NUOVO LABOUR – LE CANNONATE DI MISTER BLAIR CONTRO JEREMY IL ROSSO

“Oggi il partito laburista si trova in pericolo mortale, forse come non è mai accaduto negli oltre cento anni della sua esistenza”.

“Il partito si dirige a occhi chiusi e braccia aperte protese verso l’abisso, pronto a schiantarsi sulle rocce sottostanti”.

“Spingete il passo oltre l’orlo dell’abisso. Ma un attimo prima, vi prego di fermarvi a pensare alle persone che più vi stanno a cuore e a quello che si aspettano da voi”.

Il profeta di sciagure prossime venture che si abbatteranno presto sul Labour Party e su tutto il Paese è l’ex premier Tony Blair, il conferenziere a peso d’oro, il modello di tutti i Renzi del mondo. Un’intera pagina del Corriere della Sera è stata dedicata il 14 agosto al Blair pensiero e soprattutto alle sue angosce per il futuro se il prossimo leader del Labour sarà l’odiatissimo Jeremy Corbyn, che nei sondaggi sta stracciando tutti i rivali.

Un odio viscerale, quello del sempre patinato mister Blair, per un uomo che parla alla gente, ai cittadini, agli ultimi, gira in bicicletta e cerca se non di cambiare il mondo almeno di dare una vita migliore a chi non ha, togliendo ha chi ha troppo. Ma si sa, i Robin Hood di tutti i tempi vanno subito crocifissi, o messi al rogo. Ed ecco le fiamme ferragostane vomitate dal non troppo british Blair.

“Jeremy Corbyn non ha nulla di nuovo da offrire. La sua è la proposta più risibile di tutte quelle avanzate dal suo schieramento”.

“Se Jeremy Corbyn salirà alla guida del partito, alla prossima elezione non saremo davanti a una sconfitta come quella del 1983 o del 2015, ma davanti alla disfatta totale, forse all’annientamento”.

“L’elettorato ci punirà, ritenendosi vittima non solo del governo conservatore, ma della nostra inazione e scarsa incisività”.

“La gente sa che le sfide attuali non troveranno risposta nel ripristino dell’antiquato controllo statale, e che questo non condurrà a nessun miglioramento delle condizioni di vita personali e sociali”.

Non è finita, perchè in un discorso di pochi giorni prima, l’ex premier-statista ha sostenuto che “chi sostiene Corbyn dovrebbe sottoporsi a un trapianto del cervello”, mentre un suo ex consigliere ha etichettato come “ottusi” tutti i simpatizzanti dell’odierno pericolo pubblico numero uno.

Ma vediamo quali bestemmie ed eresie ha osato pronunciare questo autentico “wanted” che andrebbe opportunamente “lobotomizzato” per farne un perfetto paggetto blairiano.

Esordisce il rosso Jeremy: “Dopo anni di austerità incredibile e ingiustificata, che ha fatto soffrire, che ha emarginato ancora di più, ora la gente chiede rispetto per i propri diritti. Noi crediamo che in maggio il Labour abbia perso le elezioni perchè non ha saputo dire ‘no’ a queste politiche che penalizzano i più svantaggiati. Il Labour ha presentano una sua forma di austerity ‘Light’. E ha perso”.

“Il Labour è il partito della mia vita. Ma se potrò portare il mio partito ad occuparsi in maniera ancora più centrale degli interessi di questa fascia debole della popolazione, beh questo sarà un gran successo”.

“Se l’economia cresce sarà possibile con le tasse aiutare un maggior numero di cittadini. Ma questo deve essere l’obiettivo: non favorire il maggior arricchimento di chi è già ricco, ma rendere più sostenibile la vita dei cittadini. Bisognerà pur regolare le leggi che permettono alle grandi compagnie di spostare le loro sedi legali all’estero, di manovrare per ridurre le tasse che versano alla comunità. Il salario minimo dovrebbe salire a 10 sterline all’ora, dovremmo avere una banca nazionale per gli investimenti nelle infrastrutture”.

A proposito di possibili nazionalizzazioni: “Io parlerei di proprietà pubblica. Il paese ha bisogno di servizi che i cittadini possano permettersi, più efficienti e vicini ai loro bisogni. Biglietti del treno cari come quelli che abbiamo oggi sono un ostacolo notevole. Bisogna razionalizzare le ferrovie anche per ridurre il traffico di automobili e l’inquinamento”. Torna alla mente “The Navigators” (“Paul, Mick e gli altri”), firmato nel 2001 da Ken Loach sui disastri provocati dalla privatizzazione delle ferrovie inglesi, un autentico pugno nello stomaco.

Ancora. “Ci sono tantissimi giovani, tanti che chiedono al Labour di tornare a difendere i più deboli, di smetterla di inseguire un modello capitalistico di politica che appartiene ad altri partiti”.

