Il super ricercato Salah Abdesalam era nella black list dell’Interpol dal 29 ottobre. Quindi già due settimane prima dell’eccidio di Parigi. La clamorosa notizia arriva dal Belgio. In un reportage del quotidiano di Bruxelles Sudpress, infatti, vengono citate alcune rivelazioni del ministro dell’Interno, Jan Jambon (un cognome che è tutto un programma, “Prosciutto”), il quale a sua ha verbalizzato davanti ad una commissione d’inchiesta.
Ecco un breve resoconto: “Salah Abdesalam, il super terrorista ricercato in tutta Europa, ed il fratello Brahim, uno dei kamikaze morto allo Stade de France durante gli attacchi a Parigi del 13 novembre scorso, erano già noti all’Interpol almeno dal 29 ottobre. I nomi dei due terroristi, dunque, erano già noti all’Interpol, all’Europol e al Sistema d’Informazione Schengen (SIS) prima che compissero la strage, in quanto segnalati tra le 837 persone potenziali ‘foreign fighters’ dell’Isis iscritte nella Suretè de l’Etat e diramate dalle autorità belghe”.
Il copione, incredibilmente, sembra ripetersi. Altra strage, Torri Gemelle, 11 settembre 2001. Il capo degli attentatori, Mohamed Atta, era sotto “stretto controllo” di Cia ed Fbi, libero di girare negli Usa, di volare da uno stato all’altro e, al tempo stesso, di “preparare” con cura l’operazione Twin Towers. Incredibile? Ma purtroppo vero, come ha documentato tre anni fa Ferdinando Imposimato in un “rapporto” elaborato e consegnato alla Corte dell’Aja per i crimini contro l’umanità. La Voce, a marzo 2012, realizzò una cover story dal titolo “Atta d’Accusa”, riprendendo molti “capi d’accusa” messi nero su bianco dal giudice che ha per anni ha indagato e scritto sui terrorismi internazionali, sulle stragi di Stato, su Aldo Moro che “Doveva Morire” (il best seller del 2008 scritto a quattro mani con Sandro Provvisionato), sul sequestro di Emanuela Orlandi e le trame vaticane.
GATTA CI COVA
Ecco qualche passaggio di quell’inchiesta del 2012 che potete leggere integralmente attraverso il link indicato alla fine di questo articolo. “Atta non era solo sotto controllo, ma anche protetto dalla Cia: infatti non fu mai rinviato indietro in Europa quando alla frontiera fu sorpreso con visti illegali”. “Cia, Fbi e Bush sapevano ben prima cosa sarebbe successo l’11 settembre e chi era Mohamed Atta, il terrorista libero di viaggiare per mezzo mondo”. “Molti viaggi il dinamicissimo Atta li fece tra maggio e giugno 2001, spostandosi in aereo tra Fort Lauderdale, Miami, Boston, Denver, San Francisco, Las Vegas e Paterson, senza mai essere fermato nei vari aeroporti”. “A luglio 2001 torna in Europa giungendo prima a Zurigo poi a Madrid. Quindi un blitz a Miami l’8 luglio; neanche il tempo di toccar terra e di nuovo in Europa, a Zurigo. Da qui alla volta di Madrid, dove riesce a rimanere per ‘ben’ 48 ore”. Segue un frenetico tour “all around the States”, una vera maratona aerea. Ecco le tappe di quella bollente estate pre Torri Gemelle: Jackson, Fort Lauderdale, Miami, Newark, di nuovo Fort Lauderdale, ancora Newark e Miami, Las Vegas, tris a Fort Lauderdale, bis a Newark, Washinghton, Boston: “utilizzando sempre visti palesemente irregolari. Intoppi in aeroporto? Niente. Tutto ‘regolarmente’ liscio come l’olio…”.
Denunciava ancora Imposimato, risalendo a un paio d’anni prima, fine millennio: “Vi è la prova che nel 1999 Mohamed Atta, pedinato dalla Cia, lasciò Amburgo e andò prima a Karaci, in Pakistan, poi a Kandahar, in Afghanistan. Qui Atta incontrò Osama bin Laden e lo sceicco Omar Saeed. Saeed era colui che avrebbe finanziato, per conto dei servizi segreti pakistani (ISI), Mahmoud Ahmad, l’egiziano Mohamed Atta e i suoi kamikaze. Secondo il Times India, che ebbe le intercettazioni dei colloqui di Saeed con Ahmad, questi nel giugno 2000 inviò dal Pakistan 109.000 dollari ad Atta, tramite una banca di Dubai. E questo mentre Atta era appena arrivato in Florida”.
Riecco Osama bin Laden. Ricercato numero uno al mondo per anni, quando era comodamente – e notoriamente, almeno per le super attrezzate antenne di Cia ed Fbi – in un compound di Abbottabad a pochi chilometri dalla capitale pakistana. Da 007 la sua cattura, uno sbarco aereo di special forces, l’accerchiamento, e poi la “strana” uccisione, e l’ancor più singolare “sepoltura” con “lancio” del cadavere: “in mare”, secondo alcune fonti, “sulle montagne”, per altre. Anche una giovane marmotta, a questo punto, si sarebbe chiesta: non sarebbe stato meglio prenderlo vivo e caso mai farsi raccontare qualcosina? E poi: non era più opportuno conservare il cadavere, per qualche piccolo accertamento, quantomeno un “riconoscimento” ufficiale, una prova del Dna? No. Da Cia, Fbi e vertici Usa un ordine diverso: va “eliminato” senza che traccia rimanga….
