Miracoli della stampa britannica. Mentre si sta per celebrare il funerale del celebre Independent, che stamperà la sua ultima copia cartacea a marzo, esce in edicola un quotidiano tutto nuovo, il “New Day”, 50 pence a copia, prezzo popolare per 40 pagine, grafica vivace, agile, poco gossip e molte notizie, da sfogliare e leggiucchiare massimo in mezz’ora, caso mai sul metrò, perchè, come è scritto sotto la testata, “Life’s short, let’s live it well”, la vita è breve, viviamola bene.
Non una free press, la cui moda è ormai passata da un pezzo, ma un tabloid mordi e fuggi, da fast food della notizia: l’ha partorito il gruppo “Trinity Mirror”, che già pubblica da anni il ben noto “Daily Mirror”, tendenze laburiste.
La prima cover story è dedicata a “L’infanzia rubata”, tema che tocca migliaia e migliaia di famiglie, e tantissimi bambini che in Gran Bretagna vivono ai limiti della sussistenza, con servizi di assistenza sempre più scarsi e inadeguati. Un tema non facile, ma trattato in modo asciutto e immediato. Come vuol essere nello stile del giornale. “Il nostro pubblico – spiega il direttore, Alison Philips – è quello che va al lavoro in metro o sul bus, ha poco tempo e pochi soldi in tasca, ma ancora la voglia di saperne qualcosa di quello che gli sta intorno”. Redazione super snella, costi molto contenuti, per evitare salti nel buio e vedere l’effetto che fa.
A quanto pare, comunque, il salto non è proprio nel buio e l’effetto dovrebbe essere non male, visto un caso piuttosto recente. Si tratta di “I”, altro tabloid low cost, snello, di rapida fruizione, che ha fatto segnare un vero boom. Tanto che i proprietari lo hanno appena rivenduto a un editore specializzato in stampa locale, Johnston Press (nomina sunt consequentia rerum), per la bella cifra di 24 milioni di sterline.
Ma chi sono i furbacchioni che hanno messo a segno l’operazione I ? Due russi, padre e figlio, Alexander e Ievgheni Lebedev. Un ex agente del Kgb trapiantato con fortuna a Londra negli anni ’90, Alexander, tra i primi ad alimentare quella colonia di neo magnate della finanza come, per far un sol nome, il Roman Abramovich patròn del Chelsea. Al contrario di tanti oligarchi ed ex agenti migrati alla corte della regina Elisabetta in rotta di collisione con Vladimir Putin (come Litvinenko, morto per un tè al polonio, in queste settimane a Londra si celebra il processo) a quanto pare Lebedev senior sarebbe in “altalenanti” rapporti con il presidente russo.
Al centro dell’interesse, comunque, resta il business editoriale. Messo a segno il colpo “I”, i Lebedev non hanno pensato due volte a chiudere invece l’Indipendent, del quale alcuni anni fa erano diventati proprietari, rilevandolo al prezzo simbolico di un poud dal precedente padrone, Sir Anthony ‘O Relly, sotto la cui gestione lo storico quotidiano londinese aveva cumulato perdite da capogiro, passando da 400 mila a 40 mila nel giro di pochi anni. Al momento dell’acquisto le perdite arrivavano a 22 milioni di sterline circa. Il buco, man mano si è ridotto via Lebedev, passando a circa 4 milioni di sterline, ma senza alcuna prospettiva di conti in pareggio e tanto meno utili.
E’ per questo che padre e figlio hanno pensato bene di passare al digitale, decretando la morte cartacea di un quotidiano fondato da un gruppo di giornalisti (primo direttore Andreas Whittam Smith) 31 anni fa, nel 1985, che ha fatto storia, con una linea editoriale da sempre “indipendente” e con le prime pagine spesso considerate – dagli esperti di media – davvero “rivoluzionarie”. “Lui è indipendente, e tu?”, era lo slogan della campagne pubblicitarie del quotidiano sul quale hanno pubblicato generazioni di intellettuali e scrittori di fama, come ad esempio Helen Fielding, autrice del ‘Diario di Bridget Jones’. La crisi, per l’Independent, ma anche per altri media cartacei, è scoppiata con la guerra dei prezzi lanciata a inizio anni 1990 da Rupert Murdoch.
L’edizione on line dei Lebedev, comunque, parte su basi solide: stando alle ultime rilevazioni effettuate dal Guardian il sito può contare su 2 milioni e 800 mila utenti al giorno, 58 milioni al mese, il bilancio fa registrare utili che nel 2016 dovrebbero crescere addirittura del 50 per cento.
Al tandem russo fa capo anche un’altra testata un tempo un auge nel firmamento editoriale britannico: l’Evening Standard. Per quanto ancora riuscirà a resistere in versione cartacea? Staremo a vedere.
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