“Un caso che presenta almeno 200 anomalie, la morte di Marco Pantani. Un’archiviazione costruita su macroscopiche illogicità. Come credere alla storia dei poliziotti che mangiano un cono Algida durante il sopralluogo e inconsapevolmente gettano la carta nel cestino? O dei tre giubbotti che qualcuno ha a sua insaputa lasciato nel residence? Poi le analisi di Marco a Madonna di Campiglio: come può un gip non trasferire gli atti a Napoli quando ci sono le verbalizzazioni di camorristi che parlano espressamente di corruzione per taroccare quelle provette? Ma si sa, la camorra non corrompe, minaccia di morte…”.
Un fiume in piena, l’avvocato Antonio De Rensis, ai microfoni di Colors Radio per puntare l’indice contro un mare – è il caso di dirlo – di anomalie nella tragica vicenda del campione, scippato di quel Giro già stravinto nel 1999, per via delle scommesse di camorra che avevano puntato una montagna di soldi sulla sua sconfitta (e quindi il Pirata “doveva perdere”, a tutti i costi); e poi “suicidato” nel residence “Le Rose” di Rimini, perchè, con ogni probabilità, dava fastidio, “non doveva parlare”, su quel mondo nel quale non dettano legge solo le scommesse della malavita organizzata (capace, a fine anni ’80, di “far perdere” uno scudetto già vinto al Napoli di Maradona), ma anche quella del doping, come dimostra il fresco “caso Schwazer”, con il suo manager, Sergio Donati, minacciato di morte per il timore che possa alzare il sipario su colossali traffici e affari innominabili che costellano il “dorato” mondo sportivo.
E’ attesa in questi giorni – la previsione era per fine luglio, prima settimana di agosto – la decisione del gip di Forlì circa il destino dell’inchiesta sul giro d’Italia ’99 taroccato e la sconfitta del Pirata decisa “a tavolino” dalla camorra per via dell’enorme giro di scommesse, come hanno descritto prima Renato Vallanzasca, poi svariati “uomini di rispetto” dei clan campani, a cominciare dal collaboratore di giustizia Augusto La Torre, leader delle cosche di Mondragone abituate a grossi affari esteri (già ad inizio anni ’90 investivano in alberghi e ristoranti scozzesi, epicentro Aberdeen: i “deen don”, come scriveva già allora la stampa britannica) e in vena di riciclaggi spinti. Il legale del pentito La Torre – che ha raccontato per filo e per segno i colloqui con altri tre big boss – è Antonino Ingroia, l’ex magistrato di punta del pool di Palermo, poi passato, con poca fortuna, in politica (quindi avvocato e consulente per la Regione Sicilia targata Rosario Crocetta).
Una decisione, quella del gip di Forlì, che a non pochi addetti ai lavori pare scontata: la trasmissione degli atti alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli per competenza, visto che sono in ballo i clan di camorra, la regia del giro taroccato è made in Campania, non pochi boss hanno già verbalizzato su quelle storie e ancora possono farlo (insieme ad altri collaboratori). C’è tutto un bagaglio di conoscenze & competenze, quindi, alla Dda di Napoli, per poter agire al meglio e far luce sul giallo Pantani. Un’archiviazione “tombale”, a questo punto, suonerebbe non solo come una schiaffo alla famiglia Pantani, ma a tutti gli italiani e a quel minimo di Giustizia che – pur ridotta a brandelli – ancora esiste. E soprattutto affinchè non venga un’altra volta calpestata, come è già capitato e continua a capitare in tanti misteri e buchi neri della nostra “democrazia” altrettanto taroccata, proprio al pari di quel maledetto Giro.
