Il Presidente Sergio Mattarella dice che la Costituzione ha stabilito l’equilibrio dei poteri e non tollera un uomo solo al comando: ma non basta dirlo, occorre intervenire prima del disastro.
Esaminiamo insieme il Nuovo Senato, in discussione davanti al Senato, e l’Italicum, che è già legge. Il nuovo Senato voluto da Matteo Renzi sarebbe composto in maggioranza di nominati da consiglieri regionali e sindaci. Il Senato delle Regioni, impropriamente detto Senato della Repubblica, sarà di 100 membri, di cui 95 non eletti dai cittadini, contro l’articolo 1 della Costituzione secondo cui la sovranità appartiene al popolo. I segretari dei partiti sceglieranno i senatori senza che i cittadini partecipino alla scelta. Il Senato legifererà con la Camera per la “revisione della Costituzione ”, e in materie di competenza dell’Unione Europea, tra cui i fondi strutturali. Coordinerà con la Camera, la finanza pubblica e il sistema tributario. Di conseguenza le Regioni più grandi, nelle mani della Lega, controllando il Senato, solleveranno con lo Stato una pletora di vertenze davanti alla Consulta. La maggioranza ha, infatti, ridotto il numero dei senatori mantenendo il numero di deputati a 630. La funzione legislativa affidata di fatto alla sola Camera dei deputati e la centralità delle Regioni nel Senato porteranno allo stravolgimento degli equilibri dei poteri a favore dell’esecutivo e a una miriade di conflitti davanti alla Consulta. E alla disgregazione del potere del Parlamento.
La pericolosità della riforma del Senato è accentuata dall’Italicum, in cui il 60 per cento dei parlamentari della Camera sono scelti dall’alto nelle liste bloccate.
L’Italicum, pur perseguendo la stabilità del governo del Paese, non rispetta il principio del voto “personale ed eguale, libero e segreto”. Il premio di maggioranza, a chi prende alla Camera il 40 per cento del 50 per cento degli aventi diritto al voto, (e quindi a chi ottiene il 20% degli aventi diritti al voto), assicura l’elezione del Presidente della Repubblica, dei membri laici del CSM, e dei 3 membri della Consulta.
Non basta. Nel giudicare la bontà della riforma non dimentichiamo che in Italia abbiamo avuto per oltre un trentennio governi guidati da politici legati a Cosa Nostra, alla loggia massonica propaganda due di Licio Gelli, evasori fiscali e corrotti. Alcuni dei premier, nonostante la doppia lettura di Camera e Senato, hanno prodotto una moltitudine di leggi ad personam. E dunque non si possono dare maggiori poteri al Presidente del Consiglio senza risolvere il conflitto di interessi e senza attuare l’eguaglianza dei diritti sociali. Perfino Giulio Andreotti, discutendo della riforma del 2003, si espresse “contro i maggiori poteri del Presidente del Consiglio, anzi se fossi Presidente del Consiglio limiterei i poteri proprio in previsione che poi diventi (Presidente del Consiglio) uno che non mi piace” (25 novembre 2004, conferenza ex parlamentari).
Da ciò l’esigenza che i senatori siano eletti dai cittadini e che si riduca anche il numero dei deputati.
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