Mega affari Telecom Italia. Esulta l’amministratore delegato Marco Patuano: “Andiamo avanti con il piano di investimenti in Brasile, proseguiamo nella valorizzazione delle torri di Inwit e confidiamo in un secondo semestre positivo per la nostra telefonia domestica”.
Sul primo fronte è in missione speciale a Rio de Janeiro il presidente del gruppo, Giuseppe Recchi. Un contesto turbolento quello brasiliano, così lo definisce Patuano. Anche perchè di recente scosso dal maxi scandalo petrolifero, con una montagna di tangenti (la cifra record oscilla da un accertato da 4 miliardi di dollari circa, a una ipotesi da 25-30, un vero primato) versate dal colosso pubblico Petrobras in modo trasversale a tutta la classe politica carioca, in combutta con alcune sigle, fra cui le nostrane Saipem e Techint (che fa capo al numero uno di Assolombarda Gianfelice Rocca), oggi sotto inchiesta a Milano per corruzione internazionale. Quindi, tutti sul chi va là, adesso, in casa Telecom. Dove del resto si ricordano bene i trascorsi nel paese verdeoro, con le acrobatiche manovre di una quindicina d’anni fa, quando in sella al colosso telefonico c’erano i dalemiani alla Roberto Colaninno.
Passiamo alle Torri, “un’operazione di grande successo”, secondo il Patuano pensiero. Ma l’operazione è tutta finanziaria, perché la società che ha in “cura” le torri di trasmissione, ossia Inwit, dovrebbe presto passare già di mano: si parla addirittura della maggioranza azionaria (il che chiarisce il versante speculativo dall’affare) da consegnare alla big spagnola Cellnex, che ha appena rilevato le infrastrutture targate Atlantia e Wind, fa capo al gruppo Abertis e quest’estate ha debuttato alla borsa di Madrid: ora si appresta a brindare col terzo colpo.
Ma quanto realmente interessa ai vertici Telecom il mercato di casa nostra? “Abbiamo recuperato nei primi sei mesi – gonfiano il petto – e siamo certi di fare altrettanto nel prossimo semestre”. Parola di Patuano & C. I segnali “commerciali”, a quanto pare, non andrebbero in questa direzione. E quelli che vengono dal mondo degli utenti sono di segno perfettamente opposto. Con una clientela sempre più imbestialita per i continui disservizi: anche quelli più elementari, che neanche in casa Sip – quale “secolo” fa – si sarebbero mai sognati di lasciar passare senza muovere un dito. E alla faccia di tutte le nuove tecnologie di cui il colosso, oggi, può usufruire.
Tre storie, tre casi emblematici, dal nord al sud del Paese.
Milano. Un noto critico musicale metto nero su bianco il disservizio subito e annuncia il passaggio a Fastweb. “Ho un numero fisso che tanti anni fa feci mettere nella categoria ‘riservati’ per salvaguardare la mia vita privata. Con l’invadenza dei cellulari, ora, siffatte precauzioni non hanno più senso. Ai primi di agosto ho fatto richiesta affinchè il mio numero comparisse ‘in chiaro’ al ricevente. Per un mese mi hanno detto che la cosa sarebbe stata fatta in pochi giorni; poi ai primi di settembre mi hanno ingiunto di fare la richiesta a mezzo fax (mezzo oggi arcaico, direi), allegando copia della mia carta d’identità. Ho fatto anche questo passo. Ogni volta che chiamo mi rispondono che il servizio verrà effettuato in 48 ore. L’altro ieri una donna ha gridato: ‘se non è soddisfatto cambi gestore!’. Addirittura da ieri sono senza linea telefonica del tutto”.
Stesso copione a Roma, e non siamo nella periferia di Primavalle, ma in zona Prati. Molti utenti – fanno sapere alle associazioni dei consumatori – nelle settimane scorse hanno segnalato guasti alla linea. Che poi è sparita del tutto. La solita trafila di solleciti alla Telecom per il ripristino, la rituale litania che “entro 48 ore il guasto verrà riparato”. Passano 20 giorni venti e alla fine una dipendente Telecom – meno aggressiva di quella capitata al critico meneghino – ammette: “adesso provvediamo. Ma deve capirci. La chiave della cassetta dove vengono effettuate le riparazioni non si trovava più”. Ai confini della realtà e di tutte le tecnologie (torri comprese): manca la “chiave” della cassetta e un’intera area va in tilt! Per venti giorni.
Terzo caso e siamo a Napoli, stavolta in un quartiere popolare, Pianura, nella zona occidentale e comunque a un passo dallo stadio San Paolo e dalla zona universitaria di Monte Sant’Angelo. La scorsa primavera – primi di marzo – centinaia di palazzine sono rimaste senza linea, senza internet, senza adsl per oltre un mese, 41 giorni: colpa della voragine di Pianura, hanno cercato di giustificare i tecnici Telecom. Peccato che si sia verificata, quella voragine, dieci giorni dopo l’inizio del black out. Insomma non c’entrava niente: e invece, letterali incapacità tecniche, menefreghismo, totale mancanza di informazioni, assoluta assenza di rispetto nei confronti dei cittadini: molti anziani sono rimasti privi di collegamenti con l’esterno, isolati dal mondo (non è obbligatorio che tutti debbano avere il cellulare). Scuse? Spiegazioni? Risarcimenti? Neanche per sogno. Clienti, fottetevi.
Tanto Telecom pensa alle sue Torri. Gemelle?
nella foto, Marco Patuano
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