Rifiuti tossici. Campania avvelenata. I grandi affari della camorra e la politica taroccata che “finge” di voler bonificare quell’ambiente che essa stessa nel corso degli anni – in combutta con camorristi e faccendieri – ha massacrato e contaminato forse per sempre, con una mortalità per tumori in perenne ascesa e che con ogni probabilità raggiungerà il suo acme entro il fatidico 2064.
Finalmente una radiografia impietosa ma reale fa capolino sulla stampa nazionale, Corsera, firmata dall’inossidabile tandem Sergio Rizzo-Gian Antonio Stella.
C’è anche spazio per le tranquillizzanti diagnosi del fresco Governatore Vincenzo De Luca, che tra uno slalom giudiziario e l’altro indossa le vesti del pompiere e propala al popolo bue, che vede ogni giorno ammalarsi figli e nipoti di tumore non solo nelle Terre dei Fuochi o nel Triangolo della morte (l’area dell’hinterland partenopeo a più alta concentrazione di veleni): “State sereni” e tirate le cuoia senza far troppo rumore. E dà anche i numeri, lo zar campano: il 97 per cento del territorio è sano e incontaminato, come già proclamava fiero il suo predecessore, Stefano Caldoro, che aveva ingaggiato (ma a quanto pare l’operazione “Campania Felix continua più che mai) il volto e le melodie di Gigi D’Alessio per dire “quanto e’ bbuona ‘a mozzarella, anche ‘a regina Elisabbetta sa’ magna”: appunto, in perfetto stile british…
Nel reportage emergono con evidenza i tragici scenari prossimi venturi e, soprattutto, le voci da tempo scese in campo per denunciare (con alcune coraggiose associazioni e i familiari delle vittime del massacro ambientale), come quelle di don Patriciello, il parroco di Caivano, e dell’oncologo Antonio Marfella, freschi d’attacco da parte dell’uomo che sussurrava a D’Alema, ossia il tuttologo (o nullologo) Claudio Velardi, che punta l’indice (lui, ex assessore alle corte di Bassolino sindaco) contro “vecchi estremisti di sinistra, nuovi millenaristi vestiti da grillini, preti a caccia di visibilità, finte mamme coraggio”.
Per fortuna, appunto, nelle due pagine firmate Rizzo-Stella il “visionario” Marfella – che conosce da scienziato e anche sulla sua pelle quelle patologie – può osservare come “chi nasce qui ha dal 20 al 30 per cento di probabilità in più di essere colpito da un tumore infantile. E i tumori infantili rappresentano un marcatore specifico di tensione ambientale”. Sia Marfella che don Patriciello accendono i riflettori sulle fabbriche del “nero”, che sfruttano come schiavi la forza lavoro irregolare e devastano con i loro sversamenti tossici l’ambiente. “Oggi la Campania produce 6.500 tonnellate di rifiuti urbani ma soprattutto 22 tonnellate di rifiuti speciali – denunciano – e in tutta la regione non esiste una sola discarica a norma per questi rifiuti”.
Sulla scarsa vista del Santo Governatore che ha portato la penicillina nelle sue lande desolate e infette – direbbe Crozza – ma non riesce a focalizzare alcune questioni base, così coloriscono i due giornalisti Corsera: “Un dettaglio dice tutto: su 2.993 notizie Ansa in cui si cita Vincenzo De Luca (ci sarà pure qualche omonimo, ma quasi tutte parlano di lui, il governatore) non ce n’è una, neppure una, in cui lui nomini la Resit di Giuliano”. E proseguono: “Eppure dopo lo sversamento di 341 mila tonnellate di rifiuti tossici tra i quali 30.600 di schifezze chimiche dell’Acna di Cengio sepolte sotto terra, come scrisse Roberto Russo sul Corriere del Mezzogiorno, la Resit è per il commissario di governo alle bonifiche Mario De Biase la più pericolosa: ‘Non ci dormo. E’ il peggio che ci sia in Campania, lì sotto sono stati sversati tutti i veleni d’Italia, insomma, è un incubo”.
Un incubo per il commissario De Biase, fedelissimo Di Luca e per alcuni anni sindaco proprio a Salerno, negli interregni lasciati liberi dalla zar “rosso” (sic); e grande amico De Luca – ai tempi della prima Repubblica – degli ex ministri Paolo Cirino Pomicino (Bilancio, dc) e Carmelo Conte (Aree Urbane, psi), nonché in ottimi rapporti, con Gianni Lettieri, l’imprenditore (Atitech, un tempo il grande affare Mcm, per anni al vertice degli industriali partenopei) e candidato sindaco per Forza Italia alle ultime e con ogni probabilità anche alle prossime amministrative.
E un incubo, la Resit, per le popolazioni avvelenate. Ma sorgono spontanee alcune domande.
