USTICA / QUEI TRACCIATI RADAR FANTASMA E LA PRIMA “MANINA” CHE SVIA LE INDAGINI

Un mistero che sta ormai trovando la sua pista d’atterraggio, la tragedia degli 81 passeggeri del DC9 ammazzati 35 anni fa nei cieli di Ustica. Da Canal Plus è arrivata la “conferma” di una pista già balenata, ma andatasi a schiantare contro quel muro di gomma che ha sempre protetto autori, complici & depistatori del disastro Itavia.

E’ la pista che porta ad una portaerei francese, la Foche secondo i giornalisti che hanno firmato il reportage, la Clemenceau, secondo quanto denunciò l’ex capo dello Stato Francesco Cossiga, le cui rivelazioni del 2008 fecero riaprire un’inchiesta alla procura di Roma. E di Clemenceau parlò oltre vent’anni fa, nel 1993, l’allora parlamentare del Psi Franco Piro in un’intervista alla Voce con tanto di “tracciato” firmato di suo pugno: “Clemenceau – aereo – missile”. Più chiari di così. Ma quel muro di gomma è rimasto sempre lì, più impenetrabile e imperforabile che mai.

E, con l’ultima ricostruzione made in France, cominciano ad affiorare altri pezzi di verità. O meglio, tasselli di verità sempre nascoste. Come il giallo dei tracciati radar. Tracciati cercati, non cercati, veri, falsi, taroccati, inviati, non inviati? Da tutte le basi italiane è stato un via vai dei più vari tracciati. Ma pochi sanno come è realmente andata all’inizio. Da una breve telefonata che abbiamo ricevuto, anche stavolta basata su poche, ma precise parole, emerge uno scenario inquietante, che ora qui dettagliamo per sommi capi.

Il primo magistrato ad occuparsi immediatamente del caso è stato Antonio Guarino, la toga in servizio quella tragica notte alla procura di Palermo. Fu Guarino ad assumere i primi provvedimenti; oltre alle drammatiche incombenze da dover fronteggiare immediatamente, si occupò anche dei tracciati radar. Ma qui trovò subito qualche “resistenza”: a quanto pare il sequestro di tutti i tracciati di quelle ore, e riguardante quegli spazi aerei, ad alcuni non piaceva. Guarino, però, tenne duro, e firmò quel “decreto di sequestro” di tutti i tracciati aerei. Per eseguire il provvedimento furono incaricati i carabinieri. E a tale fine il documento venne smistato al Comando della Legione dei Carabinieri situata a Palermo e all’epoca guidata dal colonnello Antonio Subranni, il cui nome balzerà alla ribalta delle cronache, fugacemente, per le prime indagini e il contestuale “depistaggio” in un altro giallo, l’omicidio di Peppino Impastato (fu un omicidio mafioso, mentre si voleva accreditare la pista del terrorista rosso che per far saltare in aria un traliccio perde la vita), nonché per la mancata cattura del boss Bernardo Provcenzano.

Il breve messaggio odierno non fa riferimento a Subranni; viene invece pronunciato, in modo poco comprensibile, un altro nome, tale “Tito Onorato” o qualcosa di simile. Ma è la sostanza che fa balzare sulla sedia. Il decreto firmato da Guarino e inviato al vertice dei carabinieri a Palermo, lungo il tragitto subisce una piccola, ma basilare integrazione: alla frase relativa ai tracciati radar da sequestrare, viene aggiunta una piccola postilla che indirizza solo ad una parte dei radar, non a tutti quelli che possono effettivamente risultare significativi. E solo molto tempo dopo si scoprirà che la “magica” integrazione, quella frase in più aggiunta dalla classica, miracolosa “manina”, portava le ricerche unicamente in direzione dei cosiddetti “radar ciechi”, ossia quelli dai quali non poteva in alcun modo venir fuori qualcosa di utile per le indagini.

E’ andata proprio così? C’è stata effettivamente una manina o una manona? Come mai nessuno ha alzato un dito per accertarlo? Perchè mai un tassello tanto strategico è stato dimenticato, insabbiato, a sua volta depistato?

Fatto sta che subito dopo la competenza territoriale base si sposta, passa a Roma, il primo fascicolo Guarino prende la strada della capitale. Non si sa se le future toghe (tra gli altri i giudici Bucarelli e Priore) avranno mai modo di parlare con Guarino di quelle primissime istruttorie. E se mai emergerà, strada facendo, qualche “dubbio” su quel decreto di sequestro. Certo è che in quel modo è stato possibile – per i depistatori – di poter agire con un po’ di calma, il tempo necessario per cancellare tracce e tracciati scomodi. Se vi par poco…


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