Se mister Muccino-Nessuno attacca Pasolini. Quando la ricotta (avariata) occupa lo spazio del cervello

Mai titolo di una rubrica fu più azzeccato che in questo caso. Tocca leggere per credere e caso mai indovinare quale “bestia” (senza voler recare con questo minima offesa a bipedi o quadrupedi ben più stimabili e “umani” di chi non mostra minimamente di esserlo) possa aver non solo pensato, ma addirittura messo anche nero su bianco le parole che seguono.

“Ho sempre pensato che Pasolini regista fosse fuori posto, anzi, semplicemente un “non regista”… Uno che usava la macchina da presa in modo amatoriale, senza stile, senza un punto di vista meramente cinematografico sulle cose che raccontava, in anni in cui il cinema italiano era cosa altissima… ha di fatto impoverito e sgrammaticato il linguaggio cinematografico dell’epoca, altissimo sia in Italia che nel resto del mondo” .

E’ un invidioso De Sica a parlare, tra un ciak e l’altro dell’indimenticabile Ladri di biciclette? Un livoroso Fellini alle prese con le magiche atmosfere da Otto e mezzo? Un bilioso Visconti avvolto tra le musiche e immagini incantate di Morte a Venezia? O forse un iracondo Kubrick distratto da astronavi & spazi infiniti della sua Odissea nello spazio?

No, siamo alle prese con un tipo che ha dato il meglio di sé, nel 1997, con la prima fiction, “Un posto al sole”, alla cui scuola si sono formati stuoli di novelli Eisenstein. Ma lui, il Vate da cui ora trabocca il Verbo, si chiama Gabriele Muccino, che ormai da anni parla e sogna a stelle e strisce. Ossia da quel 2006 quando alla Colombo (Cristoforo, o tenente?) va alla conquista degli States col suo capolavoro, “La ricerca della felicità”, una delle più colossale mostruosità mai partorite in uno studio cinematografico del pianeta, degno del miglior Fantozzi al grido “è una cagata pazzesca”. Forse superata solo da “L’ultimo bacio”, boom al botteghino cinque anni prima, ottimo per quegli italioidi da encefalogramma piatto che cercano in tutti i modi di rendere il Paese una discarica senza fine. Avrebbe fatto meglio, Muccino, a rimanere in Kenya o in Tanzania, dove aveva girato a fine ’90 dei documentari: certo, poveri rinoceronti e sfortunate gazzelle…

Ma il Vate ha pensato bene si abbandonare quelle savane per rifugiarsi nel paradiso di Malibù, storica meta per cassintegrati e pensionati. Lui prende la tintarella e pensa alla prossima pellicola. Intanto si gode qualche tweet arrivato dopo la sue parole: “Muccino, la ricotta al posto del cervello”, o “Victor Hugò gli dedicò i Miserabili prima ancora che nascesse”, oppure “Muccino che parla di Pasolini? Come se Moccia avesse qualcosa da dire su Leopardi”.

 

nella foto Gabriele Muccino


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