Negli oratori di ordini religiosi come i salesiani, nelle strade polverose di periferie sconosciute al sistema di tutela sociale che dovrebbe garantire pari opportunità sull’intero territorio urbano, lì si possono osservare gli ultimi esempi del calcio sport, ma prima ancora gioco popolare. Ma solo lì. Nel valutare i curricula degli aspiranti speaker del Meazza, chi ha scelto avrà certamente considerato titolo di merito la conoscenza delle lingue straniere. Il prescelto, nel prologo della partita Inter-Udinese, ha letto ventidue nomi di numerose nazionalità, esclusa l’Italia. Eccoli: per l’Inter Handanovic, Nagatomo,Miranda, Murillo,Juan Jesus, Perisic, Brozovic, Melo, Kondogbia, Biabiany, Icardi, Eder, Jovetic. Per l’Udinese Karnezis, Wague, Danilo, Felipe, Matos, Widmer, Badu, Kuzmanovic, Fernandes, Halfredsson, Edenilson, Zapata, Theureau.
Altre formazioni del campionato di serie A vanno in campo con dieci stranieri su undici e una per tutte è il Napoli, ma nemmeno sempre. Dipende se il tecnico Sarri decide che nel ruolo di ala sinistra giochi il napoletano Insigne. Se il preferito è Mertens l’organico dei “partenopei” si presenta così ai tifosi del San Paolo: Reina, Hysaj, Albiol, Koulibaly, Ghoulam, Allan, Jorginho, Hamsik, Callejon, Higuain, Mertens. En plein di stranieri. Scandalo o inevitabile modernismo senza frontiere? L’uno e l’altro. Se si indaga sui calciatori italiani che giocano nelle altre squadre si scopre che in azzurro potrebbero scendere in campo undici atleti campani. Non è la sola anomalia. Sempre più spesso le cosiddette big del campionato e non solo loro, spediscono i talent scout in mezzo mondo alla scoperta di ragazzi potenzialmente candidati a esordire nelle nostre serie maggiori e si spiega il modesto interesse per una ricerca analoga in Italia. Il costo tra gli uni e gli altri è assolutamente favorevole per i giovani africani o dell’Europa dell’Est.
Niente di male in piena globalizzazione? Una sorta di proibizionismo che limiti la presenza di calciatori stranieri nelle nostre squadre potrebbe essere contestata come autarchia? Risposte quasi impossibili. La cronaca drammatica del grande esodo da terre insanguinate dalle guerre, segnate da miseria e fame, propone al mondo il tema della solidarietà e dell’accoglienza. I “cattivi” sono Paesi dove la destra xenofoba e l’egoismo scrivono pagine di disumanità: Polonia, Ungheria, ora l’Austria che sbarra la frontiera del Brennero e premia elettoralmente il neonazismo, territori sulle rotte dell’Europa che erigono muri di contenimento. Di fronte a questa tragedia diventa difficile imporre contingentazioni di calciatori stranieri. In antitesi il rifiuto di uno sport preda dell’ambizione di petrolieri straricchi, nababbi russi, famelici miliardari cinesi, disposti a investire somme colossali per accaparrarsi visibilità, da trasformare in nuovo profitto. Allora, viva il Leicester operaio di Ranieri, l’italianità del Sassuolo e atroce rammarico per l’Italia messa molto male nella classifica del calcio internazionale. La speciale graduatoria dei goleador si snoda così, senza italiani in vetta: Higuain, Dybala, Icardi, Bacca, Eder…
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