Tempesta al Cis di Nola, il più grosso centro commerciale d’Europa, trasformato da mesi in un autentico campo di battaglia tra il fondatore, Gianni Punzo, e la gran parte dei soci, ormai ridotti sul lastrico per mano “giudiziaria” e anche “bancaria”. Parte all’attacco la Confedercontribuenti di Roma che in un esposto al calor bianco inviato a tutte le autorità (comprese quelle antimafia) denuncia le manovre border line che stanno espropriando i commercianti e dando disco verde ai freschi progetti speculativi. Intanto da appena due mesi è sbarcato a Nola, come super manager in grado di portare ordine e creatività, un pezzo da novanta prima della Rai, poi dei Fondi, soprattutto immobiliari: Sergio Iasi, una vita al fianco di Massimo Caputi, il numero uno nel ricco settore.
Un personaggio davvero vulcanico, il cavalier Punzo, capace a metà anni ’80 di compiere un salto acrobatico: dalla ruspante piazza del Mercato, nel cuore di Napoli, all’idea Cis: è così che ‘O Pannazzaro – come lo colorivano gli amici – diventa ‘O Re di Nola, sotto la protettiva ala di mamma Dc e soprattutto di ‘O Ministro, Paolo Cirino Pomicino. L’appetito verrà mangiando, e col tempo Punzo potrà acquisire anche quarti di nobiltà. Sarà infatti il partner scelto dal sofisticato Luca Cordero di Montezemolo e da Diego Della Valle, ‘O Scarparo (secondo l’altrettanto colorita definizione dell’allora patròn Fiat Cesare Romiti), nell’avventura di Italo, il super treno che vuol fare il solletico alle Ferrovie dello Stato: tanto a sganciar soldi provvedono subito le stavolta generose banche, in prima fila l’Intesa guidata da un altro amico, Corrado Passera. E il gruppo Intesa è ancora una volta in pole position, oggi, nel finanziere le manovre Cis targate Punzo.
CALENDA, INTERPORTO E QUEL CERTFICATO ANTIMAFIA
Ma gli assi nella manica del cavaliere vesuviano non finiscono mai. Ed ecco spuntare dal cilindro Carlo Calenda, l’attuale ministro per l’Economia, che nel 2009 sbarcò a Nola per gestire l’altra creatura partorita da Punzo e dai suoi aficionados: Interporto, sigla strategica per capire fino in fondo l’attuale stato di decozione dello stesso Cis, col tempo impegnato a traghettare palate di milioni nelle casse della controllata Interporto. Proprio per far luce sui rapporti super anomali tra Cis e Interporto, tre anni fa è partita un’inchiesta della procura di Nola: quali i suoi sviluppi? Va avanti o tutto in naftalina?
Fu proprio Calenda, nel 2010, a contattare la redazione della Voce: voleva precisare alcuni dettagli sulla questione “antimafia”, quel certificato che non arrivava mai dalla prefettura di Napoli, mettendo in profonda crisi lo start di Italo (poichè una società che faceva capo ad uno dei protagonisti di NTV, la sigla madre di Italo, non era provvista del rituale certificato antimafia). Molto più ruspante Punzo, che inviò una lettera alla stessa prefettura preannunciando una querela – mai arrivata – alla Voce.
In un articolo più recente, meno di un anno fa, novembre 2015, la Voce dettaglia invece la bagarre appena scoppiata in casa Punzo. Per via di due storie: la lite con l’ex amico Carlo Pontecorvo – il patròn della Ferrarelle – e la battaglia con i soci, per estrometterli dal Cis, poco importa se buttandoli sul lastrico.
Al centro della prima querelle, il destino della Banca Popolare di Sviluppo, nata per affiancare gli imprenditori del distretto di Nola nei loro sogni di espansione. I due “amici” a un certo punto rompono: Pontecorvo, il presidente, vuole trasformare la banca in spa, chiede un aumento di capitale, intendere avviare una fusione con altri due istituti per dar maggior peso alla nuova creatura, dichiara di aver l’ok di Bankitalia. “Ribelliamoci” è la urlata replica di ‘O Pannazzaro, che contesta soprattutto “l’aumento di capitale già programmato per far entrare terzi estranei al Distretto”, nonché “l’eliminazione del voto capitario e quella del voto nominale in assemblea”. La battaglia continua ancora, a colpi di carta bollata e procedimenti giudiziari.
