I fedelissimi di Renzi, e Poletti lo è (come la Boschi), supportano le premesse tracciate in sordina dal presidente del consiglio (nel ruolo di segretario Pd), per un progetto che non si chiamerà Partito della Nazione ma che gli somiglia molto. All’orizzonte di questo obiettivo si intravede una forma di panteismo liberista che vedrebbe a braccetto parti residuali del Pd, Alfano e i suoi, la destra cosiddetta moderata. Il ministro del lavoro, non nuovo a sorprendenti sortite (fresca, fresca quella sui tempi lunghi delle lauree, inutile perdita di tempo), definisce l’orario di lavoro “un vecchio attrezzo” da archiviare perché intralcerebbe l’innovazione. Lo racconti ai metalmeccanici che si logorano alla catena di montaggio, a chi si ammazza di fatica agli impianti di laminazione delle acciaierie, a chi si spezza la schiena nei campi e, perché no, ai precari dei call center, sottopagati e destinatari di insulti telefonici. Che dicevamo? L’attacco letale all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori ha aperto un varco letale a pericolosi passi del gambero nei rapporti sindacali con le imprese che Cgil, Cisl e Uil, in fase di crisi, hanno davanti a loro da subito e prima che sia troppo tardi. Sull’altro fronte, è un caso se le fondamenta del Pd scricchiolano? I suoi circoli chiudono uno dopo l’altro, i tesserati non rinnovano l’adesione e da 800mila della segreteria Bersani sono crollati a 300mila, la base si dilegua, cresce l’ostilità al processo di “comunione” con le forze moderate, comprese quelle di fuoriusciti dalla “odiata destra”. A proposito di quest’ultima: è di queste ore la notizia che Francesco Sicignano, indagato per omicidio volontario (ha ucciso un rapinatore nella sua villetta) è stato adottato da Forza Italia che l’ha spuntata sul corteggiamento della destra e della Lega. Sicignano, che sarà candidato al consiglio comunale di Milano, forte degli applausi che gli hanno tributato i fan dei giustizieri della notte (e del giorno), pontifica e suggerisce al ministro degli Interni di mettere l’Italia in stato di guerra, di rastrellare il Paese da Nord a Sud, per un mese, con l’esercito. Che dire, Forza Italia, in gergo alimentare, è alla frutta e forse oltre.
Nella foto il ministro Poletti
Meglio volare
Ho un viaggio in previsione, meta una destinazione incompatibile per numero di chilometri con il trasferimento in auto. Non restano che il treno e l’areo. Un’occhiata alle reciproche dice che la via ferroviaria è da scartare: i dati degli incidenti mortali confermano statisticamente la maggiore pericolosità del treno rispetto alle linee aeree. Il dato coglie di sorpresa chi crede che volare preveda il rischio maggiore ma non fa i conti con il calcolo delle probabilità. E’ opportuno paragonare il numero di morti per incidenti o attentati aerei alla cifra stratosferica di voli che ogni giorno collegano ogni angolo del mondo. In un anno, il dato si riferisce agli aerei di linea con passeggeri, decollano 15 milioni di velivoli e trasportano 1,2 miliardi di viaggiatori. Ogni due secondi, da novemila aeroporti si stacca da terra un aereo di linea. La statistica non comprende i voli militari, quelli dei privati. A questi vanno aggiunti i voli militari (che dichiarano solo le ore di volo) e quelli effettuati con aerei privati. In ogni istante di una qualunque giornata ci sono nel cielo tra ottomila e tredicimila aerei. 2012: su oltre tre miliardi di passeggeri i morti per disastri o guasti sono solo 414 e per lo più di persone trasportate da sigle della cosiddetta lista nera, al di fuori dell’associazione internazionale delle compagnie aeree. Insomma l’aereo di linea è il modo più sicuro di viaggiare. Questa premessa assolutoria del volo conforta chi si prepara a viaggiare in aereo, anche per le garanzie dei sistemi di controllo della sicurezza, improponibili per il traffico ferroviario e quello automobilistico.
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.