Mala tempora in casa Dem

Fa bene Renzi a caricare sul sì e il no al referendum che chiede agli italiani consenso o rifiuto delle riforme costituzionali proposte dal governo? Fa bene a “minacciare” di andare a casa se vincesse il no che vede alleate tutte le opposizioni, da destra a sinistra? Fa bene a contare sui parlamentari terrorizzati dall’idea che la legislatura si interrompa e con essa si azzerino i privilegi del mandato, al punto di remare contro il no? A giudicare dall’erosione del consenso riferito dai sondaggi sembra un’improvvida sfida. Ormai il Pd si è ridotto a due soli punti di vantaggio sul movimento 5Stelle e se il trend dovesse marciare così, sostenuto dai guai giudiziari di suoi esponenti, il rischio del sorpasso diventerebbe verosimile. Il caso del giorno vede imputato e condannato a tre anni di carcere, alla confisca di beni privati per tre milioni di euro e all’interdizione da cariche direttive nelle imprese, Renato Soru, imprenditore della telefonia e segretario regionale del Pd da cui si è immediatamente dimesso. Condanne a orologeria? Complotto anti dem, accanimento processuale? Lo smentiscono lo stesso Renzi che conferma la fiducia nell’operato della magistratura e autorevolmente il magistrato Caselli. Altro sono le frasi di Piergiorgio Morosini, membro del Consiglio Superiore della Magistratura.

Intervistato dal Foglio Davigo le ha giudicate inopportune e ingiustificate, su argomenti impropri “ che “incidono sul prestigio e il leale rapporto tra poteri e organi di Stato”. Ha detto Morosini. “Renzi farà come Reagan, una bella infornata autoritaria di giudici della Suprema Corte, su membri del governo (Boschi e Lotti definiti mestieranti) e colleghi come Cantone e Gratteri”. Titolo dell’articolo “Perché Renzi va fermato”, da attribuire al Giornale.  Per un politico condannato, in primo grado, uno che inventa un trucco per farla temporaneamente franca. Il signor Roberto Maroni, presidente della giunta regionale lombarda chiede e ottiene di rinviare il processo in cui deve rispondere su presunte pressioni per ottenere contratti a favore di due donne a lui fedelissime. E’ imputato di aver brigato per far ottenere un lavoro e un viaggio a Tokyo alle due ex collaboratrici, i cui contratti sono stati prolungati fino al 2018. Il tribunale di Milano accoglie la richiesta di rinvio e la sospensione del procedimento in considerazione della partecipazione di Maroni alle amministrative come capolista a Varese. Il fatto non sfugge ai grillini che commentano: ““Che vergogna, un presidente di Regione che scappa dai giudici per sfuggire alla giustizia come un Berlusconi qualsiasi. Legittimo il sospetto che la candidatura a Varese sia stata utilizzata solo per ottenere l’ennesimo rinvio al suo processo. È un film già visto e siamo certi che alla prossima udienza, il 23 giugno, Maroni si inventerà un altro escamotage per rinviare ancora”. Critico perfino  Gianluigi Paragone, ex direttore della Padania. Sul suo blog di Facebook invita il presidente a non fare il furbetto.

 

Coda del Nazareno, primo attore Verdini

Guai a ripetizione. I dem se li vanno a cercare, ammesso che siano incidenti di percorso e non strategie ben ponderate. Non basta che Verdini e la sua Ala implementino i voti Pd in parlamento, soprattutto in senato dove i voti di Renzi sono striminziti, non basta che un “autorevole” esponente del gruppo nato con la scissione da Forza Italia sieda allo stesso tavolo dei dem e partecipi alla discussione sui prossimi progetti legislativi: la “santa”, spuria alleanza, si concretizza anche con l’appoggio ai candidati Pd. A Roma per Giachetti, a Napoli per la Valente, a Grosseto, Cosenza, in mezza Campania, con liste di appoggio. Approva Ala la candidata dem a Napoli: “Se c’è convergenza sui programmi e non ci sono indagati nelle liste, non ho pregiudizi”. Povero Ingrao, per non parlare di Gramsci. La discesa in campo di Verdini è il prologo dell’annunciato sì al referendum sulla riforma costituzionale. A quando Verdini vice primo ministro?

Nella foto Renzi e Verdini


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