo emiciclo, svolazzando di rosso vestita, e finendo il valzer tra le braccia del suo predecessore, Stefania Giannini, l’unica trombata dell’esecutivo Renzi. Anche lei, Giannini, in sinuoso abitino rosso…
Ciliegina – evidentemente rossa – sulla torta. Parecchi sessantottini, intellettuali tanto al metro o al centimetro, si sono sciolti in brodo di giuggiole per la nomina del “compagno” Gentiloni a palazzo Chigi. E hanno attaccato il perfido Mario Capanna, colpevole di lesa neo-maestà, avendo ricordato che la presenza del cattolico Paolo tra le fila del Movimento studentesco era impalpabile, all’epoca passò praticamente inosservata.
In una imperdibile rimembranza, un drappello di reduci (tra i componenti dell’armata Brancaleone, tali Giovanni Cominelli, Sergio Vicario, Mario Martucci, Nino Bertoloni Meli, Franco Origoni, Livio Muci) rammenta con un groppo in gola “quando da Milano si approdava a Roma, con poche lire in tasca, e Paolo Gentiloni, sempre gentile e affabile, ospitava i ‘compagni’ del Movimento a pranzo nel palazzo omonimo, dove il solerte Settimio in guanti bianchi dispensava cibo a tutti”.
Tutti radunati intorno al Che de noatri, Vate Paolo…
Nella foto Valeria Fedeli e Stefania Giannini
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