L’intervista con l’avvocato Antonio De Rensis, legale della famiglia Pantani, è stata rilasciata a Colors Radio (www.colorsradio.it), l’emittente romana diretta da David Gramiccioli, in vita da un anno ma già con indici d’ascolto molto elevati, con solo in Italia, ma anche all’estero. Impegnata soprattutto sul fronte dei diritti civili, dei diritti spesso e volentieri negati e calpestati nel nostro Paese, per dar voce a chi è in attesa di giustizia, o di quella salute portata via dagli interessi di baronie e case farmaceutiche. Uno stupendo spettacolo, diretto e interpretato da Gramiccioli, “Vorrei avere un amico come Rino Gaetano”, dedicato alla musica e all’arte civile di un artista al quale l’allora mainstream dichiarò guerra (in tutti i sensi, fino ad ammutolirlo nel senso letterale del termine), è appena andato in scena a Napoli, nella prestigiosa sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, altro avamposto che lotta non solo per la sua sopravvivenza, ma per fare cultura nel deserto partenopeo, sempre più cloroformizzato dal neomelodismo “arancione”. Uno spettacolo che seguendo il fil rouge di poteri, mafie & massonerie, legava storie e misteri d’Italia, dal caso Montesi al giallo Moro, passando per il Vajont, con una serie di rivelazioni da novanta, autentico regalo per la memoria collettiva: una risorsa da coltivare come pianta sempre più rara.
Ecco, di seguito, l’intervista a De Rensis, che potete ascoltare direttamente dal sito di Colors Radio, cliccando fra i programmi sulla casella Voce on Air.
PARLA L’AVVOCATO DELLA FAMIGLIA PANTANI
“Marco Pantani non era forse il più forte. Ma certo il più amato, mai uno più di lui nella storia del ciclismo. Ogni pomeriggio 10 milioni di italiani davanti alla tivvù a vedere il Giro o il Tour. Forse ha cominciato ad essere un problema anche allora. Il ciclismo forse non era abituato a digerire un fenomeno del genere. Paradossalmente anche questo può essere stato un problema…”.
“Stiamo aspettando le decisioni del gip di Forlì, per fine mese, primi di agosto. Ma è una vicenda che si descrive da sola, nel suo percorso giudiziario”.
“Qui ci sono dichiarazioni scritte, nero su bianco, in cui boss della camorra, come Augusto La Torre, citato da Roberto Saviano nel suo Gomorra, dice espressamente che i medici incaricati delle analisi, quella mattina, furono corrotti. Specifica, non minacciati, ma corrotti. Come se non ci fosse intimidazione, quindi estorsione. Lo sanno tutti, tu non puoi difenderti, dalle richieste della camorra, se non rischiando la vita. La camorra vive di intimidazioni: o lo fai o ti ammazzo”.
“Queste carte, queste verbalizzazioni non sono le uniche. C’erano anche quelle di Rosario Tolomelli, che fu intercettato, dichiarazioni riportate anche in tivvù, e poi quelle di Renato Vallanzasca. E adesso noi, di fronte a questi elementi così chiari, siamo in attesa di capire se il procedimento potrà essere trasmesso alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Se il suo vicino di casa dice di lei appena un decimo di quello che è stato detto, lei viene ovviamente indagato. Qui abbiamo un capoclan che dice che chi ha fatto i controlli quella mattina a Madonna di Campiglio è stato corrotto, e noi stiamo ancora a chiederci se dobbiamo archiviare o andare avanti! Io mi chiedo, non tanto come avvocato quanto come cittadino: ma noi cittadini possiamo andare avanti così?”.
“Ci sono dei camorristi che dicono questa roba? Tu, Forlì, mandi le carte a Napoli e poi vediamo che cosa succede. Stiamo scherzando? Ma si può sapere in che Stato viviamo? E’ proprio qui che la vicenda di Pantani ci fa capire a che punto siamo arrivati. Fa capire che tutto ciò che dovrebbe essere normale, da noi diventa difficile, quasi impossibile”.
“Domanda. Perchè? Perchè io ho dovuto leggere nell’archiviazione per i fatti di Rimini (la “morte” di Marco nel residence “Le Rose” di Rimini, ndr), nero su bianco, che un gip della procura dice ‘può darsi che la carta del gelato Algida è stata gettata inconsapevolmente da un poliziotto nel corso del sopralluogo’? Ma è possibile pensare che quel 14 febbraio il poliziotto fosse impegnato a mangiare un cornetto durante il sopralluogo? Ecco, io mi chiedo: questa roba qui è normale?”.
