Pazienza. Ancora 48 ore e domani un salutare silenzio  

Pentiti, cioè impossibilitati a rispettare il fioretto, rompiamo in zona Cesarini il voto del silenzio, il “basta” sulla questione referendum cha da verifiche sul campo sembra interessare morbosamente i contendenti politici e molto, ma molto meno, gli elettori. Alla domanda regina della campagna, che ha saturato il mondo dei media fino alla nausea, solo risposte evasive, fumose, titubanti: dopo il voto, chi e che cosa? Senza temere accuse di esterofilia, è giusto dare al britannico Financial Times quel che gli spetta e cioè la proposta di quattro ipotesi. Una per il dopo vittoria del SI, tre se a prevalere sarà il NO. Le riassumiamo, escamotage per non tornare sulla bagarre dei contendenti in campo che tra insulti e contumelie hanno sfiorato il rischio di venire alle mani o di sfidarsi all’alba nei pressi del convento delle Carmelitane scalze, a colpi di pistola. Dice il giornale made in London che la vittoria del “Basta un si” non scongiurerebbe il rischio politico di accantonare il tema delle riforme economiche a vantaggio dell’impegno a rafforzare la maggioranza nella prospettiva delle elezioni del 2018. Non sarebbe da escludere una riedizione del Nazareno, di un accordo con Forza Italia per modificare la legge elettorale e scongiurare un ipotetico potere di 5Stelle. ovemai dovesse vincere le elezioni. Vince il NO? Dimissioni di Renzi e varo di un governo tecnico per formulare la Legge di Bilancio. Nomi in lizza? Padoan, Franceschini, il presidente del senato Piero Grasso. Ipotesi numero due: Elezioni anticipate (caldeggiate da Grillini e Salvini, ma non disprezzate da una parte del Pd). Altra prospettiva, secondo il Financial Times è un secondo incarico a Renzi in caso di quasi parità tra il SI e il NO, con l’incognita di un nuovo mandato a un premier non eletto dalla volontà popolare.

 

Vacanze di Natale e non è un cine panettone

L’incredibile reiterazione di enti pubblici sotto processo per i reati di furbetti, sfaticati e imbroglioni, che si assentano dal lavoro grazie alla truffa del badge timbrato da colleghi compiacenti, certo, non è paragonabile all’assenteismo dei parlamentari, pur altrettanto indecoroso. O forse di più, perché gli eletti del popolo possono disertare impunemente le aule di Montecitorio e Palazzo Madama. Le due camere non approverebbero mai di legare i lauti compensi degli “onorevoli” alle presenze. In piena campagna referendaria le inerzie parlamentari hanno goduto di extra vacanze pagate. Si sono associati anche i consigli regionali, ispirati al comodo principio di priorità della promozione del SI e del No. Nessuna seduta di Camera e Senato nella settimana precedente il referendum e rientro il 6 dicembre, ma per una toccata e fuga perché dall’otto al dodici di nuovo vacanze per il cosiddetto ponte dell’Immacolata e la prossimità al Natale e a Capodanno lascia intendere che lo stop al lavoro parlamentare si fermerà di nuovo e non per qualche giorno. L’ultimo consiglio dei ministri si è tenuto il 24 Novembre. Il riferimento agli studenti che con l’approssimarsi del 25 Dicembre inventano scioperi e occupazioni è così improprio?

 


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