Come mai per decine d’anni la Resit è stata libera di inquinare in modo mortale terreni e falde della Campania Felix, poi Terra dei Fuochi? Come mai la magistratura – che ben la conosceva da anni – non ha stoppato prima tali scempi? Come mai le inchieste Adelphi 1, Adelphi 2 e poi Cassiopea, proprio sui traffici di rifiuti tossici, sono abortite? Come mai l’avvocato d’affari e colletto bianco dei Casalesi, il titolare della Resit Cipriano Chianese, aveva ottimi amici anche alla Procura di Santa Maria Capua Vetere e tra i vertici della Benemerita, come il generale Domenico Cagnazzo? Come mai gli sversamenti super tossici dei fanghi provenienti dall’Acna di Cengio, ben noti agli inquirenti quasi da un quarto di secolo – come documenta un’inchiesta della Voce di marzo ’91 – sono allegramente proseguiti? Come mai l’altro imprenditore della monnezza tossica, Gaetano Vassallo, è stato anche lui libero di trafficare e avvelenare per quasi 25 anni, nonostante i provvedimenti (sic) della magistratura fine anni ’80 (e poi, magicamente, Vassallo diventa gola profonda alcuni anni fa…).
Ecco alcuni passaggi di quella Voce. “Fabbriche che producono scorie, concessionari per organizzare l’operazione-smaltimento, ditte di trasporto, discariche. Ecco la sequela sul filo del brivido, che si arricchisce spesso di altri passaggi intermedi e di ulteriori intermediazioni, con un percorso a zig zag contrassegnato da fatture, bolle d’accompagnamento e tanti, tanti buchi neri”. Scenario identico in un’altra inchiesta, cominciata nel 2007, che morirà sicuro di prescrizione, “Chernobyl”: dove venivano radiografati traffici, connection, affari, luoghi dei massacri, operazioni illecite, con una sfilza di protagonisti eccellenti, storiche e “fresche” sigle di camorra, imprese “immacolate”, colletti bianchi, ovvi politici di riferimento. Dopo una sfilza di salti di competenza e rinvii, il processo deve ancora celebrare la sua prima vera udienza: per la gioia dei killer ambientali (ai quali le fresche normi sugli ecoreati fanno il solletico).
“Bubbone Acna” titolava la Voce ’91. “A Sant’Anastasia – scrivevamo – hanno trovato ospitalità i famigerati bidoni dell’Acna di Cengio, scarrozzati in lungo e in largo per tutta la Campania, nonostante le smentite dell’azienda. Ecco un altro tragitto dei misteri e a gran rischio ecologico, tutto da raccontare”. E in quell’inchiesta erano dettagliate tutte le tappe, i destinatari, i trafficanti.
Il terminale “Vassallo” va avanti fino all’87 (iniziato quindi ben prima), per poi passare ad altre mete, in primis quella targata Cipriano Chianese, Setri. Anno di grazia 1988: “gli arrivi di rifiuti targati Acna nella vicina (ai Vassallo, ndr) discarica della Setri srl conoscono una brusca impennata, passando da 1500 a 13 mila tonnellate di ‘ferro ossido’, oppure di ‘rifiuti speciali di tipo non tossico e nocivo’ come recitavano le bolle d’accompagnamento”. Per la cronaca quei fusti tossici arrivavano da Savona. Ma potete ritrovare tutte le rotte dei veleni attraverso il link in basso, che riproduce l’inchiesta di marzo ’91.
Torniamo a bomba. Ha fatto qualcosa la magistratura – ben consapevole di quei traffici – per fermarli? Per intervenire prima che i buoi potesse andare allegramente al pascolo? Niente, il silenzio più assordante. Del resto, le prime verbalizzazioni di Carmine Schiavone, il cugino di Sandokan che inizia a collaborare nel ’95, risalgono all’anno successivo, quasi vent’anni fa. Finite nei cassetti degli inquirenti, secretati dalle commissioni antimafia e sul ciclo dei rifiuti che hanno regolarmente insabbiato e coperto. Per poi saltar fuori, magicamente, un anno e mezzo fa, quando Schiavone comincia a parlare con giornali e tivvù, viene intervistato anche dal mitico Sandro Ruotolo per le antenne di Michele Santoro. Parla soprattutto di rifiuti tossici e anche nucleari, di localizzazioni precise, di ecatombe nei prossimi decenni, milioni di vittime per una vera e propria bomba ad orologeria. Comincia a far nomi, o comunque fa ben intendere di saperli e di avere una valanga di documenti a riprova. Poi, un bel giorno, nella campagna dove viveva sotto copertura (sic) cade giù dall’albero mentre coglie le pere. Un capogiro. O una manina?
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2 pensieri riguardo “I TRAFFICI DI RIFIUTI SUPER TOSSICI DALL’ACNA ALLA CAMPANIA INFELIX”
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Giusto