Le mille facce della violenza

Proviamo inutilmente a comprenderla e veniamo fuori con smarrimento dalla ricerca sulla disumanità di chi esercita violenza su bambini, donne, prigionieri, avversari politici, detenuti in attesa di morire con iniezioni letali, mentre “spettatori” con la libido dell’orrido assistono al macabro in Paesi come gli Stati Uniti che nel mantenere la condanna a morte compiono passi indietro di secoli, al tempo delle presunte streghe arse vive e del dissenso zittito con la morte. I media raccontano di regimi che praticano la tortura, di quote del mondo che lapidano le donne per supposti reati di adulterio; i media mostrano “spot” dei miliziani Isis che decapitano uomini definiti infedeli, che rapiscono giovani ragazze per ridurle in schiavitù e sottometterle ai “combattenti”, distruggono preziose testimonianze della cultura a picconate, compiono stragi provocate da fanatici suicidi. Quasi ogni giorno la cronaca del nostro Paese dedica titoli e spazio alle violenze di maestre che picchiano i bambini a loro affidati, all’ignominia di centri di assistenza dove si maltrattano anziani e disabili, al “femminicidio”, orrendo termine per rappresentare l’abbrutimento di uomini che ammazzano le compagne, agli episodi di bullismo nei confronti degli omosessuali, alle stragi negli Stati Uniti compiute da uomini, talvolta da giovani ragazzi, con armi acquistate senza alcuna formalità, agli omicidi di persone inermi uccise dai poliziotti americani, ai ragazzi italiani massacrati dalla polizia, alla piaga della pedofilia, specialmente esecrabile se vede come ignobili protagonisti i preti, a tutti livelli del clero.

Carta stampata e telegiornali, talk show e programmi di approfondimento, analizzano il fenomeno di rapine con esiti letali nei negozi e nelle abitazioni, di figli che uccidono i genitori per impadronirsi del loro denaro, anche se poco. Oggi il perché di questa riflessione: perché è come svegliarsi da un incubo e affrontare il sopravvenire di un altro incubo con la notizia di una badante che usa violenza a una donna ultra novantenne, affetta dal terribile morbo di Alzheimer, con schiaffi, strattonate, altre percosse visibili su tutto il corpo e ingiurie umilianti. Accade in Argentina ma evoca purtroppo casi analoghi accertati in Italia. Dove va l’uomo se tutto questo è parte intrinseca della società mondiale, infestata di guerre di religione e per il possesso di risorse energetiche, di assalti privi di scrupoli delle multinazionali ai mercati, di diseguaglianze tra Paesi in estrema povertà e Paesi ricchi neo colonizzatori, di luoghi della Terra dove muore un bambino ogni quattro secondi per fame e malattie, dove mille super miliardari detengono ricchezze pari a quelle del resto dell’umanità, di farmaci salvavita a costi inavvicinabili per troppe comunità povere del terzo mondo. Come consentire alibi alla prospettiva non secondaria di un progressivo crac del nostro pianeta proiettato verso la desertificazione prodotta dai gas dell’inquinamento?

Confrontandosi con questi scenari drammatici si riducono a nequizie le baruffe parlamentari che impediscono l’acquisizione di una legge di civiltà, la fin troppo nota, la Cirinnà che monopolizza tempo ed energie a discapito di emergenze di interesse globale come la crisi dell’economia, il lavoro che non c’è, la criminalità, la corruzione che non risparmia nessun ganglio della società e della politica. La lettura dei mille temi che racchiudono il termine complessivo della violenza è quasi esclusivamente da cronisti di cronaca nera e sono rari i tentativi di attribuirli alla patologia cronica della sopraffazione dei poteri forti sul tessuto sociale debole. Perché le mafie arruolano i loro affiliati nelle aree della marginalità urbana, dove si annidano l’incultura, la disoccupazione, la precarietà, la legge del “mors tua vita mea”, del tutto lecito e niente illegale, delle frustrazioni che generano rabbia e voglia di vendetta? Perché non c’è criminalità in Paesi del nord Europa che non conoscono i senza lavoro, dove in un edificio urbano convivono l’ingegnere nucleare e l’operatore ecologico, professionisti e artigiani, poveri e ricchi, in una promiscuità socialmente educativa ? Risposte a questi quesiti irrisolti gioverebbero e moto alla salute delle collettività tra loro in conflitto storico e alle conseguenti esasperazioni del nostro tempo.

Nella foto un’esecuzione della pena di morte


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