“Appropriatezza”?

Solo spinti da onesto scrupolo si consulta il dizionario della bellissima lingua italiana e la verifica è puntuale: troppe parole e verbi in bocca a giornalisti radio televisivi non esistono, maldestre invenzioni di un pioniere dello strafalcione imitato per stolta emulazione da molti seguaci. L’intercalare “e quant’altro”, spesso a sproposito, stride alle orecchie educate dei puristi. In corso dell’ultimo “Ballarò”, che come i suoi simili avrebbe dovuto concludere un lungo ciclo di programmi ripetitivi, sostenuti dalla sistematica baruffa tra ospiti politicamente avvezzi alla rissa, noiosi nella loro struttura fastidiosamente caotica, il tema centrale del dibattito si è avvalso di una graziosa inviata in contatto dal pronto soccorso di un ospedale milanese e della presenza in studio del ministro Beatrice Lorenzin. Oggetto dell’interesse del conduttore Giannini l’annunciato ridimensionamento di prestazioni sanitarie, prescritte con eccessiva prodigalità dai medici di famiglia, spesso inutili e di ostacolo alla tempestività di erogazione delle strutture alle prese con lunghe liste d’attesa. L’inviata, nell’introdurre i pareri dei medici che l’affiancavano, ha annunciato che avrebbe verificato l’ “appropriatezza” dei provvedimenti annunciati dal governo. La reazione? Un salto sulla sedia e il ricorso urgente al Devoto e Oli, linguisti di giusta fama. Il termine, come supposto, è sconosciuto alla lingua italiana. Il secondo motivo per trasalire si deve al ministro, che nella disquisizione a favore dei provvedimenti, ha replicato la riprovevole invenzione giornalistica con un suo ricorso ad “appropriatezza”.

 

nella foto “Ballarò

 

“Attenzionare?”

C’è poi un verbo, purtroppo inflazionato, che ricorre spesso negli sproloqui dei politici che per dar forza a un severo monito raccomandano di “attenzionare”. In questo caso é perfino superfluo affidarsi alla saggezza degli esperti. “Attenzionare” non esiste nella nobile lingua di Dante. Evadere dall’italiano è peccato veniale? Forse, ma in qualche misura somiglia al mutismo smarrito di “onorevoli” deputati che interrogati da impertinenti provocatori rispondono con un silenzio imbarazzato e imbarazzante per la categoria alla domanda “chi è il presidente degli Stati Uniti?”.

Il caso “appropriatezza” sollecita una riflessione sulla disinvoltura che muove l’evoluzione-involuzione dell’italiano e inquina il patrimonio della lingua con i codici per adepti che i giovani sostituiscono alla parola per esteso nei messaggi via cellulare, con l’abuso di termini inglesi comprensibili solo agli specialisti e a chi si appassiona al mondo complesso dell’economia, a quello dell’astruso ricorso a definizioni che avrebbero un confortevole corrispettivo nella nostra lingua (un esempio? Jobs act anziché Legge sul lavoro). Le “licenze poetiche” sono deroghe consentite, con riserva, ai grandi scrittori, per il fine di personalizzare la narrazione: “attenzionare” è una sciatteria che non ammette tolleranza e incide per la ricaduta negativa sul futuro dell’italiano corretto, aggredito da approssimazioni e deformazioni gratuite.


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