Ma veniamo alla nostra storia, il “default” annunciato del vecchio Cis per un “nuovo creativo” che avanza tra le nebbie. Una storia intricata, che corre negli anni tappa dopo tappa, una caparra iniziale versata dai soci per l’acquisto dei capannoni, poi rate di leasing mensili, fino al quasi raggiungimento della meta. E mentre stanno per tagliare il traguardo, a soli 9 mila euro dal saldo finale, i commercianti che hanno dato vita in tanti anni al Cis vengono stoppati. Con una serie di scuse e acrobazie verbali, invocando lo “spirito di gruppo”, il patròn sostiene che bisogna fare e soprattutto dare di più, per questo parla di un grosso mutuo da 300 milioni con Unicredit. Pensavano i soci di aver finito e pagato tutto? Niente, adesso è la volta di un sub-mutuo, altre rate ultradecennali, la bellezza di 155, a tassi che non pochi definiscono “usurari”: non basta, perchè sugli stessi capannoni viene accesa ipoteca.
Ma cosa succede nel frattempo? Le ulteriori rate pagate regolarmente dai soci e versate nelle casse del Cis, non vengono poi girate alle banche, ma dirottate, spesso e volentieri, in quelle della controllata Interporto Campano, che naviga in brutte acque e ha bisogno continuo di ossigeno per non affondare. Quindi, a loro totale insaputa, i soldi conferiti finiscono in casse… sbagliate, e per tutti altri fini.
Ecco quindi che i commercianti man mano scoprono di “non aver pagato le rate”, di trovarsi “morosi” e ovviamente a quel punto smettono di pagare le rate rimanenti. Un paio d’anni fa ha inizio l’inferno a botte di carte bollate e la giustizia, al solito, comincia a mostrare il suo volto: non solo fregandosene di tutte le buone ragioni dei commercianti, raggirati come al gioco delle tre carte – molto in voga nella zona tra Mercato e Ferrovia, a Napoli – ma decretando una serie di fallimenti a raffica. Che in questi giorni si stanno traducendo negli atti finali della tragicommedia: le aste, le vendite giudiziarie che suggellano la fine non solo di “quel” Cis da molti vagheggiato, ma soprattutto la morte economica di tanti imprenditori che d’ora in poi ben difficilmente – da “falliti” – potranno osare di mettere il naso in una banca o ipotizzare l’apertura anche di una bancarella.
Intanto a Natale scorso il patròn Punzo, mentre i commercianti erano già in pieno calvario, partecipò alla cerimonia di premiazione del capo della Polizia Alessandro Pansa organizzata al Comune di Nola in prima fila con altri invitati eccellenti, dal procuratore capo di Nola Paolo Mancuso ai questori di Napoli e Salerno. Subito dopo, fu lo stesso Punzo ad accompagnare il capo della Polizia Pansa in visita ad una caserma locale. Tutto a posto.
IL J’ACCUSE DI CONFEDERCONTRIBUENTI
Leggiamo alcuni passaggi illuminanti dell’esposto firmato dal presidente nazionale Confedercontribuenti, Carmelo Finocchiaro, datato 27 settembre 2016 e inviato a un lungo elenco di autorità istituzionali, dalle procure alle forze dell’ordine, dalla Direzione distrettuale a quella nazionale antimafia, dal Csm fino a Bankitalia.
“Secondo la totalità dei legali chiamati in causa, il contratto di submutuo è in violazione al divieto di patto commissorio, per mancanza di causa concreta, per anatocismo e usura”.
“Il finanziamento ad Interporto ha compromesso la situazione finanziaria del Cis spa fino a condurlo in area fallimentare”.
“La contestazione principale riguarda un gravissimo inadempimento del Cis spa che per la sua portata rende del tutto legittimo il rifiuto di ogni socio a pagare. Il Cis spa, infatti, continuando ad appropriarsi già dal 2011 dei soldi dei soci, senza versarli alle banche e finanziando addirittura per 40 milioni di euro una società in conflitto di interesse irrimediabilmente compromessa, non forniva alcuna certezza che fosse in grado di trasferire la proprietà del capannone ai soci, come previsto da contratto e come unico oggetto sociale del Cis spa”.
“A questo progetto al contrario di Interporto non tutti i soci hanno aderito. Ha pagato consulenze milionarie, con i soldi dei soci, per realizzare una operazione futura in conflitto di interessi con i soci”.
“Tutta questa operazione è avvenuta col consenso delle banche che da oltre 5 anni preparano con il signor Punzo il tentativo di rottamazione del Cis spa, per avviare operazioni molto più redditizie”.