Rivoluzioni annunciate con largo spargimento di sangue? Sommosse? Fucili puntati su Buckingham Palace? Parole normali di un uomo stanco dei disastri annunciati e di un presente killer per chi non ha. Commenta l’austero Guardian: “Parla come un essere umano e di problemi reali”. Secondo il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz “non c’è nulla di strano che piaccia, ovunque la gente è stanca di partiti di centrosinistra che mettono l’accento sulla parola ‘centro’ facendo una politica che è la copia appena un po’ meno liberista di quella conservatrice”.

E poi. Eresia sostenere, davanti ai microfoni Bbc, che “da Marx abbiamo molto da imparare?”, o battersi per servizi essenziali più efficienti per tutti, come ferrovie, energia elettrica, poste, anche nazionalizzando? Perchè mai il ritorno al “pubblico” nei gangli vitali deve essere visto come fumo negli occhi, quando si è sperimento che i privati fanno solo i loro interessi e se ne fottono della qualità dei servizi resi? Una bestemmia mettere al bando speculazioni e speculatori, affaristi, lobbisti, blairiani di tutte le razze e chi si arricchisce solo sulla pelle della gente?

Eresia parlare ai cittadini, per i cittadini e non per (e per conto) dei poteri forti? Sacrilegio che il Labour torni a certe origini forti, schiette, dalla parte dei senza potere e non pro baronetti della City? Peccato mortale voler compattare il crescente blocco sociale di chi non ha – casa, soldi, diritti – nei confronti di chi ha e continua ad accumulare sempre di più?

Complessa la storia del Labour, una variegata casa di sinistra, troppo spesso con la leadership di Blair diventata una “sinistra casa”. Negli anni ’70 esisteva una frangia “left”, nel pancione del Labour, che si chiamava Militant: marxisti convinti, duri e puri a combattere, una piccola minoranza fatta di fede nel comunismo & utopie.

Siamo stati grandi amici, dagli anni ’90, di Tom Behan, uno studioso dell’Università del Kent, a Canterbury, animato da una incrollabile fede che “un altro mondo è possibile”, e fra l’altro tra gli animatori del forum di Genova 2001. E credeva nella possibilità di cambiare quel Labour dominato dai politicanti stile Blair: sul cui cognome spesso scherzavamo, con giochi di parole, perchè in inglese Liar significa bugiardo… E’ stato tra i fondatori del “Socialist Workers Party”, Tom, poi promotore della “Socialist Alliance”, quindi del movimento “Respect”: sforzi tutti tesi ad aprire quel Labour, a spalancare quel tesoro di potenzialità, di ridare peso e fiato alla classe operaia per riprendere una leadership all’interno di un partito che si stava si stava ormai “thatcherizzando”, sulla spinta di Blair & compagni (sic). Quello che sta cercando di fare, oggi, Corbyn.

Tom Behan

Tom Behan

Ecco cosa scriveva Tom per la Voce (ha collaborato per tanti anni con noi) a inizio 2004. “Blair è uscito da questa crisi con le ossa rotte, ma il dato politico è che all’interno del Labour non c’è nessuna corrente che contesti il neo liberismo. Allora: tutto ‘e distrutto òj né. NO, ora l’alternativa c’è. Due giorni prima della votazione parlamentare è nata Respect, una coalizione elettorale di sinistra. In sintesi si cerca di potenziare l’esperienza già collaudata della Socialist Alliance”. E Behan riportava le fresche parole di Ken Loach sulle ragioni di Respect (da notare che Corbyn parla proprio di “rispetto” per i diritti): “La classe operaia non ha più una sua rappresentanza democratica. Il governo laburista ha condotto una guerra illegale, privatizzato a destra e a manca, ha trascurato i diritti dei richiedenti asilo e infine si è trasformato in un agente del mondo degli affari. Ora stiamo creando un’alternativa al Labour”.

Un inglese con sangue irlandese nelle vene trapiantato per un decennio a Napoli, Tom Behan, che riuscì a capire prima e meglio la camorra di tanti scrittori & studiosi partenopei e non. Mitico il suo “See Naples and Die: the camorra and the organised crime” uscito nel 2002. E mitici, tra i tanti pubblicati, “How capitalism created the mafia” del 2008, “The resistible rise of Benito Mussolini” (2003), oppure la prima biografia politica del neo premio Nobel Dario Fo del 1997 “Workers’ Playtime”.

Se n’è andato esattamente cinque anni fa, Tom, stroncato in tre mesi. Le sue idee sono luminose come erano i suoi occhi, come il suo neapolitan english: indimenticabile, unforgettable, la sua segreteria telefonica: “acca’ nun ce sta nisciuno, lasciate un messaggio. No one at the moment here, please leave a message”.

Speriamo che il suo messaggio sia forza ed energia per tanti inglesi che il 12 settembre voteranno alle primarie per il leader del fururo Labour. Tom, ne siamo certi, starebbe dalla parte di Jeremy, degli ultimi. Contro B-Liar e tutte le sue bugie…

In apertura, Tony Blair e Jeremy Corbyn

 

 

Leggi l’articolo di Tom Behan per la Voce di febbraio 2004

Tom Behan su Voce febbraio 2004


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