Tutto lo vogliono tutti lo cercano. E’ già il nuovo Mito di mamma Rai, che del resto conosce come le sue tasche, i corridoi di viale Mazzini quanto quelli di casa. Of course, si tratta di Walter Veltroni, l’americano che torna in Patria, il figliol prodigo che sbarca per portar Cultura al popolo bue. Dopo falci e martelli, è l’ora di Cuori & Memorie, che diffonderà per quattro sabato sera, in compagnia dell’Uomo dei Pacchi, Flavio Insinna.
Un week end trionfale, quello di metà ottobre, per mister I Care. Comincia con lo scoop del secolo sulle colonne del Corriere dello Sport, per il quale è già – alle partite d’esordio – la firma di punta, il Messi delle interviste. Da Pallone d’Oro le confidenze raccolte dalla bocca di Max Allegri, il coach della sua Juve: titolone da scatola, cubitali i caratteri per il suo scoop, una fiondata nel sette alla Platini. A neanche una settimana dall’altro imperdibile racconto, le memorie del re de Roma Francesco Totti, altro capolavoro d’autore di vite pallonare.
E con Buffon continua il dream stavolta negli studi di Rai1, sabato palla al centro. Ed è già standing ovation prima ancora del fischio d’inizio. Suonano i violini di Repubblica, un paginone tutto miele: “seduto nel suo studio foderato di libri e dvd, l’ex segretario del Pd, oggi scrittore e regista (dopo il film su Berlinguer e quello sui bambini, record di ascolti su Sky, prepara un documentario sulla felicità), racconta il suo sabato formato tv”. Le Sue Parole: “Leonardo Pasquinelli di Magnolia mi chiese di collaborare a un loro progetto, ma non ero adatto. Però gli parlai dell’idea che, dai romanzi ai film, mi ossessiona da sempre: la memoria. Volevo capire se fosse possibile portarla in una dimensione spettacolare e di massa”.
Lo spartito prosegue tra le note del Corsera: “Con la memoria si può anche giocare – è il Verbo di Walter – essere lievi e al tempo stesso fare uno show del sabato sera che abbia una sua profondità”. La musica continua suadente: “essere lievi ed essere profondi non è una cosa contraddittoria. E’ forse la cosa più difficile da fare. Ma certamente è la più bella”. In questo “Dieci cose” – pennella Alessandra Arachi – Walter Veltroni ha messo tutto l’amore che ha nel raccontare le persone nella loro intimità”. Ma chi erano Salinger e Fitzgerald?
“La gente mi vuole bene – è lo spirito di Francesco che urge dentro di lui a parlare – perchè ho abbandonato il potere. E non ho più chiesto poltrone”, forse rivolto al più “temporale” Max D’Alema, cui il renzianissimo Luca Lotti ha rimproverato l’eterno avvitamento agli scranni.
TRA I SEGRETI DI BILDERBERG
Un potere che da qualche anno, ormai, provoca l’orticaria nel corpo e soprattutto nel cuore di Walter, ora impegnato invece nelle battaglie umanitarie dell’Unicef o nella promozione del Museo della Shoah. Lo testimonia la ferita cagionatagli da un articolo pubblicato da un blog, www.lolandesevolante.net, che nel 2011 scrisse un servizio titolato “Ecco i nomi segreti dei 43 massoni italiani”.
Nel pezzo veniva poi precisato che si trattava di un “elenco degli italiani che hanno partecipato almeno una volta al gruppo Bilderberg, la loggia massonica più potente al mondo”. Una forzatura, dal momento che chi legge pensa subito a cappucci, compassi & grembiulini, mentre l’attenzione è volta al gruppo dei Bilderberg, i potenti della terra che da 52 anni si riuniscono una volta all’anno, quasi sempre in Europa (e sempre nella più totale privacy, quest’anno tra i boschi bavaresi). Il blog dei tulipani, in sostanza, parla di “massoni segreti” (forse intende coperti) e dettaglia poi i nomi dei partecipanti italiani ai summit targati Bilderberg. Nessuna smentita, comunque, è arrivata a quel pezzo: tranne che dal legale di Veltroni, Luca Petrucci, che così scriveva: “Ho ricevuto mandato dall’On. Walter Veltroni di diffidarVi all’immediata rimozione del Suo nome dall’elenco pubblicato, in quanto falso e profondamente lesivo del suo onore e della sua reputazione. Infatti lo stesso non ha mai partecipato al ‘gruppo Bilderberg’, né è mai appartenuto ad alcuna loggia massonica o organizzazione segreta”. Obbediente, il sito lo “cancellò” da quell’elenco, come si può osservare dal link: tra la T di Tronchetti Provera Marco e la V di Visco Ignazio, infatti, una sfilza di XXXX ricoprono nome e cognome dell’ex sindaco di Roma.