“In occasione del convegno nazionale da noi promosso a Napoli il 21 giugno, su sollecitazione di alcuni imprenditori del Cis, sono emersi dati preoccupanti nella lettura dei dati del bilancio, quali perdite non ripianate per oltre 15 milioni di euro, confermati i finanziamenti concessi a società partecipate per oltre 35 milioni di euro. A fronte di tutto ciò vi sarebbe un indebitamento che arriva a toccare i 300 milioni di euro circa. Il presidente nazionale di Confedercontribuenti è stato ascoltato dalla Guardia di Finanza di Nola. Prima della pausa di ferragosto i curatori fallimentari hanno comunicato agli imprenditori falliti che sarebbero partite le aste per la vendita degli immobili delle aziende e in molti casi dei beni personali degli imprenditori. Intanto l’assemblea non è stata convocata e il bilancio del Cis spa anno 2015 continua a non essere discusso e approvato. Nonostante siano in atto indagini sia penali che civili, da anni le aziende continuano la loro discesa: con il piano di ristrutturazione presentato presso gli archivi camerali si decreterà la fine dei valorosi 300 imprenditori che nel Cis avevano creduto. Si assisterà a breve alla vendita dell’intero complesso al solito Fondo nato ad hoc, quale soluzione definitiva per salvaguardare gli interessi dei poteri forti”.
IASI, IL SUPERESPERTO DI BUONUSCITE
Ed eccoci, davvero, al “Fondo”. Anzi al Re dei Fondi, Sergio Iasi, chiamato per la sua mission alle falde del Vesuvio durante la bollente estate. Ecco una asettica nota para aziendale del 25 luglio: “Il manager chiamato a pilotare il rilancio di Interporto Campano e Cis a Nola è Sergio Iasi, ex vicedirettore generale della Rai e, fino a marzo 2016, alla guida della ristrutturazione di Prelios, una delle più importanti società italiane nel settore della consulenza e dei servizi immobiliari”.
Tre ghiotte notizie in una, miracoli della sintesi. Interporto e Cis viaggiano regolarmente insieme, fusi sempre in uno stesso destino: e il navigato Iasi al timone. Viene dal mondo dei media, Iasi, da posizioni di vertice: niente di meglio per un lifting degli sgangherati Cis e Interporto, un maquillage alla grande, per ricreare miracolosamente un’immagine altrimenti impresentabile. E soprattutto, nel suo ricco pedigree, spicca un’altra vita, quella tutta “fondi”, con l’ultima ciliegina di Prelios, dalla quale si è congedato a marzo – a “risultati di bilancio ottenuti” – con una buonuscita da 2 milioni di euro tondi, tra le più alte in Italia.
Niente, comunque, rispetto al primato da Guinness, stabilito nel 2003 in Rai. Ve lo piazza Giulio Tremonti all’epoca ministro dell’Economia nel governo Berlusconi: ‘mission impossible’, risanare i conti. Non riesce, nei due mesi di consulenza a riportare viale Mazzini sulla retta via, ma i suoi conti li rimpolperà in maniera ottimale: 750 milioni di vecchie lire, tanto per il disturbo. Non basta, anche due cadeau al seguito, per mettersi alle spalle il frettoloso arrivederci voluto da Agostino Saccà che mal lo digeriva: altre due consulenze d’oro, una con Sipra – la concessionaria di pubblicità – la seconda con Rai Cinema e tanto per gradire altri 600 milioni di lire in cassa. Era arrivato per tagliare i costi in Rai…. Del resto, cominciò proprio nell’etere l’avventura di Iasi, dal decollo con Canal Plus, quindi la consulenza per Tele più, poi il coordinamento italiano di Europaweb.
Ma il suo piatto forte – dopo tante antenne – diventa, man mano, la finanza. Quella d’alto, altissimo bordo. E durante la sempre emozionante navigazione avrà costantemente un amico al suo fianco, un co-timoniere d’eccezione: il vero mattatore della finanza creativa, dei “Fondi” che più ricchi, grossi e grassi non si può, Massimo Caputi. Un nome che vuol dire altri legami politici ma soprattutto una stella polare che gli aprirà il futuro e altrettanto amichevolmente lo seguirà sempre: Paolo Cirino Pomicino (amicissimo, fin dai suoi esordi, proprio di Punzo). Nelle scorse inchieste abbiamo dettagliato i solidi rapporti tra ‘O Ministro e Caputi. Ora è la volta di passare ai raggi x le vite quasi parallele di Caputi e Iasi. Per farlo leggiamo un illuminante articolo pubblicato da “Il Mondo” nel 2012.
