Cosa volete che (sentimentalmente) allevi in seno uno dei tanti mercenari che vanno dove il personal manager li porta suon di milioni, euro, dollari o Yuan Renminbi, la moneta made in China che nababbi di nuova e spregiudicata ricchezza gettano sul turpe mercato del calcio: dove volete che vadano? Ma certo, si lasciano corteggiare dalle multinazionali di emiri che pompano oro nero con profitti miliardari, da affaristi russi straricchi di un mondo che si è tuffato a capofitto nel mare magnum della corruzione e degli affari illeciti, di cinesi re Mida. Chi avanzasse eccezioni, certo lodevoli, all’andazzo dei volontari che si arruolano per l’arruolamento nella legione straniera del calcio, conservi gelosamente il caso sporadico di vero amore del giocatore x,y,, per la squadra che lo ha ospitato. Ci sono voluti comunque litri di flebo milionarie. La regola è altro e un retro pensiero (tardivo per colpa di qualche giorno al mare, con i media evitati come la peste per disintossicazione) è dedicato non senza rancore alla rappresentazione da teatrino dei pupari, protagonisti Higuani, (che non chiameremo più con un amichevole “pipita”) e cinematografaro, De Laurentiis, prestato per al mondo del pallone per soddisfare ambizioni di popolarità, tra l’altro ben remunerata a giudicare da caso del goleador argentino che le casse della Juve, stracolme di bigliettoni ricavati dall’adieu dell’uomo dai piedi d’oro, al secolo Pogba, hanno ammutolito il patron partenopeo, a conferma della sua intenzione, malamente spacciata, di volersi tenere stretto l’uomo punta di Sarri.
Le schermaglie preventive sono state ben orchestrate. Higuain si è letteralmente eclissato per caricare su De Laurentiis e sul fratello manager le bordate prevendita, che hanno finto di fratello duellare a distanza sul destino del calciatore. Meglio di tutti la Juve: ha lasciato che si scannassero e ha perfino finto di non sbavare per l’ “acquisto”. Sullo sfondo, frasi del tipo “Mi ha insultato, mi ha chiamato grasso” la risibile stoccata di Higuain al presidente; “Non ha speso una parola per rimanere” la replica. Caro neo juventino, è altrettanto pretestuoso il principio di aver rifiutato ponti d’oro della Cina per amore del calcio. Chieda a suoi predecessori che hanno scelto contratti da capogiro nella terra di Mao. Nomi ed eventuali imprese sportive made in China hanno trovato molto sporadicamente qualche rigo sui nostri media e per una fabbrica europea di euro altrettanto o quasi allettante, la rinuncia a incrementare il tesoro accumulato o da accumulare le è sembrato marginale rispetto all’orgia mediatica della stampa, non solo italiana. nessun rammarico autentico nel suo sms amoroso nei confronti di Napoli che l’ha idolatrato quasi come Maradona (absit iniuria verbis). Consola che in quel di Torino sentirà molto più in sordina l’affetto dei tifosi, ma sono fatti suoi. Quanto a De Laurentis ha pronunciato una sola frase condivisibile quando ha confessato che il Napoli, confrontato all’opulenza di emirati e miliardari russo-cinesi, non sarà mai competitivo per quanto sperano i tifosi azzurri. Nessun rimpianto: pensino ai colleghi milanesi e alle loro ambizioni frustrate dall’onda gialla che ha strappato il Milan alla sua storia.
Nella foto De Laurentiis e Higuain
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