Un’indagine accurata, ufficiale, disegna la terrificante mappa degli arsenali nucleari di nove potenze mondiali. Impressionanti sono i numeri di ordigni stivati nei “depositi” di Stati Uniti e Russia. Rispettivamente 7.260 e 7.500. Seguono la Francia (300), la Cina (260), la Gran Bretagna (215), India e Pakistan (un centinaio), Israele (80), la Corea del Nord (da 6 a 8). Il tempo, si sa, cancella dalla memoria di eventi che invece dovrebbero rimanere in evidenza perpetua. Uno per tutti la strage di innocenti provocata dal bombardamento atomico degli Stati Uniti sul Giappone. Il tema del rischio di catastrofe mondiale provocata dal ricorso estremo alle armi nucleari di Paesi in conflitto è all’ordine del giorno delle Nazioni Unite, ma inutilmente. Ciascuno dei Paesi che ne possiedono paventa il pericolo che il famigerato bottone rosso possa dare il via a una guerra nucleare, ma nessuno di loro è davvero disposto a privarsene. L’assurdo politico della censura dell’occidente al potenziale uso bellico dell’uranio dell’Iran è parte di un capitolo complessivo di contraddizioni esplose in questi giorni con l’enfatico annuncio della Corea del Nord di possedere una bomba H e di averne sperimentato l’efficacia con un’esplosione documentata anche dall’alto, applaudita da migliaia di coreani spettatori dell’evento trasmesso da un maxi schermo. Ha festeggiato così il compleanno numero trentatré Kim Jong-un, il dittatore di Pyongyang che ha definito “emozionante” il suono dell’esplosione ma ha ignorato l’ “effetto collaterale” di un sisma del 5° grado della scala Richter. Ha protestato il mondo, in particolare Ban Ki-Moon segretario generale dell’Onu, gli Stati Uniti, Russia e Cina, si è levata qualche voce di scetticismo sulla portata dell’evento e in particolare sulla potenza dell’ordigno che i coreani avrebbero modificato riducendo la testata per renderla compatibile con il lancio di missili a lunga gittata. Scontata la condanna per ogni nuovo soggetto che entra nel terrorizzante pianeta delle armi di distruzione nucleari resta in piedi la domanda: ma con quale discrimine si condanna la Corea del Nord e a qualunque altro Paese lo segue su questa strada di massimo rischio se si tollera per altri, non meno pericolosi?
Caro babbo Natale, portami un kit di Lego
A proposito di armi, sorpassati i riti del Natale e dell’Epifania, non è impropria una riflessione sulla superficialità che governa la scelta dei regali per figli e nipoti, sollecitata dall’ossessiva pubblicità e dall’orgia di filmati, compresi molti cartoon, che propagandano “giochi” violenti, armi (per fortuna finte) e video game di guerre, mostri, superman. Perché non una scatola di Lego, che stimola la creatività, un “piccolo chimico”, un libro attraente? L’educazione alla pace o parte di lontano, dall’infanzia, o rischia di non essere condivisa concretamente, fino alle conseguenze estreme di un Paese, gli Stati Uniti, che vendono armi (queste vere) come al supermercato, presupposto di eventi tragici come le stragi che uccidono trentamila persone all’anno, compresi molti bambini.
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