CORRUZIONE – IL DITO SULLA PIAGA

Ferdinando Imposimato

Ferdinando Imposimato

Piercamillo Davigo, presidente dell’Anm, ha messo il dito sulla piaga più purulenta che da anni affligga l’Italia. Ed alimenta ingiustizie sociali a scapito di lavoratori, giovani, disoccupati, insegnanti e pensionati: la corruzione politica, causa di espansione della criminalità mafiosa.

L’Italia è al 72 posto (su 182 Paesi) nella lotta alla corruzione insieme a Ghana e Macedonia e prima della Bulgaria. La corruzione costa ai cittadini 70 miliardi di euro l’anno, con tendenza all’aumento. Anzichè attuare la convenzione di Strasburgo contro la corruzione, la legge Severino del 2012 ridusse le pene per la concussione fraudolenta, facendo prescrivere diversi processi contro grandi ladri di Stato. Il succo della denunzia di Davigo è uno solo. Occorre non solo correggere la legge ex Cirielli, mannaia dei processi di corruzione voluta da Berlusconi, ma aumentare la pena per la corruzione, che provoca la fuga dall’Italia di migliaia di investitori stranieri. E ripristinare l’interesse privato in atti di ufficio previsto dall’articolo 324 del Codice penale abrogato nel 1990. Da qui iniziò la crisi politica e economica che fece dell’Italia una democrazia malata.

Il Governo Renzi ha omesso misure efficaci contro corruzione, falso in bilancio, riciclaggio e voto di scambio, strumentali alla corruzione. La Commissione Europea segnalò il 3 febbraio 2014 che in Italia il costo delle maggiori opere pubbliche è del 600 per cento in più rispetto alle stesse opere in Francia, Spagna e Giappone. La Commissione denunziò che l’Italia aveva «lasciato irrisolti i problemi di prescrizione, falso in bilancio, autoriciclaggio, ridotto le pene sulla concussione e lasciate intatte quelle sulla corruzione inadeguate alla gravità del fenomeno» (CE 3 febbraio 2014 p 3). Carente in Italia è anche la lotta all’evasione fiscale, che costa agli italiani 154 miliardi di euro l’anno: manca una efficace legge contro gli evasori. Manca un accordo dell’Italia con la Svizzera, come quelli conclusi da Germania e Gran Bretagna, per l’imposizione di imposte sui capitali trafugati all’estero. Lucio Picci studioso di corruzione, afferma che se si riuscisse a portare il tasso di trasparenza dell’Italia a livello della Germania, il Paese crescrebbe di 585 miliardi di euro all’anno. Il danno per l’economia italiana è enorme. Ma questo non scuote la coscienza civile del premier Renzi. La verità è semplice: per i corrotti vige l’impunità. Nel 2014 i detenuti definitivi per corruzione erano 11. Mentre in Germania i detenuti per corruzione sono ben 6.271. Ed è assurdo pensare, come pretende Renzi, che la mancanza di condanne sia dovuta ad inazione dei giudici, i quali subiscono leggi favorevoli ai corrotti. Questi dati sono eloquenti. Appare quindi giustificata l’analisi fatta dal magistrato Davigo all’ Università di Pisa: «La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni più gravi». Ed aggiunge: «In Italia la vulgata è dire che rubano tutti. No, rubano molti. Non tutti».
Critico l’ex sottosegretario del Governo Renzi, oggi vicepresidente del CSM Giovanni Legnini: «Le parole del presidente Anm rischiano di alimentare un conflitto di cui non c’è bisogno». Ma il Paese deve conoscere le cause della crisi spaventosa che ci attanaglia. Davigo ha correttamente denunziato che Governo e maggioranza non combattono la corruzione, ma l’alimentano. Durante un’intervista al Corriere Davigo ha detto: «I politici non hanno smesso di rubare. Hanno smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto. Dicono: ‘Con i nostri soldi facciamo quello che ci pare’. Ma non sono soldi loro; sono dei contribuenti». Renzi, contando sulla memoria corta degli italiani, ripete il ritornello furbesco: «attendo le sentenze».
Sotto la pressione di una pubblica opinione esasperata da scandali e ruberie, emerse grazie ai magistrati, il premier fece approvare dalla Camera dei

Matteo Renzi in aula

Matteo Renzi in aula

deputati, il 20 marzo 2015 , la legge sulla prescrizione lunga per tutti i reati e per quelli di corruzione. In attesa del voto del Senato con la seconda lettura. Era il primo passo per estirpare il cancro. Senonchè il premier Renzi, così sollecito nel ricorso al voto di fiducia per l’approvazione di leggi criminogene  come la sblocca Italia, la legge salva banche , la legge Imu Bankitalia, in favore di gruppi di potere, lobbies e potenti banche private, insabbiò la legge sulla prescrizione. Che giace al Senato da oltre un anno, senza che nessuno protesti. E vorrebbe far credere agli ignari italiani che la mancanza di condanne dei corrotti sia dovuta a negligenza o incuria dei magistrati. E trova l’appoggio di parte della stampa e di una TV che parla con una sola voce: quella del Capo del Governo. La legge sulla prescrizione al Senato si può fare in pochi minuti. Come il premier fece con la legge salvabanche a favore dei truffatori di migliaia di risparmiatori, ed altre leggi. Facciamolo. Siamo con Davigo che onora la magistratura.

 


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