OSAMA SPECIAL GUEST IN CASA BUSH
Un Osama bin Laden vivo e vegeto, ad esempio, avrebbe potuto raccontare qualche dettaglio in più sui rapporti d’affari con la famiglia Bush. E fornire la sua versione su quel mitico pranzo del 1991 nella farm del presidente degli Stati Uniti, Bush senior, a parlare di tennis & miliardi. Altri commensali d’eccezione, infatti, il campione svedese della racchetta, Bjorn Borg, e la compagna di allora, Loredana Bertè. A raccontare quel meeting fu l’avvocato Caro Taormina, legale della cantante: la Voce a marzo 2005 pubblicò un’intervista choc, nella quale lo stesso avvocato – che all’epoca faceva parte del collegio difensivo di Saddam Hussein – forniva non pochi dettagli. Se gli Usa, comunque, avessero mai avuto l’idea di catturare “vivo” il profeta di Al Qaeda, sarebbe stato assai utile raccogliere notizie direttamente da quella fonte primaria.
Così come poteva risultare molto utile – per un tribunale internazionale, caso mai proprio quello dell’Aja – processare e soprattutto interrogare Saddam Houssein, invece impiccato dai “ribelli” iracheni e dalle forze d’occupazione USA e non solo. Un morto non parla: e invece, un dittatore vivo avrebbe potuto raccontare storie e aneddoti circa la sua ascesa al potere, politico e anche economico. Forse anche le sue storie d’affari con la sempre presente Bush dinasty: C’è ancora, tra i “dissenzienti” americani, chi ricorda come l’affiatata coppia George Bush (senior)-Saddam si sia rimboccata le maniche nel mettere in piedi una società (attraverso le rituali sigle off shore) che controllava nientemeno che l’aeroporto di Los Angeles. Un grande affare, dove “crescere” finanziariamente insieme, da buoni capi di stato e compagni di merende…
Ma ora gli Usa fanno la voce grossa: e dichiarano (sic) guerra all’Isis. Ecco cosa scrive Repubblica il 6 dicembre: “C’è un primo accordo tra Russia e Stati Uniti nel caos politico e militare della guerra di Siria. La prima cosa da fare è bloccare il flusso di danaro che finanzia e arma i terroristi dell’Is grazie alla vendita sottobanco del petrolio e altri affari illeciti fin qui trascurati, o addirittura tollerati, da molti Paese. Adesso che tutte le opinioni pubbliche sono a conoscenza dei traffici con il Califfato, continuare a tempestare di bombe le montagne della Siria non basta più. Per questo all’Onu gli americani, presidenti di turno, stanno approntando in tutta fretta una risoluzione ripresa quasi integralmente dalla bozza di un provvedimento anti al Qaeda del 1999”. Già, proprio nell’anno in cui gli “amici” Atta e Osama si incontravano a Kandahar…
Petrolio & reperti archeologici in cima alla lista delle “entrate” targate Isis, secondo i nostri media quotidiani. Nessuno a chiedersi le “origini” di quell’Isis, il fondamentale ruolo degli States nella sua nascita e proliferazione, la strategia firmata John Mc Caine, pezzo grosso dell’establishment e sorta di ministro ombra per Esteri & Difesa a stelle e strisce (la Voce ne ha scritto circa un mese fa, in basso il link).
Per fortuna nel letargo dei sogni americani qualcuno si sta svegliando: in pole position la coscienza più lucida, quella di Noam Chomsky, che da sempre ha intuito & documentato come gli Usa siano abilissimi nel creare i loro stessi “Nemici” da combattere a suon di miliardi di dollari via industria delle armi. O come, nel campo dello spettacolo, l’attore-regista Sean Penn o il Pink Floyd Roger Waters.
E anche dalla stampa yankee comincia a trapelare qualche notizia scomoda per l’establishment: come quella apparsa giorni fa sul New York Times circa traffici di armi in direzione Libia e provenienti dal Katar. Servono per rifornire le truppe Isis acquartierate nella polveriera libica, una polveriera – val la pena di ricordarlo – inventata e creata dai servizi segreti francesi per detronizzare il dittatore Gheddafi, altro ex amico degli States poi, guarda caso, caduto in disgrazia. A cominciare dalla tragedia di Ustica organizzata via portaerei (francese) Clemanceau per delegittimarlo: e il nostro Paese vittima (per gli 81 morti), spettatore e “complice” (per aver collaborato a seppellire ogni verità e giustizia).
Quei freschi aerei carichi di armi, oggi, provengono dal Katar. Ma chi ha diretto il “traffico”? Una sigla collegata alla Cia. Per la serie: i servizi francesi hanno fomentato e armato i “ribelli” anti Gheddafi, la Cia ora organizza e arma i neo ribelli Isis in terra libica.
Maledetta primavera, cantava più di vent’anni fa Loretta Goggi. Quelle primavere arabe (e anche ucraine) entrate ormai nei libri di storia: dove però non troverete scritto (per ora) che sono germogliate grazie alla premurosa e attenta regia a stelle e strisce…
Nel fotomontaggio di apertura, Salah Abdesalam e, a destra, Mohammed Atta.
PER APPROFONDIRE:
JOHN McCAINE, IL GRANDE REGISTA DEL NUOVO TERRORISMO ISIS
Il prezzo del riscatto – marzo 2005
e ancora l’articolo di Ferdinando Imposimato
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3 pensieri riguardo “SALAH, STRANOTO ALL’INTERPOL. COME ATTA, PROTETTO DALLA CIA…”