L’assistenza sanitaria in Italia è strutturalmente sprecona, perché l’investimento non è sul cittadino sano ma sul malato e nel trattamento dei malati l’aspetto della relazione umana, dell’educazione sanitaria, della crescita dell’autocoscienza, la diffusione dell’ecologia del corpo e di un’educazione alimentare sta a livelli minimi. L’effetto di questa mancanza di cultura del benessere fa sì che la maggioranza degli italiani pratichi un uso smodato di medicine, lastre (che fanno male alla salute), analisi. Il costo annuo dell’eccesso di medicine in Italia è spaventoso sia in termini di soldi che di salute. L’Italia è tra i paesi europei dove l’abuso del consumo di antibiotici causa in modo maggiore il proliferare di batteri che gli antibiotici non sono più in grado di uccidere.
Informare correttamente sugli antibiotici porterebbe a un risparmio di più di 400 milioni di euro l’anno e ci risparmierebbe qualche migliaio di morti (i batteri resistenti agli antibiotici nell’UE fanno ogni anno più di 20mila morti). Quindi, al costo vivo degli antibiotici risparmiati si deve aggiungere il risparmio ottenuto dalla diminuzione dei danni alla salute.
Questa modalità di ragionamento la possiamo applicare a tutto il sistema sanitario.
E lo stesso discorso vale per il sistema carcerario, per l’assistenza ai disabili, ai pazzi e l’assistenza sociale.
E possiamo ragionare nello stesso modo riguardo ai disastri ambientali. Un robusto intervento di manutenzione del territorio creerebbe centinaia di migliaia di posti di lavoro e permetterebbe pure di dare qualche cosa di sensato da fare a migliaia di dipendenti pubblici; dipendenti che diventerebbero inutili se si semplificasse la burocrazia e si informatizzasse (finalmente!) tutto il sistema amministrativo. Basti pensare che per la regione Sicilia lavorano quasi 20mila persone.
La Lombardia ha mezzo dipendente regionale ogni 1000 persone, la Sicilia 5,13, la Val D’Aosta 34,75 (!!)
I soldi ci sono, ce ne sono a fiumi!
Il problema è che il governo pensa soprattutto a farsi dare altri soldi dall’Europa e la sinistra non è concentrata sullo spreco. Non capiscono che prima di ogni altra cosa dobbiamo raddrizzare la situazione facendo la guerra ai criminali, alla stupidità e allo spreco…
La cultura è una cosa che si mangia
Non mi ricordo più quale ministro scemo, di destra, ebbe a dire che “La cultura non è una roba che si mangia”.
Quelli di sinistra non dicono mai simili castronerie ma spesso dimostrano coi fatti che non credono al potere economico della cultura.
Tagliare i costi della sanità, potare sprechi e corruzione sono azioni che non richiedono solo leggi e regolamenti efficienti. Richiedono anche strumenti e metodi nuovi.
Ad esempio, un ampio e costoso programma che parta dalle scuole.
Abbiamo quasi 9 milioni di studenti i quali a loro volta vivono in nuclei famigliari che comprendono almeno altri 20 milioni di persone.
Vuol dire che un processo di “rieducazione nazionale alla solidarietà” può partire dalla scuola e da lì raggiungere un terzo della popolazione.
A Cuba dopo la rivoluzione, il Partito Comunista mandò ragazzini di 12 anni nelle campagne a insegnare a leggere e a scrivere. Una colossale campagna di alfabetizzazione che cancellò l’analfabetismo nel giro di pochi anni.
Abbiamo bisogno di iniziative che abbiano lo stesso respiro e la stessa capacità di vedere strade nuove.
Certo per riuscire in un simile progetto devi investire dei bei soldi per progettare iniziative, sperimentarle e selezionare quelle che funzionano, formare “animatori sociali” da affiancare agli insegnanti, gestire corsi di aggiornamento per gli insegnanti, e raddoppiare lo stipendio agli insegnanti che dimostrano di essere capaci di inventare e gestire questo nuovo corso.
E non è qualche cosa che puoi realizzare in un anno. Si tratta di iniziare un progetto con un respiro di 10 anni. Non ci sono scorciatoie.
Se si riesce a muoversi in questa direzione la scuola potrebbe diventare una palestra della solidarietà, un centro di creazione di cultura solidale declinata in tutti i linguaggi della multimedialità, dal teatro alla scrittura; vorrebbe dire usare le scuole come luogo di incontro sociale, tutto il giorno, usare il tempo scuola per far ragionare i ragazzi sul loro futuro e renderli parte attiva in un processo di cambiamento globale.
Bisogna andare a dire agli studenti: aiutateci a costruire la vostra Italia informando ed educando gli adulti, siete gli unici che hanno la possibilità di farlo.
E sarebbe un andare a scuola veramente appassionate!
Difficile? Difficilissimo.
Renzi invece è facile ma non funziona.
E non funzionano neppure quei sindaci onesti e progressisti, fuori dalla tradizione dei partiti vecchio stile, che una volta vinte le elezioni non riescono a dar vita a una rivoluzione culturale profonda.
A chi pensa che azioni politiche con questo respiro non siano mai state realizzate consiglio di andarsi a vedere la storia del sindaco di Bogotà Mockus, e di Lerner, sindaco di Curitiba.
Quella che sto proponendo è una strategia che ha già dimostrato di essere realizzabile!
Per fortuna, altrove, c’è gente che ha dimostrato coi fatti che un altro futuro è possibile. E anche divertente.
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