“Possibile leggere, nell’archiviazione del gip, ‘può darsi che i tre giubbotti siano stati portati inconsapevolmente nel residence dal marito della manager di Pantani’, il quale ha negato di aver mai visto quei giubbotti in vita sua? E’ una roba normale? Siccome secondo me non lo è, la vicenda Pantani si descrive da sola”.
“Quello che posso dire è una sorta di promessa che ho fatto e che ora rinnovo. Io mi sento un uomo libero, non ho scheletri nell’armadio, quel poco che ho fatto come avvocato me lo sono sudato, per questo posso fare una promessa: che farò tutto quello che è umanamente possibile per raggiungere la verità. Non ho poteri speciali perchè non solo un avvocato, ma tutto quello che sarà possibile io lo farò. E sa perchè? Non perchè sono fanaticamente convinto di avere ragione io. Ma perchè se mi si dice che facendo l’ispezione il poliziotto ha buttato nel cestino la carta del gelato, allora vuol dire che ho ragione io!”.
“Se mi avessero confutato con ragioni logiche, io avrei detto a me stesso ‘amico mio, ti sei sbagliato’; ma se uno mi vuol confutare dicendo che uno ha portato i giubbotti inconsapevolmente – come quelli che pagavano le case a loro insaputa – che la carta gelato l’hanno buttata inconsapevolmente nel cestino mentre facevano il sopralluogo, allora vuol dire che ho ragione io! E vado avanti. Perchè quando una spiegazione non è logica, e tale spiegazione viene data da una persona che deve per forza usare la logica nel suo lavoro, vuol dire che le tue argomentazioni l’hanno messa in difficoltà. Se lei mi mette in difficoltà e io le rispondo fischi per fiaschi… La questione è tutta lì”.
“La gente è tutta con noi. Tutti ricordano Marco con enorme affetto. Il ciclismo forse non era preparato per un impatto così forte, una tale passione anche per chi non seguiva quello sport. E forse tutto ciò ha creato problemi collaterali. Ci sono tante sfaccettature, nella vicenda di Marco, che con ogni probabilità non lo hanno aiutato”.
“Ma chi lavora per la giustizia deve estraniarsi da tutti questi condizionamenti ed esaminare esclusivamente i fatti. I fatti ci dicono che verosimilmente quel giorno a Madonna di Campiglio le provette delle analisi vennero alterate. E che nella vicenda della morte di Marco a Rimini molti fatti devono ancora essere approfonditi”.
“Probabilmente quella mattina nel residence la situazione è sfuggita di mano a quelli che erano con Pantani. Non mi voglio addentrare ora in dettagli, ma può darsi che l’evento morte non fosse previsto. Ma l’intera vicenda giudiziaria è stracolma di anomalie. Una per tutte. Alle 10 e 30 Marco telefona alla reception e dice ‘in camera ci sono delle persone che mi danno fastidio, per favore chiamate i carabinieri’. Che poi arrivano alle 20 e 30. Mi chiedo: se io vado in un qualunque albergo a Roma, telefono alla reception e chiedo l’intervento dei carabinieri, scommetto che arrivano prima delle 20 e 30!”.
“Questa è solo una delle oltre 200 anomalie del caso Pantani”.
“Le risposte a tutti i quesiti? Sono solo e unicamente nei fatti”.
LINK
GIALLO PANTANI / DELITTO PERFETTO. DI CAMORRA – 15 luglio 2016
GIALLO PANTANI / DOPO LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE SPUNTA UN VERBALE CHOC DEL BOSS AUGUSTO LA TORRE -16 marzo 2016
GIALLO PANTANI / RIMINI VUOLE ARCHIVIARE. MA DA FORLI’ PUO’ ARRIVARE IL BOTTO – 6 settembre 2015
Avrei voluto un amico come lui – Omaggio a Rino Gaetano – A Napoli il tour di David Gramiccioli e del suo Teatro artistico d’inchiesta – 9 luglio 2016
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3 pensieri riguardo “GIALLO PANTANI / 200 ANOMALIE, IL J’ACCUSE DI DE RENSIS”