Le bugie, però, hanno le gambe corte. E Walter Pinocchio, nello smentire tramite il suo avvocato la partecipazione a qualsiasi sodalizio segreto, fa un salto troppo lungo, negando ogni sua partecipazione a meeting dei Bilderberg. Le cronache, del resto, hanno riportato, in passato, il suo nome tra quelli dei Potenti della Terra, senza peraltro ledere alcuna maestà, se non scostare appena il velo di tali auguste privacy. E fu proprio la Voce, in un’inchiesta di 11 anni fa, febbraio 2005, a ricostruire la Bilderberg story, iniziata in Olanda tra nostalgici nazisti e vip dell’epoca, e approdata nel 2004 sulle rive del lago Maggiore, in “uno dei più esclusivi alberghi di Stresa”, proprio per festeggiare la cinquantesima candelina. “Coperti dal più assoluto riserbo – dettagliavamo – a Stresa sono arrivati parecchi pezzi da novanta della politica e della finanza internazionale, da Henry Kissinger a Richard Pearle, da David Rockfeller a Melinda Gates. Di tutto rispetto la nostra pattuglia”. E elencavamo una dozzina di grossi calibri nostrani, i cui nomi appaiono nell’elenco dell’olandesevolante e potere leggere nell’inchiesta del 2005.
Così proseguiva il pezzo: “Alle precedenti riunioni, comunque, i nomi di casa nostra sono stati ancor più altisonanti. Molto qualificata la ‘delegazione’ politica: Walter Veltroni (all’epoca direttore dell’Unità), Virginio Rognoni (in qualità di ministro della Difesa, oggi vicepresidente del Csm), Emma Bonino (come membro della Commissione europea), gli ex big del garofano Claudio Martelli (a quel tempo Guardasigilli), Gianni De Michelis (Esteri), nonché dell’edera con Giorgio La Malfa. Forza Italia – veniva aggiunto – scende in campo con Domenico Siniscalco e Giulio Tremonti (presenti anche al summit di Stresa). Ma nel corso degli anni la presenza più significativa ai summit Bilderberg è quella di Romano Prodi, invitato – in cima alla lista tra tutti – in qualità di docente di Economia Industriale all’Università di Bologna”. Titolo di quell’inchiesta, infatti, era “Avanti miei Prodi”, dedicato a colui che avrebbe di lì a breve ripreso in mano le redini del nostro Paese come premier dopo Berlusconi.
Ma le iper sensibili corde del cuore di Walter saranno state certo più duramente messe alla prova da un’altra storia successa due anni dopo, metà 2007. Una storia che porta da uno dei luoghi cult di Roma, Villa Ada, nientemeno che a Villa Wanda, magione aretina del Venerabile Licio Gelli. E tutto succede quando lui, Walter, è il primo cittadino della Città Eterna.
DA VILLA ADA A VILLA WANDA, ECCO IL THRILLER
Complessa la trama, come nei migliori thriller che di sicuro il regista-scrittore-autore-critico-neo ideatore tivvù ama. Un piccolo arcipelago di società fantasma, il sapore di sigle antiche, il rumore dei giocattoli che riportano all’infanzia, alla ‘memoria’; e poi delibere municipali, milioni di euro pubblici, progettisti, faccendieri, ambientalisti; e – ciliegina sulla torta – lo stretto entourage dell’ex capo della P2.
Al centro dell’intrigo i destini di una parte non da poco di Villa Ada e, soprattutto, la creazione di un “Museo del Giocattolo”, il cui itinerario subisce svariati cambi di rotta e vede una serie di personaggi – non sempre trasparenti – alternarsi sulla scena. Tra i protagonisti e interpreti del copione, Marta Sanarelli, consorte del primogenito del Venerale, Raffaello Gelli, Filiberto Morasca, altra pedina nello scacchiere gelliano (a lui faceva capo la società Omega), Leonardo Servadio, il proprietario della antica e preziosa collezione di giocattoli (con ogni probabilità a suo tempo acquistata proprio in tandem col Venerabile).
