Nessun esito ottiene l’attacco sub-terraneo di Massino D’Alema a Renzi, maturato per rispondere alla terapia dell’esclusione adottata dal segretario. Battaglia aperta, allora, su terreni di un aspro scontro. Posto che D’Alema sia in unione solidale con la minoranza Dem e, per affinità elettive specialmente con Bersani, è fondamentale capire perché in complicità prima con Fassina e poi con i dissidenti cuperliani, sia riuscito a far cadere il governo di centrosinistra con un affondo decisivo. E’ probabile che sia stato bloccato da quanti, anche nel, lotterebbero con i denti e con le unghie per non perdere soldi e vantaggi da parlamentari e per sventare il rischio di doversi rimettere in gioco con nuove elezioni. La spiegazione alternativa della dichiarazione esecutiva di guerra al renzismo, si potrebbe anche addebitare a un sentimento represso di vendetta, covato, appunto per essere uno degli eminenti destinatari della “rottamazione”, tessi non condivisa all’interno del Pd che ritiene legittima solo la battaglia interna al partito. Se l’obiettivo di D’Alema fosse lo stop all’erosione progressiva dell’identità di sinistra dei democratici, in altre parole una diga alla rotta di Renzi con approdo a coalizioni ibride, inclusive della caleidoscopica pattuglia di moderati, troverebbe probabilmente ascolto nel partito. Se non avviene è perché l’aperta e violenta contestazione di D’Alema somiglia molto a un impeto vendicativo, evidentemente intuito dal popolo dei democratici che, pur turandosi il naso e indispettiti per alleanze spurie con il centrodestra (Alfano, Berlusconi, Verdini), confermano il consenso a Renzi e al suo governo, testimoniato dai sondaggi più recenti.
Nella foto D’Alema
Intoccabili talk show
A chi sospettasse scelte di epurazione dei talk show Rai, risponde la neodirettrice di Rai3 Daria Bignardi. Nega ogni intenzione di tagliare programmi come Ballarò, Presa Diretta e lo storico Report della Gabanelli e per due terzi le si deve dare ragione. Il dubbio investe il Ballarò della Rai, al pari di gemelli di altre reti, per la semplice ma perentoria ragione che somigliano a pollai abitati da una sola gallina e molti galli litigiosi, spesso insolenti, invano richiamati all’ordine dall’allevatore-conduttore di turno, incapace di incanalare il dibattito su livelli sonori non assordanti e di impedire il sovrapporsi incomprensibile di voci degli esagitati contendenti. Spiace la drasticità della considerazione che tocca anche un bravo giornalista qual è Giannini, ma anche per lui c’è una domanda di merito: cosa l’ha spinto a lasciare la vicedirezione del prestigioso quotidiano la Repubblica per succedere a Floris in Ballarò? Il sospetto, che ci piacerebbe fosse confutato, è che la libidine del comparire, della visibilità, della popolarità, sia un attrattore vincente su ogni altra forma di giornalismo. Una domanda anche a Dall’Orto, direttore generale della Rai che ha deciso di escludere la cronaca nera e giudiziaria da “Domenica in”: E da Porta a Porta, dai programmi mattutini e pomeridiani di Rai1 e Rai2 modificati per ospitare processi televisivi, aule di tribunale, palestre per dissertazioni di criminologi, psicologi, tuttologi…a quando?
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