La giustizia? Ormai un optional. Nel migliore dei casi si trasforma in sociologia o in trita storiografia. Nel peggiore ma ormai endemico dei casi, in beata prescrizione per lorsignori, che continueranno a delinquere più impuniti che mai.
Eccoci al caso più fresco. Opportunamente silenziato dai media, non una riga su Repubblica né sul Corsera, per far solo due esempi dei sepolcri imbiancati di casa nostra. Delitto Calvi, per lorsignori il “suicidio” sotto il Ponte dei Frati neri a Londra. Ieri l’ultimo ceffone alla famiglia del banchiere: tutto archiviato, sentenzia e manda in naftalina la Procura di Roma. Così vuole il pm Luca Tescaroli, così avalla il gip Simonetta D’Alessandro. Ai confini della realtà le motivazioni: impossibile – ammettono le toghe – pensare ad un suicidio, visto che fanno capolino poteri forti e criminali. Ma notate bene: c’è la massoneria, una parte ma non tutta; il Vaticano, una parte ma non tutto; Cosa nostra, una parte ma non tutta. E potevano anche aggiungere la camorra, una parte ma non tutta, i faccendieri una parte ma non tutti. Una bella torta: una fetta pulita e immacolata l’altra marcia e indigesta. Comunque nessun colpevole, nessun killer, nessun mandante.
Ma è questo il modo di amministrare giustizia in questo sciagurato Paese? Regaliamo fior di stipendi a tanti magistrati per sentirci raccontare favolette del genere? Nessuno che paghi mai lo straccio di niente per insabbiare, coprire, depistare o anche solo per fregarsene? Possibile che indagini durate anni, spesso con una valanga di danari pubblici sperperati in perizie, consulenze più o meno tecniche, contro perizie, analisi e contro analisi, alla fine non siano in grado di produrre neanche un topolino spelacchiato? Che nessuno alzi un dito? E che l’esercito dei senza giustizia, dei familiari presi a calci, delle vittime massacrate due volte debba ogni giorno aumentare di numero?
Stesso giorno, stessa città, stessa procura. E anche un imputato in comune con l’omicidio di Roberto Calvi, ossia il piduista-faccendiere Flavio Carboni. Stavolta vanno in scena i pm che, per il caso P3, chiedono 53 anni di galera per gli imputati. 9 e mezzo per Carboni, appunto, 8 e mezzo per l’aggiusta processi Pasqualino Lombardi (solito organizzare sontuosi meeting per toghe eccellenti & C.) e per l’imprenditore partenopeo Arcangelo Martino, 5 per l’ex primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone, 4 per il senatore ex Forza Italia e ora Ala (destra del governo Renzi, e tra i più accesi fautori del SI al referendum) Denis Verdini.
Caspita, direte voi, finalmente il pugno di ferro. Che però presto si trasformerà in guanto di velluto quando ci si accorgerà che – per la solita lentezza ad orologeria della macchina giustizia – tutto finirà in beata prescrizione. Perchè dopo le sentenze (ora siamo ancora alle richieste dei pm, Mario Palazzi e Rodolfo Sabella) non si farà in tempo ad arrivare all’appello perchè tutto finirà in gloria, visto che i fatti risalgono al biennio 2009-2010. Cin cin. Giustizia l’è sempre più sfatta.
Nella foto Roberto Calvi
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2 pensieri riguardo “CASO CALVI / L’ENNESIMO VAFFA ALLA GIUSTIZIA. IGNORATO DAI MEDIA”
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