Le banche non vigilano? E gli utenti pagano

Il governo italiano ha recepito la direttiva 2014/59/Ue per il risanamento e risoluzione del settore creditizio e degli intermediari finanziari, cosiddetta Brrd, che con lo strumento del cosiddetto “bail-in”, dal  1 gennaio 2016, addossa anche ai correntisti (per adesso con depositi superiori a 100.000 euro) i crac ed i dissesti degli istituti di credito, che avvengono anche per omessa vigilanza di Bankitalia, dopo gli azionisti  i possessori di debito subordinato, poi quelli di debito senior.

Le crisi bancarie già scoperte, come quelle di Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca Marche e Banca Popolare dell’Etruria, avvenute nel cono d’ombra della vigilanza di Bankitalia, che per gravità e dimensioni preoccupano di più il settore creditizio italiano, vedono allo studio la costituzione di una holding per il salvataggio, il rilancio e la successiva cessione sul mercato, con oltre 1,5 miliardi di euro di risorse necessarie fornite dal sistema e cercano di coinvolgere nell’operazione anche i titolari di obbligazioni subordinate, i cui bond pari a circa 700 milioni di euro potrebbero essere convertiti in partecipazioni azionarie con il concreto rischio di esproprio del sudato rispramio.

Venendo meno la natura privatistica delle banche, i cui crac ed omessi controlli dovranno essere ripianati dai soci e correntisti privati, non esistono più alibi ad un tetto per gli stipendi dei manager bancari e dei tecnocrati di Bankitalia, che Adusbef e Federconsumatori ritengono equo adeguare a 240.000 euro l’anno lordi non cumulabili, analogo alle retribuzione di manager pubblici, funzionari dello Stato e magistrati, così come previsto dall’articolo 13 del D.L. 24/4/2014 numero 66 relativo al taglio degli stipendi dei Dirigenti Pubblici, fissati da ora in poi ad un massimo di 240.000 euro lordi annui. Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale.

Poiché – secondo i dati diffusi dall’Eba (Authority bancaria europea) – sono calati del 10% i banchieri europei che nel 2013 hanno guadagnato oltre un milione di euro l’anno, passati a 3.178, circa 352 in meno rispetto ai 3.530 del 2012, la cui concentrazione risiede nel Regno Unito (sono 2.080), mentre in Italia sono 138, una trentina in più del 2012, che in controtendenza hanno guadagnato di più, in media quasi 2 milioni di euro l’anno, contro gli 1,6 dell’anno prima, in controtendenza rispetto ai risultati di bilancio,  è sacrosanto che venga fissato il tetto di 240.000 euro lordi l’anno non cumulabili, ai manager bancari italiani ed ai dirigenti di Bankitalia, affinchè paghino anche loro le gestioni dissennate addossate ai depositanti.

 

 

A PAGARE NON SIANO SEMPRE I CONTRIBUENTI

 

In un attivismo degno di miglior causa, Bankitalia e Governo, con l’apporto della società  di consulenza Boston Consulting Group (BCG), che dovrà elaborare un algoritmo di pricing per le sofferenze bancarie, in particolare per quelle secured, cioè con garanzia sottostante, hanno ipotizzato la costituzione di un “mercato artificiale” per le sofferenze bancarie, cioè di calcolare il loro prezzo “teorico” in assenza di scambi effettivi.

L’algoritmo con il crisma di “prezzo di mercato”, pur in assenza di scambi effettivi tra due parti contraenti, dovrebbe evitare i veti Ue per aiuti di stato, mentre la struttura  tecnica ipotizzata da Bankitalia e Tesoro prevederebbe un veicolo che si finanzia sul mercato per comprare gli attivi deteriorati con proventi di bond garantiti dallo Stato in caso di perdita. L’ennesimo escamotage per addossare al pubblico chiamandolo a pagare i lauti pasti dei banchieri, è stato stigmatizzato perfino dal commissario Ue, che oggi ha bacchettato l’operazione.

“Ci piacerebbe evitare che a pagare siano i contribuenti”- ha detto la Commissaria europea per la concorrenza, Margrethe Vestager a margine dell’audizione alle Commissioni riunite di Camera e Senato. “Se si trasferisce un prestito che non viene ripagato a qualcuno che può assumere un rischio maggiore – spiega – allora il costo aumenta e quel prezzo deve essere valutato a valore di mercato. Se non è a valore di mercato qualcuno deve pagare (la differenza ndr) e quel qualcuno non deve essere il contribuente”.

Ancora una volta Adusbef e Federconsumatori denunciano il tentativo di far pagare ai contribuenti i costi delle sofferenze bancarie, con vecchi espedienti riesumando il Level 3, meccanismo  per valorizzare attivi complessi e non scambiati sul mercato, in voga ante crack del 2007, quando le banche prezzavano prodotti finanziari complessi, come le cartolarizzazioni su mutui, in assenza di prezzi di mercato.

Bankitalia e Tesoro, che vorrebbero riesumare il Level 3 per creare la bad bank e far credere a Ue e mercati che i crediti in sofferenza non sarebbero acquistati a prezzi di favore per le banche, addossando ai contribuenti la differenza sul prezzo di effettivo realizzo e recupero del credito, è un espediente, un artificio che oltre a sottrarre al mercato la formazione dei prezzi garantisce ancora una volta i profitti ai privati ed i rischi al pubblico, per un mercato di crediti sofferenti unsecured, cioè senza garanzie sottostanti, che occultano valore di recupero vicino allo zero.

 

 

 


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