ATTENTI A QUEI DUE
“Il lungo cammino, che oggi li pone sotto i riflettori come la coppia che tenterà di traghettare l’ex Pirelli Real Estate fuori dalle secche, ha inizio nell’autunno del 2002. Il tetto sotto il quale viene cementata la fratellanza è quello del carrozzone pubblico Sviluppo Italia (attuale Invitalia). All’epoca Massimo Caputi è reduce dall’operazione Grandi Stazioni, svolta per conto di Ferrovie, e l’ex ministro dell’Economia, Tremonti, lo sceglie per affidargli il rilancio dell’Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti, il nome con cui viene ribattezzata Sviluppo Italia. Sergio Iasi è invece di ritorno da un rapido quanto fortunato blitz in Rai in veste di direttore generale con delega alla finanza. Al Tesoro – azionista di Rai quanto di Sviluppo Italia – decidono tuttavia di continuare ad avvalersi di Iasi, dirottandolo alla corte di Caputi. E nella holding pubblica il top manager transitato come un meteorite da Viale Mazzini diventa una delle figure chiave nell’organigramma. Nell’ordine ricopre la carica di amministratore delegato delle controllate Italia Navigando e Italia Turismo, procuratore per la holding, oltre che consigliere in alcune società minori”. Da ricordare che Italia Navigando venne a suo tempo amministrata da Renato Marconi, poi uscitone con una “barca” – è il caso di dirlo – di soldi, 16 milioni tondi tra liquidi e partecipazioni. Il nome di Marconi fa capolino nell’inchiesta Grandi Appalti della Cricca condotta dalla procura di Firenze, quale “referente abituale” di Vincenzo Maria Greco, l’alter ego di ‘O Ministro.
Torniamo al pedigree di Iasi secondo la fedele ricostruzione del Mondo: “Nel 2005 il gioco in Sviluppo Italia volge al termine, ma il duo targato Caputi e Iasi resta saldamente in piedi. Mentre il primo vive la sua stagione di feeling (destinata a interrompersi bruscamente) con Francesco Gaetano Caltagirone diventandone l’uomo chiave nei consigli d’amministrazione del Monte dei Paschi di Siena e di Acea, il secondo continua ad orbitare tra gli interessi del suo ex capo”.
“Iasi infatti viene nominato prima presidente di Feidos, società di cui Caputi è azionista all’80 per cento, e in seguito entra nel consiglio di Idea Fimit. Per Iasi inizia il percorso di crescita nel real estate che lo porta al vertice di Sansedoni, controllata Mps che si occupa di immobiliare, e poi dal 2010 a capo delle attività del gruppo Lamaro per conto dei fratelli Toti. L’ultimo deal prima di rivestire la carica di amministratore delegato (occupata fino a marzo 2016, ndr) di Prelios, è quello che lo vede firmare l’accordo per l’ingresso di Groupe Générale Immobilière del finanziere Robert de Balkany nello sviluppo dei Mercati Generali a Roma”.
Concludeva il reportage del Mondo: “Congedati i Toti, per Iasi ha così inizio la nuova avventura al fianco di Caputi. L’obiettivo è mettere a breve in pratica le linee guida del piano di rilancio dell’ex Pirelli Re. Un progetto che prevede il potenziamento e l’autonomia del mercato tedesco, dove verrà nominato un nuovo ad per gestire l’organico di 400 persone e asset per oltre 5 miliardi di euro. Tra i compiti che Caputi affiderà a Iasi c’è lo snellimento della holding italiana in cui lavorano circa 140 persone che in parte saranno trasferite alle attività di business. L’altra priorità è garantirsi da un lato la fidelizzazione degli oltre 100 investitori istituzionali presenti nei veicoli gestiti da Prelios e, dall’altro, la focalizzazione sui servizi destinati a patrimoni italiani ed esteri”.
Visto il sostanzioso e significativo curriculum griffato Iasi, sorgono spontanee alcune domande: sarà Prelios a fare un sol boccone di Cis? O quale altro “Fondo” dei tanti conosciuti “a fondo” dal super esperto Iasi? Quanti e quali “investitori istituzionali” potranno guardare interessati agli sviluppi? E gli organismi di controllo – altrettanto istituzionali – staranno solo a guardare?
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