Il film prevede, come di rito, due tempi. Nel primo è possibile ammirare i tentativi dei protagonisti di mettere a segno una serie di progetti proprio nel paradiso di Villa Ada; nel secondo quelli relativi alla collocazione del Museo del giocattolo. Fil rouge i soldi, gli affari, visto che nelle delibere passate al vaglio dal Campidoglio si parlata di una dozzina di milioni di euro (che lievitano fino a quasi 15): non proprio noccioline per un Comune preso d’assalto da centinaia di predoni e nel quale già allora – Veltroni sindaco – avrà inizio lo scavo di buche colossali nei suoi conti economici (poi verranno le disastrose gestioni Alemanno e Marino).
Il bandolo della matassa fa capo sempre ad “Antiqua 2001”, una sigla riconducibile a casa Gelli e alla “Ad Service” di Morasca che – i casi della vita – coltiva interessi nel campo della produzione cinematografica, attraverso la Baker Pictures. Come si vede, il consueto gioco di scatole cinesi. O di specchi. Quello di Antiqua riflette un forte interesse per una bella fetta di Villa Ada. Così dettagliava la Voce in una cover story di luglio 2007, titolata “Adda Venì Veltroni – Da Villa Wanda a Villa Ada” (vedi link in basso): “ad una prima verifica risulta che il Comune ha affidato in gestione quell’ampia fetta di paradiso pubblico alla società Antiqua 2001, la quale intende realizzarvi, tanto per gradire, un mega ristorante. Il tutto pagando di fitto al comune la cifra irrisoria di 1900 euro l’anno, nemmeno uno sgabuzzino in periferia”. L’operazione, però, non va in porto perchè scende in campo il Wwf denunciando una vera e propria truffa: Antiqua, profittando della scarsa attenzione degli uffici municipali, aveva infatti millantato un accordo con l’associazione ambientalista. Sarà Fulco Pratesi in persona a smentire l’accordo taroccato, nel corso di una conferenza stampa indetta proprio con la Voce, che aveva puntato i riflettori su quel golpe alla romana.
Secondo tempo e secondo assalto. Stavolta con i giocatoli a bordo. E’ l’occasione – la prestigiosa collezione Servadio – per dar finalmente vita ad un sogno che tutti i romani hanno da sempre nel cassetto: quello di un Museo delle loro memorie, delle loro prime infanzie, dei giochi un tempo amati. E’ proprio il sindaco Veltroni, nell’estate 2004, ad annunciare il gaudium magnum alle porte: Roma ospiterà, entro un paio d’anni, il ‘Museo del gioco e del giocattolo’. “Sarà un grande fatto culturale che permetterà una rivisitazione dei costumi e del rapporto tra la società ed il gioco in più di cento anni di storia recente, un luogo per tutti, perchè dentro ognuno di noi si nasconde un bambino”. Parola di sindaco. E sembra, oggi, di vedere la sagoma di Flavio Insinna tra Pacchi regalo, fate, nanetti & ‘Dieci cose’ da sogno.
Parte il primo trenino carico di soldi, 5 milioni di euro tanto per gradire, stanziati dai fondi per “Roma Capitale”. Quasi tutti, 4 milioni e mezzo, servono per aggiudicarsi la preziosa collezione: però difficile da vendere, visto che Servadio aveva già cercato, inutilmente, di rifilarla al comune di Perugia, mentre ora trova Babbo Natale. Perugina come lo stesso proprietario, comunque, sarà la società incaricata di allestire il progetto educativo che farà da ovvio corredo al realizzando museo: si tratta della cooperativa ABCittà, che nel suo pedigree vanta la chicca di un ‘Festival delle Utopie concrete’. Fa tanto sapore di Walter.
Mentre Walter-I have a dream scalda i muscoli per allenare il nascente Pd – il suo nome venne sponsorizzato dal segretario Ds Piero Fassino e dal compagno falce e coltello D’Alema, all’epoca ministro degli Esteri – le sigle ambientaliste capitoline a metà 2007 si ritrovano unite nella lotta: per liberare Villa Ada da invasori & affaristi. Ma non solo. Così scriveva il Comitato che radunava 40 sigle verdi: “a Roma non esiste la possibilità di ottenere quei diritti che i cittadini di numerose nazioni europee hanno da tanti anni e che garantiscono di essere ‘cittadini’ e non ‘sudditi’. Altro che ‘Modello Roma’ da portare a livello nazionale’.
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ESORDIO RAI PER VELTRONI / 4 PACCHI E 10 COSE, NEL SEGNO DI CHAPLIN – 13 ottobre 2016
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