Si direbbe e non senza rabbia democratica che la contestazione dell’insediamento sul trono d’America di Donald Trump abbia progressivamente perso d’intensità, sopraffatta da un mesto “ormai è fatta, inutile manifestargli ostilità”. Insomma c’è rassegnazione e non solo. Tre quarti del mondo industrializzato si guarda allo specchio e antepone l’egoismo dei propri interessi venali alla coerenza politica che indurrebbe a mantenere le distanze dal peggiore presidente degli Stati Uniti, eletto dalla metà peggiore del Paese. A suffragio del cambiamento di rotta di quanti hanno tifato contro l’ineffabile tycoon concorrono i media, senza distinzione tra progressisti e conservatori. Lasciano intendere che il neo presidente sia toccato da grazia divina e che sia sulla via del buonismo erga omnes. un pentito con il capo cosparso di cenere, intenzionato a procedere sulla retta via della tolleranza, dell’accoglienza, del “sono il presidente di tutti”.
Capire cosa c’è di vero in queste supposizioni è compito elementare, agevolato dagli stessi giornali che insinuano nei lettori l’idea di un Trump accettabile. Il “nostro”, si fa per dire, aveva giurato di decapitare le lobby di potentati economici che condizionalo il trend globale degli Usa, ma inghiottisce il rospo, apprezzandone il sapore, il plebiscito di boss delle stesse lobby che imbarca nel governo in formazione compatta. Nell’agenda del neo presidente sono segnati in grassetto i nomi di Wilburn Ross, candidato al ministero per il commercio. Circa tre miliardi di dollari la sua quotazione di nababbo. Vale un paio di miliardi in più Betsy Devos, munifica sostenitrice di Trump, compensata con l’incarico di segretaria all’istruzione. In sintonia con le idee guida del successore di Obama, che negano la responsabilità di petrolio e affini nel futuro buio della Terra, dovrebbe diventare segretario dell’energia il super petroliere Harold Hamm (patrimonio di oltre 15 miliardi di dollari) e per il Tesoro chi se non il banchiere Steven Mnuchin? Questo il buongiorno di Trump che potrebbe illuminarsi con l’ingresso nella squadra di governo del finanziere Mitt Romney al dipartimento di Stato, per un terrificante poker di “compari” in affari e con il corollario di un vice di Ross al commercio, tale Todd Ricketts, iscritto, nemmeno a dirlo, al club dei finanzieri. Che ne pensano gli americani? Che avere al governo i paperon dei paperoni potrebbe essere esente da tentazioni di amministrare a proprio vantaggio. E allora che se li tengano, nella speranza di non essere rapidamente smentiti. Per ora gli applausi sono tutti o quasi di provenienza Wall Street, nessuna meraviglia.
Nella foto la borsa di Wall Street
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