MONTE PASCHI SIENA / SULLE ALI DI PASSERA TUTTI A FONDO CON PINCUS
Il postino suona sempre due volte. Adesso anche il finanziere. E’ il caso di Corrado Passera che, passata per ora la passione politica, s’è rituffato negli affari, e nel giro di tre mesi torna alla carica per entrare nel labirinto del Monte dei Paschi di Siena. Ci aveva provato a luglio, ma è stato rispedito al mittente. Ora ritenta, l’ex amministratore delegato di Intesa San Paolo, e invia a Rocca Salimbeni – storica sede di Mps nella città del Palio – una “proposta non vincolante” che verrà sottoposta al prossimo cda, previsto per il 24 ottobre.
Molto nebulosa, anche la seconda offerta, senza cifre e nomi, a quanto pare una avance e forse qualcosa di più, una proposta di fidanzamento e poi di nozze. Lui, il promesso sposo, è già in brodo di giuggiole e vede le rondini volare nel cielo azzurro: “se va come deve andare – confida – il mio può essere un progetto bellissimo e l’Italia ne uscirebbe alla grande. E’ questo che mi stimola”. Il novello Garibaldi, comunque, è in attesa delle “carte” per il matrimonio, dei documenti del Monte, per poter passare ai raggi x conti, bilanci e quanto è finora racchiuso negli scrigni senesi. Dopo di che avrà quattro settimane di tempo per formulare una proposta dettagliata: la quale dovrà confrontarsi con quella – già al vaglio dei vertici Mps – avanzata da Jp Morgan e Mediobanca.
Ma a nome di chi cinguetta Passera? Chi sono i suoi “partners”? Secondo le indiscrezioni che trapelano da piazza Affari è – come secondo i copioni delle ultime, consolidate prassi in tema di finanze creative – questione di “Fondi”, i veri protagonisti nelle storie del post capitalismo industriale dagli Usa all’Europa, e il nostro Paese al solito buon ultimo ad affacciarsi, avido e curioso, sulla scena.
In pole position, nel piano Passera, uno dei più attrezzati fondi a stelle e strisce, Warburg Pincus, di cui la Voce ha parlato giorni fa a proposito delle ricche “porte girevoli” dell’establishment Usa. E tra i super fortunati alla lotteria miliardaria dei pezzi da novanta ex “pubblici”, poi passati coi ricchi “fondi”, avevamo segnalato il nome di Timothy Geithner, per anni ex segretario del Tesoro negli States, oggi alla corte di Pincus, un maxi gruppo da 500 dipendenti e un giro d’affari annuo da 40 miliardi di dollari.
Ma ecco la scoperta: dove era mai andato Geithner dopo aver lasciato il Tesoro yankee? Prima di passare alla corte di Pincus, è stato super consulente di Jp Morgan: guarda caso il colosso che ha fatto la prima offerta per il “risanamento” di Mps, o ora in concorrenza con il Pincus targato Passera. Una regia tutta Usa? Un nuovo cavallo di razza, Pincus, e in sella un pezzo da novanta dei Palazzi Usa, Geithner, e l’amico italiano ad hoc? Un film tutto da vedere.
Torniamo ai ‘fondi’ di casa nostra. Commentano ancora a piazza Affari: “ormai la nostra economia è al tracollo e quel poco che resta è stato abbondantemente prima vandalizzato – con le privatizzazioni agli amici degli amici, peggio che nella Russia di Putin – poi finanziarizzato. Ora lo strumento base per portare avanti le strategie predatorie sono proprio i Fondi. In questo modo si mettono le mani direttamente sui malloppi rimasti, gli immobili degli enti pubblici e previdenziali. Quindi, si rapinano direttamente i risparmi costruiti in una vita”.
Un tragico scenario che più chiaro non si può. Sempre nei giorni e nelle settimane scorse abbiamo dettagliato alcune non poco acrobatiche operazione. Dalle magie del numero uno dei Fondi nel nostro Paese, Massimo Caputi, a quelle del suo ottimo amico, Sergio Iasi, appena sbarcato al Cis di Nola. Ecco una fresca nota (19 ottobre) del Corsera Economia: “Cis Nola, accordo sui vecchi debiti. Intesa sui debiti (272 milioni) del Cis di Nola, superpolo del commercio. Il via delle banche è propedeutico all’omologa dell’accordo in Tribunale”. E tra le banche, in prima fila, Intesa e Unicredit.
Poche, lapidarie parole per uno scenario da brividi, con una serie di fallimenti a catena (fino ad oggi una trentina su un totale di circa 300) d’imprese commerciali, che oggi denunciano una serie di raggiri ai loro danni messi a segno dai vertici di Cis-Interporto, a base di mutui – a tassi anche usurari – e sub mutui campati per aria. L’ok delle banche era straprevisto. “Ma ora – scendono sul piede di guerra i commercianti – dobbiamo lottare perchè l’omologa non passi. E anche perchè le modifiche che il presidente del Cis Punzo vuol apportare allo statuto non vengano approvate: altrimenti significa uccidere per sempre il Cis e stroncare le vite imprenditoriali di tanti che ci hanno creduto e ancora ci vogliono credere”.
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